Gazzelle ha un dono raro: riesce a trasformare le emozioni di un’intera generazione in parole che sembrano scritte per ognuno di noi. Con il suo linguaggio diretto e mai banale, parla a tutti quei ragazzi che cercano di navigare tra sogni, paure e fragilità. Per l’uscita di Come il pane, però, l’artista ha deciso di fare le cose in grande, riempiendo Roma di misteriosi indizi.
Ieri sera poi ha presentato in anteprima il nuovo brano Come il pane, durante il sesto live di X Factor, tornando sotto i riflettori con questa canzone che tocca il nostro lato più intimo. Prodotto dal fidato Federico Nardelli e disponibile in radio e su tutte le piattaforme digitali da oggi 29 novembre, Come il pane è molto più di un semplice singolo: è uno specchio delle emozioni che spesso nascondiamo dietro bugie rassicuranti.
Gazzelle racconta quei momenti in cui ci costringiamo a sembrare felici per paura di affrontare il caos.
“Stavo lavorando a questa canzone, senza saperlo, da tutta la vita. Il dolore? Dicono che serva sempre. Io non lo so, ma ogni tanto guardo il cielo e mi sento come questa canzone al minuto ‘2:40’”
Il brano, con la sua melodia avvolgente e i testi diretti, ci fa sentire l’accettazione e la vulnerabilità, senza mai perdere quella vena nostalgica che è ormai il marchio di fabbrica di Gazzelle. È una riflessione sulla vita, sulle relazioni e su quel disordine inevitabile che ci sforziamo di tenere lontano, ma che prima o poi ci travolge.
Come il pane di Gazzelle: un brano che insegna a non avere rimpianti
Il brano è un mosaico di immagini quotidiane e sentimenti complessi, un dialogo intimo con se stessi e con l’altro, intriso di malinconia e consapevolezza. La prima strofa introduce il tema centrale del brano: il rapporto con il mondo e con una persona “speciale”. Gazzelle alterna momenti di introspezione a osservazioni sull’altro, descritto con due occhi “come il mare, troppo pieni da svuotare”. Questo paragone nasconde la tensione tra il desiderio di connettersi e l’incapacità di decifrare l’altro.
Il ritornello è come un mantra di accettazione che, però, non nasconde il dolore. C’è la rassegnazione consapevole: ogni errore è parte di un percorso inevitabile. Eppure, la fragilità emerge in quella finta serenità, una maschera che indossiamo, fingendo che vada sempre tutto bene. Molti possono riconoscere questo comportamento nella loro esperienza personale.
Ma adesso non c’è niente che cambierei
Ed ogni sbaglio lo rifarei
Ed ogni notte io dormirei
Accanto ai tuoi occhi lucidi
Ma poi di nuovo non capirei
E tu diresti che è tutto okay
E io farei ancora finta di stare bene comunque
Flavio dopo amplia lo sguardo dal personale all’universale. Riflette sul mondo che lo circonda, criticando la superficialità di chi si svende per “poco cash”. In contrasto, si interroga sul valore dei propri sogni, un dilemma esistenziale che si intreccia con un senso di insicurezza. La figura dell’altro, però, rimane un punto fisso: quegli “occhi come il pane” tra bontà e semplicità, sono quasi un rifugio in un contesto confuso.
Nonostante la densità emotiva, il brano non si abbandona mai al melodramma. La sua voce alleggerisce l’atmosfera caratteristica stilistica di Gazzelle: rendere universali anche le emozioni più personali, senza mai appesantire la narrazione.
Come il pane si chiude con una ripetizione della parola “comunque”, quasi fosse un punto fermo e, al tempo stesso, un’apertura verso il futuro. È l’accettazione di una realtà imperfetta, ma inevitabile. Flavio lascia spazio all’ascoltatore per riempire il vuoto con la propria interpretazione, rendendo la fine ancora più intima e condivisibile.