I cani: Vita, “Post Mortem”

da | Apr 10, 2025 | Recensioni album

Il quarto disco de I Cani è un monumento alla vita e ai suoi cambiamenti, una riflessione sullo scorrere del tempo e sull'accettazione di sè. Immerso in un mare di sintetizzatori e chitarre sguaiate, Niccolò Contessa ci insegna a trovare l'inizio nella fine

Cosa sarebbe successo se il professor Parker fosse tornato dall’Akita Hachiko nel celebre film omonimo del 2009? Lo avrebbe sicuramente trovato ferito, affamato e indebolito dall’attesa. Cambiato, sicuramente. Ma la morte si è frapposta ad entrambi, e né Parker né Hachi sono mai tornati a casa. Per noi però l’attesa è finita. A differenza di Hachi, il padrone dei nostri cani è tornato dal mondo dei morti. Dopo ben 9 anni di attesa, I Cani, nome del progetto musicale di Niccolò Contessa, hanno pubblicato il loro tanto agognato e instancabilmente atteso quarto disco sotto l’etichetta 42 records: Post Mortem.

Post Mortem è il bisbigliato ritorno de I Cani

Nessuna campagna di marketing strappa-cervelli. Nessun vero e proprio annuncio. In punta di piedi, il 10 aprile, I Cani ci hanno lasciato un graditissimo ricordino nella libreria musicale. 13 tracce e tutti i titoli scritti in minuscolo: una resurrezione non è mai stata così silenziosa.

La cover del disco richiama i colori e le atmosfere di “Glamour” secondo lavoro del gruppo. C’è quindi un ritorno al passato, per parlare del futuro. Contessa non dimentica le sue radici, ma le sradica comunque. La morte è solo uno dei passaggi della vita, e dopo la morte c’è la rinascita.

Post Mortem è Post Punk

Sono presenti solo in parte gli echi del disco precedente “Aurora”. Li sentiamo in brani come “Colpevole”, con la presenza di un piano tipico dei lavori degli anni ’10 della scena indie/itpop, di cui Contessa è probabilmente l’uomo più indicato a rivestirne il ruolo di creatore. Il testo invita alla riflessione su cosa significhi davvero agire. Ogni nostra azione infrangeranno un’etica, sia personale che condivisa. E forse la soluzione è imparare a conviverci.

Ma il centro dell’influenza musicale del disco è senza dubbio il post-punk: brani come “F.C.F.T”, “Madre”, “Nella parte del mondo in cui sono nato” e Colpo di tosse” contengono batterie acute, riff graffianti e un timbro straziato e corrosivo. A questo si aggiunge la tenebra e la cupezza degli organi funerei presenti nella title track, in un collage di suoni che cerca di delineare il passaggio tra la vita e la morte. In un continuo loop.

Post Mortem è accettazione

Il disco si apre con “Io”, dove Contessa mette alla berlina gli usi e i costumi più fastidiosi degli altri esseri umani, comportamenti che critica e apparentemente esterni a lui. Ma il brano ci dice che spesso è proprio ciò che odiamo degli altri ad essere presente in noi. Questo fa degli esseri umani una bellissima contraddizione. Il brano invita inoltre ad accettare la nostra responsabilità nelle scelte di ogni giorno, in ogni decisione che abbia portato al nostro oggi. E forse, anche a perdonarci e fare pace con noi stessi.

Le successive “Buco nero” e “f.c.f.t” richiamano ancora questo senso di inadeguatezza e contraddizione continua tipica dell’essere umano. Il primo brano parla di un metaforico buco nero in cui i nostri pensieri e comportamenti più oscuri e peccaminosi trovano la propria voce. Il secondo è la risposta a quegli stimoli, cancellarli nel tentativo di “fare come fanno tutti” i presunti normali. Una normalità che di fatto non esiste, poichè essendo noi parte di questi tutti, come possiamo essere diversi dalla normalità? Non possiamo rinnegare la nostra natura e bisogna comprendere e evidenziare anche questi aspetti di noi, quelli più “”anormali”.

Post Mortem è nascita e cambiamento

Ma il vero perno del disco ruota attorno al concetto di cambiamento: come in “Colpo di tosse” brano dalle ritmiche vivaci che ci spiega come solo da un brevissimo momento di stravolgimento possa nascere qualcosa che dia nuova luce alla nostra essenza. Ma che l’attesa, la noia i momenti morti e il vuoto siano anch’essi necessari all’ispirazione. Proprio come nello scrivere una canzone (e come aspettare 9 anni per pubblicare un album, sigh).

Brani come “nella parte del mondo in cui sono nato” e “madre” amplificano il concetto di nascita e cambiamento legandoli indissolubilmente in un tutt’uno. Il primo condensa l’ipocrisia e il conflitto tra opposti dei nostri giorni (ad esempio la necessità di andare oltre la materia e i beni terreni ma l’idea che se qualcuno parla di anima sia “un invasato” pericoloso) e che in un modo o nell’altro siamo condannati a sbagliare sin dalla nascita.

Il secondo, libera invece l’individuo da questa sentenza e analizza la costante motilità dell’essere umano, che non sarà mai quello che era ne quel che sarà. Siamo liberi di cambiare, di trasformarci ed essere sempre diversi. Perchè solo così siamo vivi, pur nei nostri errori e nelle nostre apparenti assurdità. “Felice”, altro brano del disco, questo concetto lo esemplifica molto bene

Come uno studente che non capisce
Perché si è perso alla prima lezione

I Cani – “Felice”

Post-mortem è vita. Morte, poi di nuovo vita

Il trittico finale della tracklist, “carbone”, “buio” e “un’altra onda” vedono il passaggio dalla vita (simboleggiata in “carbone” dal fuoco ardente della rabbia e dell’invidia, ma anche della vitalità e dell’amore) alla morte.

Morte che porta al “buio”. Morte che avviene non solo definitivamente, ma nella vita di ogni giorno quando non riusciamo più a muoverci per l’ansia, puliamo le scale ma abbiamo paura di passarci sopra o rimaniamo impassibili al mondo che si muove. Morte quando tocchiamo il proverbiale fondo del barile e non possiamo cadere più in basso di così.

Ma proprio quando si è sommersi, sconfitti e abbandonati, che riusciamo a riemergere e toccare la sabbia. Il miglior modo di uscire dal buio è sempre stato sprofondare, perchè in qualche modo a galla ci si torna sempre. E poi, il desiderio di “un’altra onda” per ricominciare. Il brano conclude il disco in un mare di sintetizzatori che trasportano l’ascoltatore alla fine del viaggio.

Post Mortem è un messaggio di speranza. Ci insegna che anche la morte è solo di passaggio. In un continuo rinascere e cambiare, anche l’attesa e la noia portano al sereno. Esattamente come Niccolò Contessa, in 9 lunghissimi anni, ha potuto sperimentare sulla propria pelle. La speranza è che questa sia solo la prima goccia di uno tsunami per I cani e che tanta musica raggiunga ancora le nostre coste. Ma solo la vita (e la morte) ce lo diranno.

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