I Post Nebbia, dopo due anni, tornano con l’album Pista nera, in uscita per Dischi Sotterranei. In copertina, una vecchia foto del bisnonno alpinista di Carlo Corbellini, autore e produttore dell’album.
Un’immagine del passato per un album che afferra la decadenza del presente e guarda il futuro con un disincanto totale. Anticipato dai brani “Pastafrolla” e “Piramide“, Pista nera, il quarto disco del gruppo padovano, segna una svolta di maturità del progetto musicale.
Nell’album emerge la loro ultima esperienza di live. E’ infatti pensato e prodotto per essere valorizzato dal vivo. Il sound è più dark, rock e costellato di sonorità stridenti. Quindi, seppur la cifra stilistica fondamentale sia elettronica, con un pieno di riff di chitarra graffianti e groove di batteria, i Post Nebbia mixano bene anche alcuni riferimenti alla bossa nova e pop brasiliana anni ’60/’70 attraverso melodie vocali e percussioni varie.
Il mood del disco esprime un momento di consapevolezza verso le speranze (non) riposte nel futuro, in un mondo deteriorato da un sistema economico, sociale, ambientale (anche musicale) che sta implodendo.
Stoico pessimismo e ricerca continua di quella piccola porzione di benessere che sembra essere rimasta, ma che evidentemente non è sufficiente per tutti. Metafora di questo concept è quella dello sciare sulla neve artificiale, molto presente nell’album, sia nella parte visual che nei testi.
In “Notte limpida” cantano
“Alla fine della pista cosa c’è, un modo per risalire e farla in un modo diverso o solo un lurido parcheggio”.
L’immagine iconica dell’impatto industriale sulla natura. Immagine che richiama la fine di un processo quasi decomposto. Persino un po’ la morte e la ricerca di un mondo che non esiste più.
Con Pista Nera, i Post Nebbia ci consegnano un’opera intensa e cruda, capace di fotografare un’epoca in bilico tra il disincanto e la speranza. Un album che, con il suo mix di sonorità abrasive e influenze trasversali, ci propone una riflessione sulla fragilità del nostro presente e sull’illusione un futuro. Tra note graffianti e testi profondi, il gruppo padovano riesce a trasformare la decadenza in arte, regalandoci un disco che non solo si ascolta, ma si vive.