L’evoluzione della musica femminista

da | Nov 25, 2024 | News

“Io cambierò le cose che non posso accettare”, diceva Angela Davis. Così la musica femminista, pur cambiando generi e ritornelli, continua a esistere per essere veicolo di riflessione e cambiamento sociale

La musica da sempre svolge un ruolo significativo nei movimenti sociali, essendo uno strumento potente per esprimere esperienze collettive, ispirare il cambiamento ed emancipare le persone. In particolare, nel campo del movimento femminista, esiste una grande varietà di canzoni che sono inni di forza, resilienza e liberazione femminile.

Già partendo dall’opera lirica di sono personaggi femminili che si distinguono per essere in grado di ribellarsi alle convenzioni sociali ed uscire da un’idea retrograda. Non eroine con super-poteri: donne comuni, donne intelligenti, che sanno lottare, ragionare, decidere. Donne che non si lasciano circoscrivere al ruolo di fanciulla che deve essere salvata e amata da un uomo. Prima tra tutte, e forse la più famosa, Carmen, simbolo del rifiuto delle convenzioni sociali, nell’opera di Bizet, rappresenta l’emblema di donna indipendente, affascinante e indomabile.

Dall’opera, ai brani melodici di Nina Simone, passando per Patti Smith a pezzi come Independent Woman delle Destiny’s Child, all’iconica Mia Martini con Donna, tantissimi artisti e, soprattutto, artiste di tutto il mondo hanno contribuito in modo significativo al movimento femminista attraverso le loro canzoni. Chi in modo più retorico, chi in modo più efficace, hanno alzato la voce e portato un messaggio di cambiamento.

Sono molti gli esempi di femminismo, lotta al patriarcato, ai tabù, alla violenza e discriminazione nella musica di ogni genere

Prima fra tutte Nina Simone in Feeling Good, con la sua voce affascinante, guida l’ascoltatore in un viaggio di auto-affermazione, cattura l’essenza della liberazione dai vincoli sociali e spinge all’accettazione della propria forza personale, un sentimento che risuonava profondamente nel movimento femminista. Sempre lei, in Four Women, raccontava la storia di quattro donne costrette a subire violenze dagli uomini e dalla società. Quattro donne che non si piegano nonostante le umiliazioni che sono costrette a subire. Quella canzone uscì nel 1966 ed era simbolo di ribellione e protesta nel pieno di un clima sociale in cui le donne chiedevano emancipazione, diritti e rispetto.

Restando negli anni Sessanta, parlava di rispetto per le donne, con voce potente ed energica, Aretha Franklin nella canzone Respect di Otis Redding. La Franklin con tutta la sua grinta e la sua consapevolezza, cantava il suo orgoglio femminile. Mostrando forza e coraggio, in un’epoca in cui femministe e afroamericani nutrivano lo stesso desiderio di rivalsa e di combattere contro le restrizioni sociali a loro discapito.

Lo stesso accostamento tra la condizione sociale delle donne e degli afroamericani lo fece John Lennon con Yoko Ono in Woman Is The Nigger Of The World. Le donne come gli schiavi dei secoli scorsi: così denunciava la condizione di asservimento delle donne nelle diverse culture mondiali. Lennon confessò di aver subito lui stesso i condizionamenti del maschilismo e di aver accettato le istanze del movimento femminista solo dopo l’incontro con Yoko Ono, alla quale ha dedicato anche l’indimenticabile poesia Woman.

Io non accetterò più le cose che non posso cambiare, io cambierò le cose che non posso accettare”, diceva Angela Davis

In segno di protesta in seguito alle accuse vergognose e assurde rivolte contro di lei, due canzoni le sono state dedicate. Una sempre di Lennon, Angela, l’altra Sweet Black Angel dei Rolling Stones.

In prima fila nel supportare il femminismo globale, attiva nelle campagne di beneficenza e in quelle per cause umanitarie, attiva e impegnata politicamente, era Annie Lennox , una donna dalla personalità forte e tenace. Un artista che con il suo stesso personaggio era veicolo di speranza e incoraggiamento a fare sempre di più e sempre meglio per superare il concetto di differenza di genere.

Come lei anche Sinéad O’Connor e Tori Amos, sono state artiste che hanno fatto parte della musica femminista non solo per le loro canzoni. Ma schierandosi a favore della libertà di opinione, dell’emancipazione e della lotta per i propri ideali, senza convenzioni e tabù in ogni gesto e parola.

Tori Amos, in particolare, è una donna che grazie alla sua arte ha dato voce a migliaia di donne che ancora oggi una voce non ce l’hanno. Attraverso la musica e grazie ad essa, nel brano Me and a Gun, ha trovato il coraggio di raccontare una delle esperienze più traumatiche della sua vita: la violenza sessuale. 

Nella musica femminista c’è un ampio filone, più tendente al rock, che parla di violenze, da sempre esercitate principalmente sulle donne, e della rabbia che ne consegue

Julia Stone in Winter On The Weekend racconta una straziante cronaca di violenza sessuale. Nick Cave e Kylie Minogue in Where The Wild Roses Grow nel 1995 parlavano di una storia di femminicidio. I The Police in Every Breathe You Take fanno la cronaca di uno stalking ossessivo, messo in atto da un uomo morboso e pericoloso. Gli Aerosmith in  Janie’s Got A Gun inventa la storia di Janie, una ragazza che si vendica di anni di abusi sessuali da parte del padre uccidendolo con una pistola.

O ancora Joni Mitchell, in The Magdalene Laundries del 1994, rese omaggio alle migliaia di vittime delle “case magdalene”, gli istituti religiosi correzionali irlandesi riservati a donne dalla condotta giudicata “immorale” (rimaste accidentalmente incinte, stuprate o semplicemente ribelli rispetto alle regole della società).

Un’altra faccia della medaglia della musica femminista, molto diversa da quella di protesta, è più legata al genere pop e all’espressione di sé

Un esempio è Superwoman di Alicia Keys che celebra la forza e la resilienza delle donne. Attraverso la sua voce potente, rende omaggio alle capacità multitasking e alla determinazione inarrestabile delle donne. Il testo della canzone vuole ricordare che ogni donna possiede un super-potere interiore capace di creare un cambiamento positivo nel mondo.

Un altro esempio è quello dell’iconica Diana Ross, con I’m Coming Out. Questa canzone è diventata un inno di espressione di sé stessi e liberazione. Il ritmo coinvolgente della canzone celebra l’espressione dell’individualità, incoraggiando a liberarsi dalle aspettative sociali ed abbracciare il proprio vero sé senza timori. Questo l’ha resa un simbolo di emancipazione non solo per le donne, anche per la comunità LGBTQ+ e per chiunque cerchi di abbracciare la propria identità.

Protesta, denuncia, auto-affermazione. Sono gli argomenti che, nella storia, hanno caratterizzato la musica femminista. Oggi qualcosa è cambiato?

Venendo a tempi più recenti, una canzone che grida al mondo la voglia di rispetto dei diritti delle donne, è quella di Tan Weiwei. Una canzone che viene dalla Cina, Xiao JuanUna canzone di ribellione in uno Stato che cerca di tenere unite la famiglie, nascondendo gli abusi e le violenze. 

Un altro esempio recente è Gesù Cristo sono io di Levante. Un brano che ha diviso critica e pubblico, tra chi ha apprezzato la scelta del titolo e chi, invece, l’ha ritenuto inopportuno. Una ballad che racconta del rapporto tra due amanti: lui il carnefice, lei la vittima di abusi, soprusi fisici e psicologici.

Infine una canzone virale, il cui successo si è espanso subito ben oltre il percorso a X Factor di Giulia Mei, è Bandiera. Un manifesto per la libertà di espressione e dell’essere donna oltre i pregiudizi e le imposizioni sociali. Giulia Mei ha raccontato su Instagram che il brano è nato una sera che tornava a casa e ha avuto paura. Un’esperienza condivisa giornalmente da tantissime donne. 

Della mia fica farò una bandiera

Che brillerà nella notte scura

Dice il ritornello di questa canzone che, oltre ad essere diventato virale sui social, è ideato dall’autrice proprio per essere come un mantra. Da una parte ricorda gli slogan delle manifestazioni femministe degli anni ’70. Dall’altra sembra la “popizzazione”, intesa come semplificazione, estrema di argomenti ben più seri e strutturali.

Non sono cambiati gli argomenti della musica femminista di oggi, così come non sono cambiate le lotte delle donne per riconoscimento dei diritti, libertà dalla paura, denuncia delle violenze e libera espressione di sé.

Da Nina Simone a Tan Weiwei, sicuramente sono cambiati i generi musicali con cui ci esprimiamo. Da Annie Lennox a Giulia Mei, sicuramente sono cambiate le parole che usiamo. La musica femminista continua a esistere e cantare sempre per lo stesso (triste) motivo.

La Playlist di Cromosomi