Dopo Roma è il turno di Milano. Neppure l’allerta meteo riesce a fermare la data meneghina dell’“INFINITO+1” tour di Fulminacci. A fare da cornice il Carroponte di Sesto San Giovanni, infangato quanto basta, venue di rito dei grandi live di inizio e di fine estate (questa premessa ci fa immediatamente sguazzare in una lago di nostalgia, ma rimanda istantaneamente anche al ritornello di Le biciclette, pezzo letale, eseguito in maniera altrettanto letale durante lo show. Ma andiamo per gradi).
Il lungo e variegato percorso di Fulminacci che parte da La vita veramente, passando per Tante care cose e Infinito+1, accompagnato da una band mozzafiato e da un pubblico realmente affezionato.
Ciò che spicca in maniera più accentuata e immediata durante tutto il live è una “iper cura del dettaglio” (cosa ti aspetti alla fine dei conti da uno che compie gli anni il 12 di settembre? Haters dell’astrologia non odiateci).
Dalla struttura dello show fino al dosaggio dei pezzi in scaletta e alla loro sequenza, l’artista si destra agilmente in generi svariati, partendo con il turbo dai brani più movimentati, in cui dimostra anche di avere la stoffa da vero showman, a quelli in cui uscire dalla borsa un accendino o attivare la torcia del cellulare è quasi un obbligo morale. Cura anche per le coreografie ironiche, per il coordinamento con la band, e perché no, anche occhio per l’outfit – la tuta argentata chic da astronauta ha lasciato il segno. Nulla è davvero lasciato al caso.
Artisti della generazione di Filippo, capaci di ideare e strutturare un live così completo, ingegnoso, autentico e appagante si contano davvero sulle dita di una mano.
E allora via a balletti con Borghese in borghese che apre lo show e Miss Mondo Africa. Seguono assoli di chitarra, di tromba, salti sfrenati che presto lasciano spazio a un momento catartico con l’esecuzione di brani come la già citata Le biciclette, Una sera o Meglio di così. Parentesi smorzata presto da un guizzo elettronico inaspettato ma molto apprezzato, che apre la strada a brani come Canguro o Resistenza. Arriva ovviamente il momento dei pezzi più noti, saggiamente posizionati verso la fine del live: entra Willie Peyote per Aglio e olio, momento esatto in cui inizia anche a piovere, una pioggia dal tempismo perfetto, secondo Fulminacci.
Finale fuori dal coro con Santa Marinella (l’artista ironizza sul fatto che sia stata una canzone che non ha avuto successo a Sanremo): è il pubblico a intonare le ultime note dello spettacolo messo in piedi da Filippo, a ritmo di mani e a pieni polmoni.
Possiamo affermare con certezza che Fulminacci è il presente della musica italiana e la data al Carroponte ne è stata la consacrazione.