Il Primavera Sound 2025, un poco di zucchero, il fumo e l’arrosto

da | Giu 10, 2025 | #Cromosomiintour

Sotto la superficie pop, l'anima del Primavera Sound non si tradisce. Foto in copertina di Christian Bertrand ©

Il Primavera Sound 2025 è terminato dopo averci travolto ancora una volta, catturati in un vortice di 3 giorni che rende i sogni incredibilmente a portata di mano.

Considerando i palchi del Parc del Fòrum e quelli collaterali, parliamo di 311 esibizioni in meno di una settimana. Inseguirne il più possibile equivale ad una lotta contro i mulini a vento: la FOMO provocata dal Primavera Sound si combatte soltanto con una saggia e accurata selezione. Questo vuol dire imparare a dominare l’arte di lasciar andare, godersi al meglio alcuni momenti senza inseguire l’illusione di abbuffarsi fino all’overdose.

Quest’anno il Primavera Sound ha accolto 293.000 spettatori. Un pochino meno della popolazione di Catania. Circa il quadruplo di un San Siro sold out. Eppure per prendere una birra difficilmente c’è bisogno di mettersi in coda. Qualche attesa in più per andare in bagno quest’anno, a meno che non si decida di camminare fino a qualche area meno popolata. Stessa storia per prendere qualcosa da mangiare. Insomma, è vero che il Primavera Sound è magia allo stato puro e che la sua location fa la differenza, ma alla sua 23a edizione è anche una macchina organizzativa francamente perfetta. Un’organizzazione formidabile a cui non è mai venuto in mente di affidarsi ai token: chissà come mai. 

Il giovedì del Primavera Sound 2025

Dopo 3 anni, è arrivato il momento per FKA Twigs di incantare il Primavera Sound. Lo show è tanto minimalista quanto potente per distruggere i classici schemi del pop: coreografie, cambi d’abito, narrativa divisa in capitoli, ma tutto ridotto all’essenziale per esaltare corpo e voce. 

La giornata era già esplosa con l’energia delicata e soffice di beabadoobee, che riesce ad essere una voce generazionale pur con un sound che esula dal tempo. Poco dopo, gli IDLES hanno incendiato il palco con un live in pieno loro stile, fisico e diretto, con un pogo interminabile, crowd surfing e messaggi politici senza compromessi: un paio di canzoni dedicate alla Palestina, per chi combatte “dal lato giusto della storia”.

Le sorprese più belle sono state 2: prima i Magdalena Bay, che si confermano magici e immaginifici esattamente come ci si aspettava in cuffia. Poi i Parcels, che con il loro sound rilassato e sereno scandiscono il ritmo di una vita stupenda. Forse avrebbero reso anche di più ad un orario diverso anziché a mezzanotte e mezza: magari a ridosso del tramonto, quando le loro chill vibes avrebbero trovato il loro habitat naturale.

Con l’unico show europeo di SWEAT, Charli xcx e Troye Sivan hanno trasformato il palco in un’esplosione di coreografie, club music e pura libertà espressiva. Un momento epocale per la nuova scena pop, arricchito da un cameo d’eccezione: Chappell Roan, ripresa tra il pubblico nei panni di apple girl 🍏.

Il venerdì del Primavera Sound 2025

Ci sono pochi momenti di un viaggio, di un festival o di una vita che riassumono l’intera esperienza, concentrandola in attimi che valgono tutto il contorno. Il venerdì del Primavera Sound 25 li raccoglie quasi tutti in due esibizioni: quelle dei Wolf Alice e dei Beach House. 

I Wolf Alice riescono ad avere una forza devastante, con la voce tagliente di Ellie Roswell che a tratti sfiora l’onnipotenza, prima di accarezzarti con una tenerezza che lascia annichiliti. La loro musica è capace letteralmente di rapirti, di non lasciarti allontanare, stringendoti nel petto fino a piangere e singhiozzare.

I Beach House rispecchiano forse nella maniera più emblematica l’anima primordiale del Primavera Sound: quando la musica è di questa intensità, non serve praticamente nient’altro. Sul palco, Victoria e Alex si intravedono a malapena, nascosti costantemente dal fumo e dalle luci soffuse. Qualche rara immagine accompagna sullo sfondo led alcune canzoni, ma la musica è al centro, è l’unica protagonista. Le sensazioni che provocano sono difficili da definire a parole: forse è più semplice farlo contando gli occhi gonfi di lacrime che si riescono a scorgere nel pubblico. Tanti, tantissimi, di ogni età. Perché piangono? Gioia, tristezza, commozione? Non lo sanno, ma non riescono a fare altrimenti. Alla fine dell’esibizione dei Beach House possiamo parlare di una purificazione collettiva, che ci ha lasciato un po’ diversi da come siamo arrivati.

Arrosto e fumo

Nei nomi un pochini meno conosciuti, impossibile non menzionare le Wet Leg: un rock fresco, genuino, che strizza più di un occhio al punk senza strafare. Dall’altro lato del continuum, Zaho De Sagazan ci ha ricordato come sia semplice conquistare il mondo quando hai una voce della madonna. Semplice, cristallina, irresistibile. Chiudi gli occhi e hai davanti la nuova portatrice dell’aura divina delle cantautrici francesi. Da qualche parte, anche Édith Piaf sta sorridendo e applaudendo.

Nel bene o nel male, c’era un nome nella lineup di venerdì che spaccava in due l’opinione pubblica: Sabrina Carpenter. Lasciando da parte i preconcetti, è stato lo show che ci si aspettava: molto scenografico, ricco di coreografie ma piuttosto povero musicalmente, con lunghi spezzoni dove la Carpenter nemmeno cantava. Uno show peraltro iniziato un po’ in ritardo e finito un po’ in anticipo. Il pubblico più affezionato, poi, era molto sbraitante e poco sopportabile. Nulla di nuovo, ma forse tutto poco amalgamato con lo spirito del Primavera Sound.

Il sabato del Primavera Sound 2025

Chi corre alle transenne dalle ore 16, quando aprono i cancelli, oggi ha un unico nome in mente: Chappell Roan. Forse, tra tutti, l’artista che in Europa si vede più raramente. L’esplosione che l’ha elevata ad icona è stata rapida, ma sempre riuscendo a mantenere la musica al centro di tutto. Certo, il personaggio non passa inosservato e la capacità di trascinare le folle con ideali chiari è tanto un potere quanto una responsabilità. Ma la musica resta sempre il fulcro per Chappell Roan, come lo show conferma. C’è tanto, tantissimo di più oltre alla musica, ma ogni dettaglio è propedeutico all’esaltazione delle canzoni. Con un’estetica a metà tra Maleficient e Alice In Wonderland, Chappell trascina il pubblico nel suo mondo sognante, dove l’inquietudine diventa una zolletta di zucchero per far pace con sé stessi. Se questo è il pop, ne vogliamo a valanghe.

Non passano per niente inosservati neanche i Fontaines DC, e tantomeno abbassano la testa di fronte alla realtà. Se in tutte le giornate del festival (e anche da parte del Primavera stesso) il sostegno alla Palestina echeggia in ogni angolo, la band irlandese decide di usare il loro spazio (anche) per dire la sua senza troppi giri di parole. “Israele sta commettendo un genocidio, usate la vostra voce”. Loro non si sono risparmiati.

Oltre alle tre superchicche del nuovo pop, il Primavera ha mantenuto una sottotraccia rock, quest’anno più che mai deviata verso molte sfumature punk. A chiudere il cerchio nella nottata di sabato ci hanno pensato gli LCD Soundsystem e i Turnstile, che ne hanno approfittato per presentare l’album fresco d’uscita.

Cosa ci resta

Quando un festival del genere finisce, le sensazioni assomigliano parecchio all’ultima pagina di un romanzo che ci è entrato nel cuore o ad una serie che ci ha accompagnato per lungo tempo. Nonostante la sbornia pop, il Primavera Sound è riuscito a non tradirsi nemmeno quest’anno. Sotto l’involucro zuccherato delle 3 headliner si poteva facilmente trovare ciò che ha contraddistinto l’anima del Primavera Sound nelle sue 23 edizioni: come (quasi) sempre, basta cercare, senza fermarsi alla superficie. La fiducia resta dunque immutata, nonostante una sottile coachellizazione che, per il momento, si limita solo agli aspetti più apprezzabili senza snaturamento alcuno.

Con questa immutata e cieca fiducia, l’appuntamento è dunque al 2026, dal 4 al 6 giugno.

L’anno scorso abbiamo indovinato (last minute) uno degli ospiti di quest’anno, quindi perché non riprovarci? Ecco i nostri 5 nomi per il #fantaprimavera26:

  • Fred Again
  • Lorde
  • Tame Impala
  • Tyler, The Creator
  • Oasis

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