Quando due o più artisti collaborano alla realizzazione di un nuovo singolo c’è spesso grande hype attorno al brano. La curiosità di esplorare una commistione di generi e di sonorità più o meno differenti è tanta, ma se il risultato non rispecchia le nostre aspettative la delusione è doppia. Ed è proprio in questo momento che siamo portati a chiederci: si tratta di un featuring o di puro marketing?
Ecco perché fare un feat per gli artisti coinvolti è un’operazione delicata, che molte volte non ha a che fare solo con un match tra sound differenti, ma con l’intero mood dell’artista, ovvero con il suo branding.
Perché fare feat è questione di Marketing e Branding
Dietro il lancio di ogni singolo c’è (o almeno, dovrebbe esserci) sempre una strategia. Quando si tratta di featuring, parte integrante di questa strategia è decidere con chi collaborare. Un brano in featuring, infatti, presenta per entrambi gli artisti coinvolti importanti vantaggi:
- visibilità presso un pubblico più ampio;
- possibilità di farsi conoscere da nuovi ascoltatori;
- beneficiare della fama dell’artista con cui si collabora;
- opportunità di innovare il proprio sound e sperimentare con sonorità differenti.
Tutto ciò implica che scegliere il giusto artista (o i giusti artisti) con cui collaborare sia di fondamentale importanza per ottenere tutti gli effetti benefici che abbiamo appena elencato.
Ma cosa succede quando invece il marketing prende il sopravvento? Il rischio è quello di dare importanza esclusivamente alla fama o alla rilevanza dell’artista che si sceglie per il proprio featuring (elemento che, tra l’altro, spesso comporta un importante investimento economico). Viene così sacrificata la coerenza stilistica e la credibilità stessa degli artisti coinvolti nel feat: il peggior esito possibile.
Featuring o Marketing? Vediamo alcuni esempi
Fare featuring, dunque, richiede una visione strategica non indifferente. Vediamo alcuni casi in cui queste strategie hanno funzionato e altri in cui, invece, lo zampino del marketing è stato deleterio.
Partiamo da un caso di marketing estremo. Di certo tutti ricordiamo il brano Milledi Fedez, Achille Lauro e Orietta Berti, pubblicato nel giugno 2021.
All’uscita di questa collaborazione siamo stati spiazzati dalla compresenza di due artisti come Fedez e Achille Lauro con Orietta Berti. L’evidente differenza generazionale sembrava difficile da superare, ma dopo la partecipazione dei tre artisti all’edizione 2021 di Sanremo l’occasione di sfruttare la potenza della figura iconica di Orietta Berti era decisamente troppo interessante per rinunciare.
Il risultato è un brano che ci ha fatto ballare per un’estate intera, dinamico e divertente.
Mille è l’esemplificazione della potenza del Marketing, che non solo sceglie tre figure di rilievo per accostarle in una produzione comune, ma lo fa sfruttando anche l’appoggio (e la forza economica) di uno dei brand più grandi del mondo. Il product placement non è più solo in televisione: “Labbra rosso Coca Cola…”
Funziona, certamente. Allo stesso tempo, però, il ciclo di vita di questo brano è stato estremamente breve. La fama dei cantautori coinvolti non è stata sufficiente per prolungare la presenza della hit nelle classifiche.
Rimaniamo un secondo su Fedez, perché c’è un altro caso di featuring non proprio riuscito che coinvolge il rapper milanese.
Dopo una lunga serie di dissing, nel 2022 torna la pace tra Fedez e Salmo. I due scelgono di sugellare la rinnovata amicizia con la produzione di un brano, Viola. Si sa, il pubblico spesso è ghiotto dello spettacolo di due celebrità che litigano. Quando una faida di questa portata si conclude pacificamente e sfocia addirittura in un progetto artistico comune, l’hype non può che essere enorme. Esce un video sui social: Fedez e Salmo in una sala prove a giocare con chitarra e basso. L’attesa è alle stelle.
Grande delusione per il pubblico. Il risultato di questa collaborazione è stato un brano che sembra voler sfociare nel pop–punk, genere che non appartiene né a Fedez né tanto meno a Salmo. Una grande opportunità sprecata.
E a proposito di punk, vale la pena menzionare l’album che ha consacrato il ritorno sulla scena musicale dei Finley. In “Pogo Mixtape” la band che ha segnato l’adolescenza di molti giovani ascoltatori ha puntato tutto sui featuring. Ogni brano, infatti, è prodotto in collaborazione con artisti italiani o stranieri.
Particolarmente interessante è la collaborazione con i Punkreas nel brano I miei amici. Un featuring con un gruppo simbolo del punk italiano riesce a posizionare i Finley esattamente nel segmento di mercato a cui ispira la loro identità musicale. Questo featuring funziona, tanto musicalmente quanto strategicamente.
Peccato però che sia seguito da collaborazioni più confusionarie. Un esempio è quella con Rose Villain in Killer, artista fenomenale ma che sembra assolutamente lontana dalle sonorità punk e pop-punk dei Finley.
Come realizzare un buon featuring?
Non esiste una regola aurea per decidere con chi collaborare in un featuring. Talvolta, anche le unioni più assurde possono dar vita a brani decisamente interessanti.
È il caso, per citarne uno, di r()t()nda, che vede la collaborazione di thasup e Tiziano Ferro. Un duetto decisamente inaspettato, ma che sorprendentemente funziona e crea un ponte tra generazioni differenti che suona estremamente naturale. Questo, forse, anche grazie al fatto che l’infanzia e l’adolescenza di quello che oggi è il pubblico di thasup è stata segnata da brani iconici come “Ti Scatterò Una Foto” oppure “Sere Nere”.
Ciò potrebbe rendere la collaborazione tra i due il perfetto collegamento tra il passato (ma eterno) e il contemporaneo. Inoltre, fattore da non trascurare, il featuring con Ferro sfrutta quell’effetto nostalgia che il Marketing tanto ama e che funziona così bene con il pubblico Millennial e GenZ.
Ma torniamo su chi con i featuring ha costruito un intero album. Mentre il caso dei Finley convince solo fino a un certo punto, Francesca Michielin ha centrato in pieno l’obiettivo con il suo album “FEAT (Stato di Natura)” del 2020.
In 11 singoli, Michielin dà prova della sua eccelsa capacità compositiva duettando con artisti che toccano generi diversi: dai Måneskin a Max Gazzè, passando per Gemitaiz, Carl Brave, Fabri Fibra, Coma_Cose e altri ancora. Ogni brano rivela una nuova sfumatura artistica della cantante, creando la combinazione perfetta per esaltare tanto la sua abilità canora quanto il sound dell’artista ospite di ciascun brano. La prova del successo di questo esperimento arriva nel 2021, con una riedizione dell’album che include nuove collaborazioni.
Allora quali sono gli ingredienti di un featuring riuscito?
Dirlo con certezza è molto difficile. Osservando questi esempi possiamo sicuramente affermare che l’essenza fondamentale di un feat che funziona è trovare un compromesso tra sperimentazione e identità.
Se, da un lato, la collaborazione può aiutare un cantautore a uscire dalla sua classica bolla d’ascolto, dall’altra è importante individuare un artista con cui si possano trovare dei punti di contatto autentici ed efficaci, che convincano il pubblico e non lo lascino confuso al termine dell’ascolto.
In conclusione, parola d’ordine: coerenza.