Spotify è di nuovo sotto i riflettori, e non per le sue playlist. Dopo anni di accuse per i compensi irrisori destinati agli artisti e le controverse politiche editoriali sulle playlist, le critiche si concentrano ora sul CEO Daniel Ek e sulla sua scelta di investire in Helsing, la startup tedesca fondata nel 2021 che produce droni militari e sviluppa software di intelligenza artificiale per la gestione di operazioni belliche.
Daniel Ek nell’occhio del ciclone
Nel recente investimento da 600 milioni di euro, guidato dalla società di investimenti di Daniel Ek – Prima Materia – la startup tedesca di difesa Helsing ha raggiunto una valutazione di circa 12 miliardi di dollari, consolidando in questo modo sua posizione tra le aziende tecnologiche private più preziose d’Europa.
Helsing, fondata nel 2021 e con sede a Monaco di Baviera, sviluppa software di intelligenza artificiale che aggregano dati da sensori militari, radar e sistemi d’arma per fornire visualizzazioni in tempo reale di ciò che avviene sul campo di battaglia. L’azienda sta inoltre producendo droni da combattimento e mini-sottomarini senza pilota per applicazioni navali, e ha siglato contratti con Germania, Regno Unito, Svezia e ha venduto equipaggiamenti all’Ucraina.
Il crescente interesse verso Helsing rispecchia una tendenza globale: i conflitti attuali, in particolare la guerra in Ucraina, stanno accelerando la domanda per tecnologie belliche avanzate, con particolare attenzione alla AI. Il coinvolgimento di Ek ha colpito particolarmente l’opinione pubblica, dando il via a dibattiti etici sul ruolo degli investitori tecnologici nei settori militari.
Perché alcuni artisti che amiamo stanno togliendo la loro musica da Spotify?
Negli ultimi mesi diversi artisti hanno deciso di prendere posizione contro Spotify, annunciando la rimozione della propria musica dalla piattaforma streaming, scegliendo di non pubblicarvi altra nuova musica. È il caso dei King Gizzard & the Lizard Wizard, che hanno rimosso la loro intera discografia dalla piattaforma, dichiarando che i futuri brani saranno disponibili ovunque tranne che su Spotify.
La decisione nasce da una vera e propria presa di coscienza da parte della band: non si tratta più soltanto di protestare per i compensi irrisori derivanti dallo streaming dei brani – come era avvenuto in passato – ma di rifiutare che la propria musica finanzi indirettamente l’industria bellica.
Anche la band indie Deerhoof ha annunciato di non voler che la propria musica sia associata in alcun modo all’industria militare e tanto meno che contribuisca a finanziare violenza, genocidi e morte.
Gli artisti italiani contro l’ipocrisia e la non trasparenza
In Italia il primo a compiere il passo è stato Auroro Borealo, che ha rimosso tutta la sua musica da Spotify per ragioni etiche e politiche. Altri artisti hanno preso posizione a riguardo, spendendosi pubblicamente contro le scelte di investimento del CEO in aziende che producono droni militari. È il caso di Willie Peyote, che non si risparmia al Wondergate Festival di Napoli e sceglie di denunciare l’ipocrisia di molti artisti che si schierano pubblicamente contro la guerra in Palestina, ma continuano a restare su Spotify, contribuendo così a finanziare la guerra.
Il suo grido diventa così un monito per artisti e pubblico: non basta dichiararsi pacifisti, ma occorre anzi agire di conseguenza, anche se questo significa perdere visibilità e guadagni. In un’epoca in cui la musica rischia di diventare solo intrattenimento superficiale, Willie ci ricorda, con la lucidità che sempre contraddistingue i suoi testi, che può ancora essere uno strumento di resistenza e di scelta consapevole.
Anche Piero Pelù ha denunciato pubblicamente l’accaduto, ponendo l’accento sulle problematiche legate alla rimozione della propria discografia dalla piattaforma di streaming:
“Purtroppo i master di tutti i miei dischi non mi appartengono più, altrimenti li avrei ritirati immediatamente dalla fottuta piattaforma di questo schifo di individuo. Magari se molti artisti facessero pressione su questo padrone insensibile della nostra arte potrebbero farlo ragionare e spingerlo a investire i suoi/nostri soldi in qualcosa di molto più civile e in controtendenza con la merda che i nuovi dittatori ci stanno portando a vivere ogni giorno. Pensaci bene Mr. Ek!”
Tra boicottaggi da parte di alcuni artisti, polemiche pubbliche e l’aumento dei prezzi degli abbonamenti, la piattaforma si trova a dover affrontare non solo sfide economiche ma anche pressioni etiche. Questo momento critico potrebbe o dovrebbe segnare l’inizio di una nuova fase per lo streaming musicale, affinché trasparenza, responsabilità e coerenza tra valori pubblicamente dichiarati e investimenti economici diventino sempre più determinanti per la fiducia di artisti e utenti nella piattaforma musicale.










