One Night Only: la trap di Sfera e Shiva conquista Milano

da | Set 15, 2025 | #Cromosomiintour

Milano, “One Night Only”: Sfera Ebbasta e Shiva trasformano la Fiera in un manifesto generazionale, tra luci, droni e rime che raccontano riscatto e solitudine. Una notte in cui la trap non solo suona, ma prende corpo: potente, vulnerabile e capace di unire mondi lontanissimi.

Sabato 13 settembre Milano non ha semplicemente ospitato un concerto. Alla Fiera Milano Live, Sfera Ebbasta e Shiva hanno acceso una miccia che covava da mesi, sin da quando “SANTANA MONEY GANG” ha infranto record su record: 25 milioni di ascolti in tre giorni, spianando la strada a una data destinata a restare nella memoria della trap italiana.

Un unico palco, una sola notte. Eppure, la sensazione era quella di assistere a un grido generazionale, più che a un semplice live.

Un pubblico incredibilmente eterogeneo ha risposto al richiamo. C’erano liceali con il cellulare sempre in mano, famiglie con bambini sulle spalle, personaggi di OnlyFans, gruppi di amiche con cartelloni, “maranza” con la visiera d’ordinanza e persino gente elegante. È questo il vero segreto della trap: non conosce confini sociali. Da linguaggio di periferia a fenomeno popolare, oggi è un collante che unisce mondi che fino a pochi anni fa non si sarebbero nemmeno sfiorati.

One Night Only: Quarantadue scariche di energia pura

La scaletta è stata un’autentica maratona: quarantadue brani, tra singoli iconici e medley serratissimi. Un live che non concedeva tregua, pensato per lasciare senza fiato. L’inizio, con pezzi come “ALLELUIA” e “G63”, ha fatto capire subito la direzione: un attacco frontale, un pugno che ha scosso il pubblico come un’onda d’urto. Le prime canzoni sono una dichiarazione di forza, quasi un “siamo qui e non abbiamo intenzione di abbassare il volume”.

Poi la serata si è addentrata nei grandi classici da club: “CALCOLATRICI”, “NON È EASY”, “SERPENTI A SONAGLI”. Qui il ritmo si fa serrato, l’adrenalina sale. Ogni drop è un richiamo alle notti passate a contare soldi veri e problemi veri. È la narrazione della strada che diventa spettacolo, ma senza mai perdere il suo odore di asfalto.

Poi “SOLDI IN NERO”, “BANG BANG”, “TUTTO O NADA”, “SOLDI PULITI” e “PIOVE” hanno portato il racconto su un terreno ancora più crudo: il denaro come ossessione, il riscatto come unica via. È il lato più spigoloso della trap, quello che non chiede scusa a nessuno. E il pubblico, da chi viene dalla periferia a chi ne ha solo sentito parlare, canta, salta, partecipa, come se quelle storie appartenessero a tutti.

Milano come Gotham City

Nel pieno del live, l’apparizione del simbolo “SMG – Santana Money Gang” disegnato dai droni ha avuto l’impatto di un vero e proprio richiamo. Una specie di Bat-segnale che ha acceso l’immaginario: come se Milano fosse la Gotham italiana e Sfera e Shiva i suoi eroi, o, meglio, i suoi anti-eroi, chiamati a rispondere.

Non è un caso che proprio loro due incarnino questa metafora urbana. La loro musica nasce dal cemento, racconta di quartieri che lottano per farsi sentire. Veder comparire quel simbolo nel cielo è stato come assistere a un rito: un segno che la periferia, quella che spesso si vuole zittire, stava invece dominando il centro della città, sotto gli occhi di tutti.

Ferite nascoste sotto la pelle del beat

Non è però solo un concerto di muscoli e bassi. La potenza della serata è stata anche nella capacità di scivolare, a tratti, in una dimensione più intima. Pezzi come “SEI PERSA” hanno rivelato la parte vulnerabile dei due protagonisti.

In quella canzone si sente la fatica di chi prova a costruire un amore mentre il mondo intorno pretende solo velocità e denaro. È il racconto di un sentimento che non riesce a stare al passo con il ritmo delle strade: parole che portano in superficie le crepe nascoste sotto l’oro e le catene.

L’effetto è quasi straniante: migliaia di persone saltano e urlano, ma in quel momento si crea un silenzio interiore. È la prova che la trap, quando vuole, sa essere confessionale, capace di far emergere la fragilità di chi l’ha resa un fenomeno.

Dopo questa parentesi emotiva, la scaletta riparte con la furia di “XDVR”, “GIURO SU DIO” e “PANETTE”, fino a “TAKE 4” e “MERCEDES NERO”. Qui la trap torna alla sua natura primordiale: rabbia, competizione, bisogno di affermarsi. Le rime corrono come proiettili e la folla risponde. È la celebrazione di chi è riuscito a trasformare l’underground in mainstream, mantenendo intatto l’orgoglio delle origini.

Blocchi e cicatrici di chi ce l’ha fatta

Quando arriva “VDLC”, il mood cambia di nuovo. È un brano che scava nel rapporto con la famiglia, con l’infanzia, con un passato che non si cancella. C’è la consapevolezza di una crescita forzata, di notti insonni, di mancanze che restano addosso anche quando il successo porta denaro e fama. La figura materna diventa simbolo di resistenza: chi ascolta percepisce la durezza della strada e, allo stesso tempo, l’orgoglio di chi è riuscito a emergere senza compromessi.

È un momento che ti prende allo stomaco. Ti ricorda che dietro i diamanti e i sold-out c’è una generazione che ha imparato a cavarsela da sola, e che porta quelle cicatrici come medaglie.

Poi arriva “VVS CARTIER”, una hit. Qui il diamante diventa metafora perfetta: un bagliore che acceca, ma che non colma i vuoti interiori. Si avverte la fame di legami autentici, il desiderio di un amore che resti saldo nonostante il caos. Il contrasto è evidente: sotto le luci abbaglianti c’è la solitudine di chi ha tutto, ma sa che quel tutto non basta.

Fratellanza sul palco: gratitudine e orgoglio

Shiva si prende la scena con “PARANOIA” e “TAKE 5” prima di esplodere insieme a Kid Yugi in GOTHAM. Milano come una metropoli cupa e magnetica, Shiva nei panni del Batman della trap. La scaletta si arricchisce di ospiti: “6 AM” e poi “POLVERE” con Tony Boy. 

Sfera che si riprende il centro con “BOTTIGLIE PRIVÉ”. L’ingresso di Marra, baffo nuovo di zecca, è accolto da un boato. Sfera lo ringrazia pubblicamente per essere stato il primo a credere in lui, ai tempi di Roccia Music. Tedua invece si complimenta con Sfera per la sua recente ospitata da Drake al Forum, riconoscendo come la trap italiana sia ormai pronta a giocare in un campionato internazionale.

Shiva, fedele al suo personaggio, dice poche parole: “Mi esprimo meglio con le canzoni, ma questa sera è la vittoria della trap”. E in quel silenzio pesante di significato si coglie tutta la consapevolezza di un traguardo.

Oltre il concerto: la trap come racconto collettivo

Verso la fine, la scaletta alterna romanticismo e cruda realtà. “CUPIDO” porta una ventata di leggerezza, un gioco di seduzione che, però, non rinuncia a una punta di ironia. È la conferma che anche i “bad boys” della trap sanno parlare di amore, seppur a modo loro.

Tornano i droni componendo in cielo “SANTANA MONEY GANG” e poi un gigantesco “Grazie” nei colori della bandiera italiana. Ma la sensazione è stata chiara: quella non era soltanto una festa per fan accaniti, ma un momento collettivo di consacrazione. La trap, finalmente, si è presa la città, tutta intera.

“NEON”, infine, è un addio che brucia. Un brano che parla di amori finiti e luci artificiali che non riescono a scaldare. È la chiusura perfetta: dopo un viaggio fatto di euforia e potenza, resta un velo di malinconia che accompagna il pubblico verso l’uscita. 

Sfera Ebbasta e Shiva hanno raccontato un pezzo di Italia contemporanea: periferie che non si arrendono, amori che bruciano e si consumano, il sogno di un riscatto che non perde mai la sua urgenza.

Quella del 13 settembre non è stata solo una “vittoria della trap”, come ha detto Shiva. È stata la prova che questo genere nato per urlare il disagio e per rivendicare spazio, oggi sa parlare a tutti, senza tradire se stesso.

La notte di Milano resterà un punto di riferimento: non solo per chi c’era, ma per chi vuole capire dove sta andando la musica italiana.

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