Treni che partono e treni che tornano, tutti inesorabilmente in ritardo. La situazione di Trenitalia è più tragica ogni giorno che passa. Ma stai tranquillo che quando avrai un impegno importante, magari perché c’entra qualcosa che non vedi l’ora di fare, il tuo treno sarà più in ritardo del solito. Pare inspiegabile, ma è solo la vecchia e cara legge di Murphy. Legge che mi ritrovo a confermare anche mercoledì 3 maggio, quando, guarda a caso, nel mio paesino sperduto mi aspettava NASKA su Zoom.
Ma bando alle ciance. Mi sono fatta elegantemente attendere, ovvio, ma così ho potuto riascoltare ben una volta e mezzo in più il pre-ascolto del suo nuovo album, La mia stanza. Da amante del punk non posso che essermelo goduto. Il ritmo c’è, l’incazzatura pure, la voglia di fare ciò che gli pare anche. Molto coerente con il suo scorso lavoro, REBEL, La mia stanza torna con le sonorità punk rock e pop punk dei Blink 182, dei Sum 41 e di Machine Gun Kelly. Un po’ di leggerezza in questo periodo in cui non c’è mai, pur non peccando di semplicismo. La mia stanza è un viaggio dentro non solo alla stanza di NASKA, ma soprattutto dentro alla psiche di Diego. Quella pazza, folle (e alle volte) sensibilissima psiche.
Ciao Diego! Come va?
Tutto bene, tutto bene.
Tra pochissimo esce il tuo nuovo album, La mia stanza. Come ti senti?
Eh, diciamo che oggi ho quattro ore di sonno addosso, sei o sette caffè e venti sigarette. Sono le 17, ma tutto a bomba. Un po’ di ansietta direi. L’ansia da prestazione è alta: anche se è un disco registrato, c’è comunque. E’ l’ansia per chi lo ascolterà, per come reagirà quando l’ascolterà.
Da dove nasce La mia stanza?
Il concept del disco non lo scelgo mai all’inizio, perché mi sembra di fare i compiti a casa. Ho fatto l’artistico io, i compiti non li ho mai fatti, quindi non li faccio nemmeno adesso nel disco. Parto sempre con io che scrivo a manetta, faccio singoli su singoli. I pezzi li vedo più come singoli quando li faccio. Poi quando sono arrivato a tre quarti del disco scelgo l’immaginario. Quando sto buttando giù idee di solito sono sempre quassù, nella mia stanza. Un giorno mi stavo girando intorno e mi sono detto:”Cazzo, la mia stanza”. La nostra camera è molto uno specchio di noi: prendiamo quello che vogliamo e la arrediamo in base a quello che ci piace di più. Quindi ho messo il poster dei Nirvana, una bandiera, ET, Lo squalo. Tutte robe che mi appartengono. La mia stanza è il mio perfetto specchio.
E cosa c’è nella tua stanza (nel disco)?
Nel disco ci sono le mie due parti: Diego e NASKA. Diego è la parte un po’ più cresciuta e ordinata, quella che mette a posto, che pulice la stanza, che ragiona. Il NASKA è un po’ più fuori controllo, quindi la parte che tu non vedi dalla webcam, con i panni sporchi, con le scarpe a scacchi e scatole.
Ti sei ispirato a qualche artista in particolare per questo album?
Più o meno gli artisti a cui mi ispiro sono sempre gli stessi: i Blink, i Sum 41, i Green Day, i Nirvana, i Radiohead. Tutto quel mondo lì. La playlist sul cellulare è sempre la stessa. Qualche volta aggiungo una chicchetta rara, ma siamo sempre lì.
Oltre alle sonorità punk, anche i testi e l’attitudine lo sono molto. E’ stato voluto?
Quando mi metto in studio a scrivere, me la vivo alla giornata. Non sto lì troppo a pensare, io butto giù. Penso più o meno al concept del brano. Molto dipende dalla persona che va in studio: se un giorno ci vado da Diego o se ci vado da più cazzone, da NASKA.
L’immaginario che hai tirato fuori mi pare molto ribelle, provocante, provocatorio e queer.
Queer?
Mah, non so, un po’ quell’ambiguità che provoca, quella fluidità.
Beh, provocante sempre. Nel disco scorso ero in mezzo alle pecore, quest’anno sono direttamente nudo in copertina. Quindi provocatorio sempre, non mi manca mai un po ‘ di spirito in questo senso. Punk sempre, il genere è quello lì. Quello che scrivo sono al 100% io, quindi il ribelle c’è per forza. Non sono più di tanto cambiato. Alcune volte ho degli attimi di maturità e di riflessione dove scrivo testi magari come Nessuno, ma alla fine sono sempre io.
Domanda a bruciapelo: il punk è morto?
No. Non è morto, si era solo addormentato ubriaco.
Quindi si è solo risvegliato, tipo Una notte da leoni.
Esatto. Si era solo addormentato un po’ sbronzo. O fatto. O tutte e due.
Probabilmente tutte e due.
Sì, anche secondo me.
Se dovessi descrivere in tre parole il tuo nuovo album quali sarebbero e perché?
Droga, sesso e punk rock.
Andiamo con i classici.
Sì, dai, è giusto. Comunque sono tre parole che racchiudono il tutto. Se posso aggiungere la quarta, un qualche piantino ogni tanto, perché è giusto. Io sono molto così: sono rock’n’roll all’esterno, ma poi in casa sono tipo super triste quando sto da solo.
Praticamente hai un alterino degli Smiths.
Esatto.
Ascoltando il disco, ho notato una sorta di bipartizione fra canzoni più cazzone e altre che sembrano quasi una richiesta di essere visti in un mondo che non ti vuole vedere come una persona.
In giro portiamo tante maschere. In fondo, a nessuno frega un cazzo di come stai effettivamente, ma frega solo quello che fai. In Nessuno racconto appunto questa storia d’amore dove dicevo alla tipa:”Fidati che a nessuno frega veramente un cazzo di te, ma a me importa“. So quanto fa male che a nessuno freghi un cazzo. Deve valere il fatto che spero ti interessi che a me frega di te, a me frega di te veramente.
Il genere che porti tu sta tornando molto di moda.
Sì, per fortuna! Era giusto che tornasse, visto che la musica, come la moda, è ciclica, quindi non muore, ma dorme solo ubriaca e poi torna. La cosa che penso sia quello che funzioni in questo genere è che in tutto il resto della musica di adesso, sorpattutto in Italia, c’è tanta soggettività: io sono meglio di te. C’è tanto flex. Nelle canzoni che faccio io, ma nel genere più in generale, di stare sopra a qualcuno o flexare qualcosa non me ne frega un cazzo. Io dico quello che penso e quello che vivo. A tante persone piace sentire la mia musica perché gliene frega di questo qui che non gliene frega un cazzo di essere più di qualcun altro.
Tu tra pochissimo parti per un bel tour di festival estivi. Cosa ci dobbiamo aspettare?
Un bel tour, una bella estate piena. Io l’anno scorso ho fatto il tour senza una gamba, perché l’avevo rotta una settimana. Ero mega infottato di fare quel tour, perché era il primo e proprio tour. Era il sogno di me da bambino. Quest’anno, stesso sogno che c’era lì. Sono carico a mille, la band è la stessa, io sono lo stesso, sempre carico, ma con le gambe. Sarà ancora più forte. Il primo tour tipo Dave Grohl con la carrozzina e tutto, il secondo in piedi, che me lo godo un po’ di più.