Il panorama del funky si è arricchito di un nuovo pezzo: è fuori dal 24 gennaio Funkazzista, il nuovo singolo di Kashmere! In occasione della sua uscita, noi di Cromosomi abbiamo fatto due chiacchiere con l’artista, esplorando le sue origini, il processo artistico che ha portato al nuovo singolo e, infine, il rapporto con il Maestro del funky, Pino D’Angiò.
Kashmere, al secolo Luigi Maglione, dimostra già dalla scelta del nome d’arte una arguzia non indifferente, la stessa che si ritrova poi nella sua discografia. L’artista classe 2000 esordisce nel 2022 con il suo primo singolo “James Brown”, a cui sono seguiti altri progetti, uno fra tutti la partecipazione ad Area Sanremo, in cui arriva in finale. Il suo sound ha sfaccettature funky, con influenze pop e soul.
Il funky è un genere di nicchia, oseremmo dire: cosa ti ha spinto ad avvicinartici?
Più che altro si tratta di “chi” mi ha influenzato. Quando ero piccolo era mio padre a farmi ascoltare Prince, Michael Jackson e tanti altri pilastri della black music. Per me è stato amore a primo ascolto. Crescendo, dopo aver cominciato a scrivere le mie prime canzonette durante l’adolescenza, ho approfondito ancora più nel dettaglio il mondo del funky, mantenendo l’entusiasmo del bambino che rimaneva ammaliato quando il padre gli faceva ascoltare “Thriller”, e ho capito che avrei voluto dedicarmi ad una musica ispirata a quelle sonorità.
L’inno al “funkazzismo” di Kashmere
Fin dal primo ascolto, Funkazzista regala una botta di energia unica: Kashmere è scatenato e spensierato, e attraverso il groove del suo nuovo singolo trasmette le stesse vibes a chi lo ascolta. Per due minuti non ci sono preoccupazioni, c’è solo la pista da ballo e la voglia (o necessità?) di abbandonarsi alla musica senza inibizioni.
Sono un Funkazzista, brillo sulla pista. Ho caricato già le pile, ti divertirò!
Il tuo nuovo singolo è spensierato e coinvolgente, il messaggio arriva forte e chiaro all’orecchio del pubblico. Cosa significa per te essere un “funkazzista” nello specifico?
Significa essere sé stessi, senza mai prendersi troppo sul serio, sbattendosene del giudizio degli altri. Ma è anche un invito a ballare senza vergogna per liberarsi dalle tensioni, almeno per un po’. È un brano che mi rappresenta molto. Nulla a che fare con il comune “fancazzismo” apatico o inconcludente. Mi riferisco, invece, ad un modo di vivere “Funky”, in cui ci si lascia andare, con spirito gioioso e ironico, per godere il presente con un sorriso.
Con la sua positività, il nuovo pezzo di Kashmere sembra proprio essere la chiave di volta in quelle giornate un po’ uggiose in cui tutto va storto: il significato è lampante e non lascia spazio a incomprensioni, decisamente un pro che esalta l’immediatezza del brano. Il basso fa da colonna portante, grazie al pattern sincopato tipico del genere funk; ad arricchire la struttura melodica del pezzo, infine, i fiati e i loro stacchi, assoli e riff ricorrenti. Insomma, tutto contribuisce a creare un groove esplosivo e contagioso.
Qual è stata la miccia che ha dato vita al pezzo? Intendo il preciso momento che ha ispirato “Funkazzista”…
Non credo ce ne sia stato uno nello specifico, ma penso che siano vari gli episodi che lo hanno ispirato. Quando mi capita di uscire la sera mi rendo conto di essere sempre uno dei pochi “sobri” a scatenarsi ugualmente sulla pista da ballo. La cosa fa molto sorridere, soprattutto i miei amici, e penso che tali circostanze abbiano inconsciamente suscitato in me l’idea creativa di “Funkazzista”.
L’esperienza fianco a fianco con Pino D’Angiò
Kashmere ha persino collaborato alla realizzazione dell’ultimo album di Pino D’Angiò, “Funky Maestro”, pubblicato postumo. Non solo: è stato addirittura nominato dallo stesso Re della disco music italiana “il suo erede”! Il rapporto di amicizia con l’astro del funky italiano suscita molta curiosità, che noi di Cromosomi abbiamo cercato di soddisfare!
Tu e Pino D’Angiò avete lavorato insieme al suo ultimo album, pubblicato postumo, “Funky Maestro”. Com’è nata la vostra collaborazione e in che modo vi siete arricchiti a vicenda?
Io e Pino ci siamo conosciuti all’inizio del 2022… Ero andato a vedere un suo concerto allo Studio Foce di Lugano con alcuni amici e, guarda caso, poco prima del live stavamo mangiando entrambi nello stesso ristorante. Abbiamo scambiato due chiacchiere e, grazie ad una chiavetta con alcuni miei brani inediti che avevo deciso di lasciargli, siamo riusciti a rimanere in contatto. Da quel momento non è cominciata soltanto la nostra collaborazione professionale, ma un’amicizia autentica, sincera e leale, che ci ha permesso di continuare a lavorare insieme con grande affiatamento Io ho cercato di assorbire più insegnamenti possibili dalla sua esperienza, sapendo quanto potessi imparare da un Maestro come Pino. Eppure, anche lui, con grande modestia, ci teneva a farmi notare quanto fossi capace di stimolarlo a guardare le cose secondo prospettive diverse. Nutrivamo molta stima l’uno nei confronti dell’altro. Lavoravamo bene insieme perché ci trovavamo quasi sempre sulla stessa lunghezza d’onda. Difficile spiegare parole il legame che ci teneva uniti… Posso soltanto affermare con certezza che per me collaborare con Pino è stata una scuola, oltre che un pretesto per costruire una delle più belle amicizie che abbia mai vissuto.
Siamo tutti curiosi di scoprire chi fosse Pino oltre il personaggio. C’è un momento a cui sei particolarmente legato che vorresti condividere con noi?
Ce ne sono talmente tanti che mi trovo davvero in difficoltà a sceglierne soltanto uno… Tra i momenti passati a ridere e scherzare come pazzi durante le giornate di relax fuori dallo studio di registrazione, i pranzi e le cene a casa sua, coccolati dalla moglie Maria Teresa, le partite a boccette mentre aspettavamo di sederci a tavola… Ci sono tanti ricordi che porterò per sempre con me e che custodisco gelosamente. Impossibile dimenticare l’umiltà con cui si poneva nei confronti di chiunque, la sua cortesia, il suo animo così buono e gentile, seppur deciso e consapevole. Ma più di tutto, la sua ironia, instancabile e geniale. Ci divertivamo ad imitare i dialetti e gli accenti italiani più buffi, inventando parole incomprensibili, continuavamo a farlo anche in studio tra un’incisione e l’altra. Capitava che, alla fine di una giornata di lavoro, senza che ce ne accorgessimo, persino l’arrangiatore in nostra compagnia iniziava a parlare come noi… Lo contagiavamo con le nostre stupidaggini! Sono stati due anni bellissimi!
Anche solo attraverso una breve intervista, Kashmere è riuscito a trasmettere la vera essenza del Funkazzista: autentico, energico e positivamente menefreghista. Un vero “chill guy”, insomma! L’erede è ufficialmente in pista: fatevi abbracciare dal funky e scatenatevi anche voi sulle note di Funkazzista, questo il link: