A distanza di cinque anni dall’ultimo live all’Ippodromo Snai San Siro, Calcutta torna con una seconda grande festa: stessa venue, stesso caldo, stesse file infernali, un nuovo album, un tour invernale tutto esaurito alle spalle e una fanbase “sempreverde”.
Un karaoke di gruppo è proprio quello che al 100% ci aspetteremmo da un live di Edoardo. Peccato che il karaoke in questione ieri sera abbia superato le decine di migliaia di voci.
E quindi, più che un mega karaoke, il live ha avuto le sembianze di un rito collettivo a tutti gli effetti, tra culto del genere indie, cori da stadio e anche un’insolita e apprezzata piega elettronica.
Rito collettivo coerentemente aperto dal brano “Coro” (apertura anche dell’ultimo disco, prodotto da Laurent Brancowitz, chitarrista dei Phoenix, per intenderci). La scaletta salta agilmente dai brani cult di “Mainstream” (il 2016 sembra non essersene mai andato via e non potremmo esserne più felici), facendo qualche piccola sosta nella dimensione di “Evergreen”, per poi arrivare ai nuovi brani di “Relax”. Salti temporali e rollercoaster emotivo assicurato durante l’esecuzione della magica triade “Orgasmo-Milano-Limonata”, per non parlare della versione al piano di “Le barche”. I veri nostalgici non dimenticano.
I visual, tra genio e follia.
Altra postilla doverosa: i visual dei live di Calcutta sono un unicum e anche questo tour estivo non ammette eccezioni. Grafiche retrò, low-fi e geolocalizzazioni randomiche (ma neanche troppo) si susseguono fondendosi ad altre grafiche più psichedeliche e futuristiche. Un’ironia studiata che investe anche la dimensione visiva e che coincide con l’idea artistica del cantautore di Latina. Non mancano infatti, tra un intervallo e l’altro, le provocazioni sottili e le interazioni impacciate di Edoardo con il pubblico, il vero protagonista del live.
Calcutta live all’Ippodromo Snai San Siro è elogio all’imperfezione e alla condivisione, in netta antitesi con l’industria musicale dell’ostentazione e dell’ego.
Appare un tabellone che scandisce un conto alla rovescia alla fine del live. È il momento dei saluti. Ci diamo la buonanotte così, “tutti falliti, tutti esauriti” e tutti molto sudati (con aggiunta extra di ben due bis dei primi pezzi in scaletta per coloro che non sono riusciti a entrare in tempo per l’inizio tassativo delle 21.20).
Ci risvegliamo di colpo da un sogno di mezza estate, senza voce e destabilizzati dalla velocità e intensità con cui tutto ciò è giunto al termine. Il “Dario Hübner” della musica italiana non si è smentito, neanche a distanza di 5 anni.