I Baustelle sono tornati. Certo, aspettarsi che l’ispirazione questa volta sarebbe arrivata da un locale di via Padova specializzato in tacos era impronosticabile, eppure…
Milano si conferma musa dei Baustelle ancora una volta, anche quando li porta a sognare la California.
“Milano sembrava tutta buia, pareva che ci fosse stato un blackout, e quelle luci apparivano magicamente come le uniche rimaste accese. Accostai, c’erano dei ragazzi fuori a bere e a parlare, in piedi. L’insegna diceva: El Galactico. Dentro, intravedevo delle piastrelle bianche, un bancone, e un’atmosfera irreale sospesa fra Hopper e il Messico.
Quella notte io sono stato folgorato. Quella notte ho pensato subito che El Galactico doveva essere il titolo del nuovo disco dei Baustelle.
È arrivato prima il titolo del disco che le canzoni; è arrivato con la visione di quel faro nella notte, un bar che poteva stare benissimo a Los Angeles e che soprattutto poteva fare da riassunto all’idea sonica che avevamo in mente.”
Se Francesco Bianconi cita Edward Hopper per introdurre il prossimo album, si capisce in fretta che non andremo incontro a un disco semplice. Il concetto che emerge più volte durante la presentazione alla stampa è lo struggimento, quella sensazione “di essere felici ma anche tristi allo stesso tempo; guidare verso il tramonto”.
Se “Elvis” era una meta, El Galactico è senza dubbio un viaggio. Se “Elvis” era un’immagine minimalista ed essenziale, El Galactico è colorato, acido, psichedelico. L’ambizione è quella di portare in una dimensione contemporanea gli anni ’60 scintillanti del Laurel Canyon, fatti di folk elettrificato e arpeggi.
“Volevamo riportare nel nostro disco lo struggimento e l’entusiasmo di quel periodo aureo della storia del rock: i tramonti, il surf, Brian Wilson e i suoi fratelli, i Byrds, guidare su Mullholland Drive, parcheggiare su Sunset Strip, andare in spiaggia, suonare e parlare per ore.”
El Galactico è anche l’escamotage dei Baustelle per celebrare i 25 anni di carriera senza sentirsi in colpa.
“Non abbiamo mai sopportato il mondo della nostalgia, del revival, delle celebrazioni. Per i 25 anni possiamo fare un’eccezione e spegnere queste candeline, ma siamo vivi. Non siamo morti. Ci concediamo questa eccezione perché in genere i gruppi muoiono prima: 25 anni sono 5 volte la durata dei Beatles”
In realtà i Beatles sono durati (almeno discograficamente) poco di più: sui 7 anni. Ma il concetto non cambia di una virgola. Celebrare sì, facendo uno strappo alla regola, ma a modo nostro: con nuova musica, con un festival realizzato secondo le idee dei Baustelle e con due palazzetti a chiudere l’anno.
Due domande a Francesco e Rachele
Come altri album, El Galactico segue una stessa idea sonora in tutti i brani. Lo definireste un concept album? Cosa pensate di questa definizione, oggi forse un po’ abusata?
“No. L’unico nostro lavoro che può essere vicino all’idea di concept album è “Fantasma”, ma nemmeno quello in realtà. Per me un concept album è quando ogni brano racconta un pezzo di una storia, quando c’è un protagonista che deve andare in giro a combattere gli elfi! “Tommy” degli Who è un concept album.”
– Francesco
I brani sono nati tutti per questo album o qualche pezzo era nato originariamente per altri lavori? Giulia come stai mi ricorda molto ”Antropophagus” e, in generale, i suoni di ”Amen”.
“No, sono nati tutti qui, in qualche mese, un tempo breve considerando i nostri tempi soliti! Abbiamo scritto tutti i pezzi a partire dalla fine dello scorso tour.”
– Rachele
“Che i brani rimandino ad altre nostre canzoni è una cosa positiva, in 25 anni è naturale che accada e denota una certa coerenza stilistica. Cambiamo ma restiamo sempre noi, il nostro suono e la nostra identità si riconoscono e questo è positivo. Poi noi non recuperiamo mai quello che viene scartato da altri album.”
– Francesco
“Non è vero! “Caraibi”…[brano contenuto in “L’amore e la violenza vol.2″, ndr]
– Rachele
“Sì, “Caraibi” era nata originariamente per “Sussidiario”, vero… ma resta un’eccezione.”
– Francesco

I brani di El Galactico
I primi tre singoli scelti per introdurre El Galactico, Spogliami, Una storia e L’arte di lasciar andare, avevano trasmesso un’idea piuttosto chiara dell’intero lavoro. In questo senso, nessuna sorpresa: tutti gli altri brani sono allo stesso modo complessi, stratificati e non entrano in testa al primo ascolto. Baustelle docet.
Pesaro
“Eravamo a Pesaro per suonare all’alba a un concerto. Siamo arrivati il giorno prima, in una sera magnifica di inizio estate, e appena entrato in hotel ho ricevuto una chiamata in cui mi è stata comunicata una notizia tragica.
Credo che la canzone parli di questo, del provare dolore profondo mentre fuori splende il sole; e mentre vorresti morire, essere altrove, lontano dagli ombrelloni, dal vociare della gente, dall’azzurro e dal celeste, riuscire invece a trovare in qualche modo un appiglio per stare in piedi e continuare ad amare.”
Canzone Verde, Amore Tossico
Vi ricordate “Le Rane”? L’ambientazione è la stessa. Anche stavolta quei laghetti raccontano del tempo che fugge e dei segni che lascia, ma in un modo diverso. Parla di vecchi che governano e del loro egoismo. Parla dell’incapacità che avvolge i giovani e del loro cinismo come arma di sopravvivenza. Parla del pianeta come prima vittima di questo gioco senza vincitori.
Perché io so di vivere
Con il disastro che hai programmato te
Amore tossico
Che hai generato
Un figlio differente da te
Aiutami a salvare il mondo
Che non so distinguere mela da bruco
E al momento risposte non ho.
Filosofia di Moana
“È un personaggio che mi ha sempre affascinato: il suo modo elegante di muoversi dentro l’Impero dell’Oscenità, la sua parabola di diva, di stella cadente, l’aura di tristezza che l’ammantava.
Il porno mi interessa come esempio di mercificazione, come prodotto automatico civiltà occidentale; direi che esso rappresenta forse il modo supremo in cui, nella società dei consumi e dello spettacolo, la bellezza si declina.”
Il brano apre anche una riflessione tra erotismo e pornografia. I Baustelle vogliono sedurre, stimolare la fantasia e regalare un viaggio interpretativo a chi li ascolta. La pornografia non appartiene al loro mondo. Francesco cita le parole di Guccini sul paragone tra “La Locomotiva” e “Gloria” di Tozzi: i Baustelle fanno un lavoro intellettuale durante la scrittura, godono quando ascoltano canzoni che si svelano poco a poco, senza lasciare indovinare cosa viene dopo. Cercano lo stesso nei loro ascoltatori, vogliono impegnarli.
Porno è la bellezza
Se la Storia va veloce
L’imitazione dell’amore
“La sensazione, da ascoltatore di musica italiana, è di assistere a un sovraffollamento di canzoni pop il cui unico oggetto siano le dinamiche amorose. Inoltre mi pare di assistere a un’ invasione di un solo modo di trattare l’amore; un modo “vezzeggiativo” di trattare l’amore che porta alla formazione di un unico grande genere.
Il risultato è che tutto è smussato, che non c’è più giusta differenza, e tutto è uguale e ciò che è diverso e perturbante fa paura e va evitato. “L’amore imitato” è il contrario dell’amore, ed è la metafora di un mondo in cui il desiderio di tutti è quello di essere confortati e non stimolati, il desiderio di essere uguali e non diversi.”
Giulia come stai, Lanzarote e La nebbia non si possono spiegare
Tentare di spiegare questi tre brani sarebbe scorretto. Da una parte ci sono significati facilmente riconoscibili, dall’altra un milione di sensazioni e possibili chiavi di lettura talmente personali e soggettive che è giusto lasciar sedimentare nella coscienza di ognuno. L’immaginazione che si crea con la lettura di un libro a volte delude nella trasposizione cinematografica. Meglio non correre il rischio, godetevi queste tre canzoni a modo vostro.
Ad altri 25 anni così; l’ennesimo inchino ai Baustelle.