Gemello: “Sono un osservatore, ho bisogno d’immagazzinare vita, emozioni ed immagini per riversarle poi nei dischi”

da | Gen 24, 2022 | Interviste

E’ nella mezzanotte di Venerdì 21 Gennaio che esce uno degli album più attesi del nuovo anno, a più di due anni dal rilascio di Untitled, Gemello, torna con La Quiete, il nuovo progetto discografico targato Honiro e Belive che profuma di rivoluzione

Comunicazione di servizio: Quella che state per leggere non è un intervista, bensì un viaggio. E come in tutti i viaggi, anche se la strada sembra lunga e distante vale la pena di arrivare fino in fondo, soprattutto perché scoprirete un segreto.

Ma prima d’iniziare, vorrei fare un piccolo focus.

Quando parlo d’attesa non mi riferisco affatto alla fretta, una prerogativa ampiamente marcata dal mercato musicale odierno. Infatti, se andiamo a fare una non poi così minuziosa ricerca, uno dei suoi sinonimi si traduce proprio in, pensa un po’: fiducia.

Ed è qui che si aprono le danze.

Questo è uno di quei concetti energetici che definirei ad ampio spettro, poiché si riversa sia sull’ascoltatore che sull’artista stesso rispetto alla propria arte. La Quiete infatti, è un disco che sì, racconta, ma che a sua volta si lascia raccontare. E’ un’operazione a cuore aperto, mossa in punta di piedi ma che fa un rumore incredibile.

Vi starete chiedendo il perché di questa mia postilla, lo immagino, è lecito.

La spiegazione in realtà è più semplice di quel che si possa pensare, si trova infatti nelle primissime parole che Gemello ci rivolge:

“Sono un osservatore, ho bisogno d’immagazzinare vita, emozioni ed immagini per riversarle poi nei dischi”

Avete capito? Si parla di autenticità.

Andrea, oltre ad essere una delle menti più interessanti del panorama musicale Italiano, trabocca di questa caratteristica, riuscendo infatti a mutare negli anni, come è giusto che sia per un artista, rendendosi però sempre riconoscibile ai suoi ascoltatori

Quello è un compromesso che io non ho mai deciso d’accettare, (sempre a proposito della fretta) avrei potuto sfruttare questa ondata della moda rap, ma quando metti te stesso, la tua vita e le tue emozioni nelle produzioni si innesca, almeno per me, una sorta di protezione, che poi in realtà anche se non te ne rendi conto, è una specie di sopravvivenza che ti porti dentro e che non riesci a corrompere

E come dargli torto?

Torniamo adesso al disco, Andrea ci racconta che La Quiete è stato registrato a Settembre in una casa a strapiombo sul mare al Circeo, una location molto suggestiva, in perfetta sintonia con la sua arte estremamente sensoriale. Infatti ci racconta che, essendo appunto un osservatore, ha un legame estremamente forte con tutte quelle che sono le connessioni con la natura, elemento che ritroviamo spesso all’interno delle sue produzioni.

Ma iniziamo la classica ricerca Cromosomica del “di più” partendo proprio dal titolo

La Quiete è un disco rivoluzionario, infatti a dispetto delle precedenti produzioni, dove trovavamo questi titoli quasi ermetici, qui il titolo mi va già ad essere, in un certo qual modo, una sorta di prologo rispetto proprio all’assetto ed alla morfologia dell’album. Racconta già in sé una storia

Sì, il titolo qui è una combo. Innanzitutto volevo mangiare questo gruppo di Forlì che mi ascoltavo sempre da piccolo, un gruppo post hard-core che spaccavano ed ho un sacco di ricordi belli, poi mi piaceva proprio la parola stessa: la quiete. Una parola che si usa poco, si scrive poco, mi evocava molte cose. In più è un po’ una maturazione, una quiete interiore, per cui io sono riuscito un po’ a ritrovare me stesso e a lavorare, sperimentare, cose nuove, a cantare più libero ed a scrivere cose, sempre nel mio stile, ma con una proiezione nuova e con collaborazioni diverse e con musiche, appunto, varie

Questa urgenza di cambiamento si potrebbe definire una necessità intrinseca e più consapevole rispetto ai propri pensieri?

Si, è così. A prescindere dalla maturazione professionale dal punto di vista di chiudersi e registrare tutto in poco tempo, di scacciare per un attimo i pensieri, i problemi o le malinconie e di mettersi a lavorare con altri musicisti, che è stato sicuramente un approccio vincente, ci sono io, che sono sicuramente cresciuto ed ho riallacciato i rapporti con me stesso. Infatti adesso mi trovo in una fase della mia vita più tranquilla e serena, pur mantenendo i miei aspetti un po’ crepuscolari. La copertina del disco infatti è infuocata. Mi piace l’idea che ci sia un po’ un controsenso, un po’ a spiegare come la quiete di base è un attimo in una giornata oppure in questo racconto del disco dove, appunto, esiste quest’alternanza con la tempesta.

continua poi regalandoci questa curiosità:

Per un attimo infatti il titolo del disco è stato in bilico fra La Quiete e La Tempesta, è stato un po’ un “m’ama, non m’ama” ed alla fine mi è rimasto in mano il petalo de La Quiete

Già dai singoli che avevano anticipato l’album, Un pezzo di universo e Flashback, si poteva notare questa metamorfosi stilistica ed espressiva. Andrea, infatti, sin dagli inizi aveva dimostrato una grande padronanza della parola, rendendola imponente, questo anche grazie all’utilizzo di quelle che io chiamo “parole vive”. La sua potenza comunicativa, quasi evocativa, è uno degli elementi portanti della sua stilistica. Infatti, nelle sue produzioni ci troviamo ad interfacciarci con questo concatenarsi di più realtà che vanno poi a dissolversi e fondersi in un universo parallelo creando un disegno surrealistico attivo (un po’ come i suoi quadri) che combacia alla perfezione nella sua integrità. All’interno de La Quiete invece, questo aspetto va a sfoltirsi, dando aria alle parole ed attivando un’energia comunicativa proattiva, chiara e diretta, dove l’ascoltatore non ha più l’impegno di dover cercare il capo della matassa, ma si ritrova davanti ad uno scenario che non nasconde nessuna sensibilità sotto alle coperte. Gemello gioca a carte scoperte e sì ci porta a dover affrontare le nostre emozioni, mannaggia a lui.

In questo, oltre alla maturazione professionale, poiché ho lavorato su delle melodie che avevano dei timing diversi, è stato bello per me riscoprire questa nuova parte di me, della mia scrittura. Fermarsi un attimo, fare un respiro e dire le cose che vorresti dire senza poi ragionarci troppo sopra, o comunque, arrivare ad un punto attraverso dei giri di parole.

Questa tempesta di parole impazzite, quasi forvianti, dove veramente dovresti fermarti per un po’ per capirne il flusso è sempre stato il mio forte, soprattutto nei dischi vecchi, invece questa è una produzione asciugata, mi piace l’idea di aver reso la mia musica un po’ più gourmet, più concentrata, sia per me che per gli ascoltatori nuovi e vecchi, mi piace l’idea del cambiamento, perché sono cambiato io, ed infatti mi è uscita del tutto naturale, non è stato un qualcosa di pensato o programmato. Era una dinamica che inconsciamente forse io già sapevo, ma poi quando la metti in pratica e la vivi, te ne accorgi soltanto quando ti guardi indietro a fine disco, forse perché proprio inconsciamente ognuno poi fa quello che gli pare. Ed è bello, è stimolante perché non hai il controllo su di tutto, quindi c’è sempre un corteggiamento tra i miei pensieri ed il foglio.

A proposito di questo, parliamo delle vecchie produzioni, spaziamo fra Non Parlarmi d’altro, (reperibile soltanto su You Tube) Indiana e Niagara (due delle prossime potenziali stampe in vinile), a tal proposito chiedo ad Andrea se avverrà mai una ristampa del primo, sorridendo ci dice:

E’ un lavoro molto complicato, contiene dei sample Americani, quindi serve una cura diversa, però vediamo, mai dire mai

Ma torniamo ad oggi, torniamo a La Quiete.

Una delle cose che dico ad Andrea è che, questa sua evoluzione, mi ha fatto sorridere soprattutto ripensando a brani ermetici e complessi come Se mi pensi adesso. A tal proposito però, La Quiete non si allontana troppo da quelle che sono le basi che vengono gettate in Untitled, infatti una curiosità interessante è che entrambe i dischi si chiudono con un brano accompagnato alla chitarra, come a creare una sorta di energia duale

Dischi come Non parlarmi d’altro sono frutto di una bellissima immaturità, di una rabbia che avevo dentro, di serate e notti a scrivere, invece l’attitudine di questo disco è diversa. Avendo un po’ più di controllo sullo scritto ed avendo anche un po’ più d’esperienza, mi sono trovato a portare canzoni meno fuligginose, meno contorte, sempre mantenendo la mia identità. Infatti, nel disco, ci sono pezzi più vecchio stile che ricordano un po’ In The Panchine, alcune strofe sono un po’ più lunghe, ci sta sempre un po’ del me vecchio. Sono contento di vedere le varie evoluzioni dei dischi. C’è comunque sempre un’affinità fra loro, gli altri erano Ep più corti, La Quiete ed Utitled sono delle produzioni più lunghe.

L’evoluzione che poi avviene è sempre un po’ impercettibile ma esiste. Di base sono tutte canzoni diverse l’una dall’altra ma esiste comunque un filo conduttore che le lega. Se ti senti Untitled e poi parte subito dopo La Quiete, sono due lavori che potrebbero andare tranquillamente di pari passo, poteva essere un disco doppio. Comunque ogni volta, quando scrivo, è sempre una sorpresa. Magari mi ritrovo a chiudere una canzone e pensare: “Non ho più parole da scrivere”, ed invece poi arrivano sempre. E’ un’emozione viscerale, ogni canzone che chiudo è una piccola lotta con me stesso.

Siamo entrati dentro al corpo del disco, che sebbene si presenti in maniera chiara e diretta, nasconde comunque delle curiosità tipiche alla Gemello. Partiamo dalle atmosfere sensoriali: conosciamo perfettamente la qualità dei clima che Andrea è tipico raccontare nelle sue canzoni e come dicevamo pocanzi, ha un forte legame con tutto ciò che concerne la natura. Troviamo quindi ambienti notturni, strofe quasi onomatopeiche, ma c’è un elemento che ricorre imperterrito in tutte le tracce

All’interno del disco ho trovato una sorta di “Fil Rouge” che va a cucire traccia dopo traccia lo scheletro del disco. Questo elemento si ripresenta in tutte le tracce, parliamo della pioggia. C’è un significato particolare nascosto dietro a questa scelta?

Eh si! Io sono sensibile e da sempre ho questo sguardo un po’ infantile su tutto in cui mi fisso, guardo ed immagino cose più grandi rispetto a quello che sono realmente, tipo i racconti del padre de Big Fish, che raccontava le cose come fossero delle favole. Questa è una caratteristica frutto sicuramente della mia sensibilità ma anche del fatto che da piccolo ho avuto questa meningite per cui ero morto e poi sono rinato in una settimana, quando sono uscito da lì vedevo tutto un po’ più nitido. Sai, quando ti levano una cosa e poi te la ridanno l’apprezzi un po’ di più. Però sì, sia con i quadri che attraverso le parole riesco sempre a ritagliare delle piccole cose in mezzo ad altre piccole cose, delle piccole finestre con la luce accesa in cui dentro succedono più cose allo stesso momento. E quindi la notte, la pioggia, di base sono sempre stato legato a queste due atmosfere, mi evocano un sacco di ricordi, mi hanno sempre affascinato, li ho sempre subiti sotto il piano emozionale sia dal punto di vista positivo che negativo.

Nella mia scrittura spesso parlo anche del sole, dei tramonti, che proprio come la pioggia, sono sempre troppo caldi, bruciano. Questo per me è un voler dar importanza al motivo che comunque spinge ad affrontarli o guardarli, c’è un ulteriore amore che ti muove. Da quando sono piccolo la mia quiete è sempre stata la notte. La scrittura, le cose le ho sempre fatte in quel momento li. La cosa che mi piace dei miei dischi è che sono abbastanza ultraterreni, non sono legati ad una cronaca di tempo, fatti ed eventi. Il sole e la pioggia sono sempre quelli, la gente e gli affetti o le sensazioni sono sempre quelle, per quanto possano cambiare fuori i vestiti, i sapori o le architetture

Parlando di questo sole gigante mi hai fatto venire in mente un brano di Indiana, La Parte Migliore, all’interno della traccia Come se niente fosse c’è una forte reference al brano

Me ne vado via all’alba, ho scordato qualcosa di me.

La parte mancante, la parte migliore, sì che alla fine sei te

Si certo, questa è una delle rime più belle dell’album secondo me, anche se sembra una cosa un po’ banale, un po’ da libro cuore, è molto autobiografica. Nella mia stilistica comunque ci sono sempre delle citazioni di cose vecchie, perché sono una costante in me e non sono ancora “guarito” da questa cosa, ma non è che voglio guarire, sono presenti, sono costanti perché esistono e sono esistite

Torniamo ad analizzare il disco, solitamente non pongo questo tipo di domande agli artisti, ma trattandosi di Gemello non potevo fare altrimenti

Tu sei anche un pittore, quindi conosci bene l’importanza evocativa emozionale dell’immagine, parliamo della copertina de la Quiete

Faccio questa domanda non a sproposito ma perché noto al suo interno una specie di rebus d’immagini che vanno a far collidere passato e presente. Ad esempio uno degli elementi principali, oltre alla macchina che ricorda il video di Sirena, è proprio la posa del pensatore, che richiama l’album Non Parlarmi d’altro

Esatto, la copertina è veramente uno schiaffo in faccia, oltre alle mie reference passate, quando si parla di quiete uno s’immagina una copertina col mare, il gabbiano ed invece trova me che brucio dentro ad una macchina. Mi piaceva l’idea di giocare sul contrasto, e che questa ne fosse la parte principale. Se vedi bene, questi, sono tutti elementi che fanno parte del mio viaggio, che raccontano un po’ di me, e quindi la macchina

Ed allora visto che parliamo di cose che bruciano, prendiamo in prestito una barra del brano Pipistrelli e chiediamo a Gemello come riesce a gestire questo cervello che brucia, ma soprattutto se, avendo lui una mente in costante rivoluzione, ha mai riscontrato delle difficoltà nel gettare i suoi pensieri sul foglio, ci risponde così:

Il mio approccio un po’ frenetico ai quadri ed alla scrittura penso che in realtà sia proprio un modo per sopprimere questa lavatrice che abbiamo in testa. Se io non avessi scritto queste canzoni o non dipingessi i miei quadri con questa modalità, il cervello sarebbe ancora più in panne, invece per me è un’urgenza di farlo perché è proprio uno sfogo, è un momento in cui, nonostante la testa sfrulla tu riesci a levare un po’ di cose ed a fare una sorta di lavatrice ai pensieri e proprio nello stesso momento in cui lo stai facendo, ti fermi un attimo e raccogli quello che gira in questa ruota, è una buona terapia, un buon gioco.

Arriviamo adesso a parlare della scelta dei feat. La Quiete è uno dei primi dischi di Andrea che comprende un numero così elevato di collaborazioni, la cosa che mi stupisce, oltre al fatto che abbia lasciato in mano agli artisti non solo la carta della scrittura ma anche quella della produzione, è la linearità con la quale si susseguono

Da cosa nasce la scelta dei feat?

Il disco è strutturato in alternanza, la traccia che segue o procede un mio lavoro da solo è sempre un feat, è un po’ come se fosse un film dove i personaggi parlano di me, la storia è su di me, ma comunque mantengono una propria identità, per non mantenere la telecamera sempre su di me. Ti racconto la storia dei featuring perché è breve ma carina. Quando ho iniziato a lavorare al disco non c’è stata una vera pianificazione della struttura, si è basato proprio sulla mia voglia di far musica con quella persona perché magari capitava d’incontrarsi in studio oppure a casa mia e farci ascoltare a vicenda delle produzioni. E’ come quando da piccolo vai a casa di un amico, tu giochi con le sue cose e lui gioca con le tue, è stato divertente. Per questo poi ci sono le produzioni loro, perché mi piaceva l’idea di perdermi nella loro visione della musica, di osare un disco diverso e di far conoscere loro ed i loro progetti in modo integro e non solo e non solo attraverso la voce. Poi mi piacciono loro, mi piacciono i prodotti che portano e quindi si crea questo dare e avere che mi è sembrato coerente e pure figo da mettere insieme

Il disco si conclude con una domanda: E adesso?

Esatto! Eh mi viene da piangere ogni volta che arrivo a quella canzone! Ci sta questo finale di coda con questa chitarra che crea un ambient quasi onirico, dove io dico: “E adesso? E adesso, volano via” volano via sono i pensieri, sono i ricordi, sono i fogli che son finiti del disco ma allo stesso tempo lascia sempre spazio alle cose nuove, mi piaceva l’idea di questo finale un po’ lungo, riflessivo. Oltre a quello sento pure che è un priodo di vita dove ho messo un punto, e quindi dovrò ancora tornare in giro ad assorbire emozioni, guardare piogge o gatti che si nascondono.

Ti dirò anche una cosa che fino ad ora non ho detto a nessuno, il disco inizia con questa voce fuoricampo in Un pezzo di universo ed è una cosa che si riflette anche in E adesso? quasi come se fosse un inception. Questo sta a significare che la fine non è la fine e, La fine non è la fine, è il disco della band La Quiete. Mi piaceva l’idea che si creasse un cerchio per cui non esiste uno start e che non si chiude mai, e d’altro canto mi piaceva l’idea di portare anche all’interno del disco una loro cosa, senza doverla citare per forza

Gemello ci ha pure detto che si sta adoperando al fronte tour

Ho una voglia di suonare che nemmeno t’immagini, purtroppo adesso con queste restrizioni sta diventando un casino, mi piacerebbe anche organizzare un tour fatto di tante piccole date, un po’ come ha fatto Coez, mi va bene suonare ovunque, non fa differenza. Speriamo che in primavera ci sia la possibilità

La nostra intervista Cromosomica finisce qua, ringrazio ancora una volta Andrea per avermi concesso un piccolo spazio all’interno del suo mondo, ma soprattutto per averci regalato un album sincero e vero, capace di farci piangere pure l’acqua del battesimo!

La Playlist di Cromosomi