Vedere i Wolf Alice dal vivo è sempre un estratto di emozione pura e incontenibile.
Significa riscoprire emozioni adolescenziali scolpite nell’inconscio collettivo di tutti, ricordare i lati agrodolci delle amicizie oltre a quelli inflazionati dell’amore, gridare solo perché ci va di farlo. I Wolf Alice portano a galla l’adolescente che risiede in ognuno di noi: non quello stupido ma quello ribelle e immaturo che inizia a fare i conti con le proprie emozioni, imparando a prendere le misure con una bella quota di scottature impreviste.
Insomma, è difficile che i Wolf Alice non finiscano per parlare di te.
La discografia dei Wolf Alice conta 4 album fin qui, eppure la loro ricchezza e profondità lascia la sensazione che alla scaletta manchi qualcosina. Pezzi come “Delicious Things” o “No Hard Feelings” meriterebbero di stare in ogni concerto, ma il fatto che manchino non è una critica quanto più un segnale della qualità estrema mantenuta dalla band in tutta la loro produzione. Trovare un pezzo non riuscito all’interno di questi 4 album è sostanzialmente impossibile; tutt’al più si possono trovare brani che non ci piacciono a causa degli estremi toccati dai Wolf Alice.
A conferma di questo, si nota come le canzoni di “The Clearing” siano già entrate nel cuore dei fan, accolte con lo stesso entusiasmo delle pietre miliari “Bros”, “Silk” o “Don’t Delete the Kisses“.
A memoria, è difficile ricordare un’altra band che eccelle in questo modo nel passare dalla potenza heavy metal di “Yuk Foo” (cantata col megafono) alla delicatezza soffice di “The Sofa” o “Play it out”.
Tutto con una naturalezza disarmante.
Il live, come spesso accade, ci permette anche di cogliere delle sfumature nuove: le prime arrivano proprio da “Play it out”, che dal vivo riesce ad essere avvolgente, calda, una canzone che ti conquista con una carezza dopo l’altra, estremizzando sensazioni che in cuffia arrivano molto più attenuate.
Anche un altro brano dell’ultimo album “The Clearing” ha la stessa caratteristica: “White Horses”. Ascoltandolo dal disco non si ha fino in fondo la percezione di collettività, di celebrazione della comunità che si percepisce dal vivo. Paradossale, per una canzone che parla dell’accettazione di sé stessi e del sentirsi a casa ovunque perché “noi siamo la nostra casa”. Il modo in cui i Wolf Alice portano questo brano sul palco però ci dice tutt’altro: è meravigliosa l’armonia in cui tutte le voci sono coinvolte nel canto, restituendoci una sensazione di fratellanza.
La presenza scenica ha subito un’evoluzione rispetto a qualche anno fa, ma senza snaturarsi. Da una concezione di indie rock molto essenziale si è arrivati a una scenografia che esalta il magnetismo della band e il fascino di Ellie, figura angelica dal talento sovrannaturale custodita dai pretoriani Theo e Joff.
Il segreto dei Wolf Alice si palesa poi in “Safe From Heartbreak (If You Never Fall in Love)”, lo stesso segreto che avevamo visto nei loro occhi quando li abbiamo intervistati: la gioia del suonare insieme. Da 13 anni I Wolf Alice sono sempre gli stessi, si stanno godendo ogni secondo del loro percorso insieme e questo affiatamento si sente a tal punto da fare la differenza nei loro live.
La scaletta del concerto dei Wolf Alice all’Alcatraz di Milano
- Thorns
- Bloom Baby Bloom
- White Horses
- Formidable Cool
- Just Two Girls
- Leaning Against the Wall
- How Can I Make It OK?
- The Sofa
- Bros
- You’re a Germ
- Safe From Heartbreak (If You Never Fall in Love)
- Safe in the World
- Bread Butter Tea Sugar
- Yuk Foo
- Play the Greatest Hits
- Silk
- Play It Out
- Giant Peach
- Smile
- The Last Man on Earth
- Don’t Delete the Kisses









