In un contesto sociale dove le disuguaglianze sono sempre più nette, la riflessione sulla relazione che vige tra talento ed estrazione sociale sorge spontanea.
Crescere in periferia significa vivere un’infanzia ed un’adolescenza certamente diverse da chi è abituato ad un contesto più abbiente. La periferia è purtroppo spesso legata a delinquenza ed ignoranza, dove per la “legge della sopravvivenza” ci si ritrova a dover scegliere se uniformarsi al branco o essere le prede, ed è da questo background che nascono tante canzoni della scena urban.
Quando sei povero è oggettivo il fatto che non hai le stesse possibilità di emergere, soprattutto nella musica. Studi, lezioni, strumenti, prove… appartenere ad un ceto più alto, avere i giusti contatti e la giusta spinta economica rende il percorso sicuramente più semplice e avvantaggiato. Parallelamente all’aspetto economico, il fattore più incisivo che pesa a livello mentale, soprattutto da più giovani e immaturi, è quello sociale.
Dire di voler fare l’artista in un contesto di strada, dove l’obiettivo è la sopravvivenza, è quasi una condanna a morte. E’ come un esporsi sul palco per ricevere sberle in faccia, in una piazzetta di zona dove i ragazzini son costretti a sporcarsi le mani perché è così che sono stati abituati.
Quali sono i talenti che vengono dalla periferia?
Partendo da questi retroscena, chi è riuscito a farsi valere e a creare una propria identità costruendosi da solo ha sicuramente una marcia in più, a livello di indipendenza e caparbietà verso i propri obiettivi. Non si parla di talento in quanto voce o tecnica, ma in quanto all’avere una storia, una voce che risuona.
Potremmo fare una lista infinita di talenti della scena internazionale e italiana provengono dalla periferia: un nome su tutti Eminem. Chi ha visto 8mile ha ben chiaro il degrado della periferia di Detroit. Armi da fuoco, violenza, droga, uno scenario dove la musica è stata capro espiatorio per tirarsi su.
In Italia come negli States questa situazione accomuna soprattutto i cantanti della scena urban, dove la vita di periferia è raccontata senza filtri, proprio per far immedesimare e suscitare una reazione in chi non la vive.
Baby Gang è il più vociferato sulla scena: a 22 anni ha trascorso quasi metà dei suoi anni girando tra carceri e comunità. Nonostante ciò utilizza la musica come arma per cantare il male della periferia, per portare l’arte nelle carceri, dove la creatività viene uccisa. Neima Ezza da un contesto simile: case popolari, degrado e voglia di rivalsa. Anche Izi decide da minorenne di lasciare casa e vagabondare in cerca della propria strada.
Ciò che rende la gente della periferia più talentuosa è la luce che riesce ad emanare nonostante un contesto oscuro, la forza prorompente della musica, che diventa salvezza per chi pensava che una via d’uscita dal quartiere non l’avrebbe mai trovata.