L’indie è morto? Lunga vita all’indie! Cosa ci resta oggi di un genere musicale che per molti non esiste più

da | Ago 7, 2024 | News

C'è chi dice che oggi l'indie è morto (spoiler: uno di questi è Calcutta). Ma è davvero così? Qual è il significato della musica indie nel 2024?

Qual è il contrario di Mainstream? E no, non stiamo parlando dell’album di Calcutta (ma ci arriveremo). Non è facile rispondere a questa domanda, ma se parliamo di musica forse una possibile soluzione è, o dovrebbe essere, l’indie.

La fenomenologia della musica indie: definizione e controversie

Nemmeno parlare di cos’è la musica indie è semplice: già nel suo significato si incontra un ostacolo, perché l’indie è forse l’unico genere musicale che non si può descrivere sulla base di ciò che è, ma piuttosto va inquadrato chiarendo quello che NON è. Affidandosi alla saggezza di Wikipedia, la definizione che ci viene restituita è:

“La musica indipendente, o musica indie o semplicemente indie, è una definizione che include un’ampia selezione di artisti rappresentativi della musica alternativa o di una cultura underground, il cui lavoro può essere autoprodotto oppure supportato da etichette discografiche indipendenti (…), non rapportabili, sia per aspetti legati alla notorietà che culturali, alle cosiddette major.”

E se non è facile parlare di cos’è l’indie, figuriamoci parlare della sua presunta e chiacchieratissima morte (grazie Redazione per avermi affidato questo articolo così basic ad agosto).

Dunque, è vero che l’indie è morto?

Se andiamo a guardare la sua definizione da vocabolario, sembra che nella fenomenologia dell’indie sia implicita una dinamica aut aut: un singolo, un cantautore, un album O è indie O ha successo. Le due cose, dunque, non possono coesistere?

Diciamoci la verità. Prima dell’esplosione di Calcutta, l’indie, per sua stessa definizione, era considerata da molti una “musica da sfigati”, ovvero quella che non conosceva nessuno. Il suo successo l’ha trasformata radicalmente in un fenomeno mainstream, privandola dunque della sua connotazione originale, che in primis la caratterizzava. Per questo molti oggi parlano, appunto, di “morte dell’indie“.

Chi ha ucciso l’indie? Ce lo dice Calcutta

Sul decesso dell’indie ha detto la sua anche Calcutta in un’intervista del 2019 su Vanity Fair. In poche, semplici e schiette parole ha catturato perfettamente l’evoluzione di questo genere e quello che prevedeva essere il suo futuro. Nell’intervista si legge:

“Cosa mi manchi a fare”, il mio pezzo, è stato passato da Linus (…) a Radio Deejay, e questo ha permesso forse di accendere un interesse verso il nuovo pop italiano. Io conoscevo solo Cosmo e Motta. Ma non mi ricordo una mandria di artisti di questo tipo. Si è creato prima il mercato e poi la scena indie. E per questo finirà tutto: perché è finto. Molte cose di questa musica non sono spontanee. Non che siano brutte canzoni, ma ormai si cerca di ricreare sempre la stessa cosa.

Calcutta, in un’intervista a Vanity Fair

Ad uccidere la musica indie quindi è stato il pubblico, che l’ha trasformata in una vera e propria moda? Oppure il mercato musicale che ha imposto le sue logiche produttive a un genere che prima ne era totalmente libero?

La musica è un fenomeno culturale che viaggia e diventa virale grazie al passaparola. Il suo successo si fonda sul nostro desiderio di condividere con gli altri ciò che ci piace. Se amo un artista, perché non dovrei consigliarlo alle persone attorno a me? Perché non dovrei volere il suo successo? È davvero questa condivisione che porta un artista al di fuori della nicchia a provocare la morte dell’indie?

Probabilmente il peso maggiore va invece attribuito all’industria discografica che ha intravisto nella (ex?) musica indie un ottimo ritorno economico e l’ha trattata come un trend di mercato da sfruttare. Prendi allora un giovane artista semi-sconosciuto, il cui più grande desiderio al mondo è far conoscere la sua musica. Fallo incontrare con un’etichetta che ha bisogno di sfornare novità a un ritmo incalzante per rimanere competitiva sul mercato: il match, almeno all’inizio, è perfetto.

Il rischio di questo incontro, come ha ben sottolineato Calcutta, è che la logica di Marketing prenda il sopravvento. Si finisce così a spremere un artista e a produrre, così, brani che sono la copia di una copia di una copia: un cane che si morde la coda da solo, un fiammifero che brucia e di sé non lascia nulla. Ecco come muore una moda. Ecco perché l’indie sarebbe morto.

Cosa ci resta se l’indie è morto: fare indie music nel 2024

Da un lato è innegabile che la popolarità dell’indie l’abbia portata ben al di fuori della nicchia a cui era originariamente destinata, svestendola dell’essenza della sua definizione. Dall’altro possiamo provare ad applicare anche alla musica una regola della chimica, la prima legge Lavoisier, che viene spesso parafrasata con la frase: Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”.

E così se oggi proviamo ad aprire una qualsiasi playlist indie su Spotify non troviamo solo i nomi ormai conosciutissimi nel grande pubblico come Frah Quintale, Gazzelle, Fulminacci o lo stesso Calcutta. Queste raccolte musicali si popolano per fortuna sempre di più di nuove promesse dell’indie del 2024 da tenere d’occhio.

Possiamo per esempio andare alla scoperta del nuovo indie-pop cantautoriale di Teseghella, artista dalla penna incalzante, fresca e giovane, ma a tratti poetica.

Cosa devo fare? Diventerò il tuo albero

per farmi accettare

per un bicchiere d’acqua

per starti vicino casa

per coprirti d’estate

sei così bella che ti odio e ‘sto silenzio mi spezza

Io non vedevo egoismo quando tu mi parlavi solo di leggerezza

ma ti sei vista in faccia sei un’arma bianca con ‘sta pelle pallida

tremendamente carica

Teseghella – Hollywood

Possiamo rispecchiarci nelle righe di un brano dei piazzabologna e ritrovare al suo interno la nostra ultima storia d’amore finita male (un grande classico del genere indie, che questi artisti sanno ancora raccontare in maniera non banale).

Ho capito che quegli occhi erano tuoni

quando ormai la tempesta era già da me

Buchi ai lobi – piazzabologna

O ancora, possiamo danzare leggeri sulle note di una ballad di M.E.R.L.O.T., come la sua “Trasparente”, che con un ritmo coinvolgente è in grado di rendere ballabile anche una canzone che parla di una dura separazione.

Stanotte vestiti di me

Voglio vederti senza niente

Anche se ormai sono niente per te

Sparito per sempre

Trasparente

Allora non sarò mai quello che

Sognavi e sognavamo insieme

Due fiori storti tra le crepe

M.E.R.L.O.T. – Trasparente

Se davvero l’indie come lo conoscevamo un tempo oggi è morto, ci ha lasciato un’eredità: il piacere della scoperta di qualcosa di nuovo.

La musica indie è riuscita a farci conoscere e amare un genere dalle regole tutte sue. E’ proprio la varietà dei suoi suoni, dei suoi testi e della sua espressione artistica che fa sì che praticamente chiunque riesca a trovare almeno un artista indie che apprezza, anche se non è conosciuto dal pubblico “mainstream”.

Lo sviluppo, l’esplosione e l’apparente morte del genere indie ci dimostra anche quanto sia importante per gli artisti essere in grado di differenziarsi, mantenendo allo stesso tempo un’identità solida e riconoscibile.

Di una cosa possiamo essere certi: qualsiasi cosa sia diventata oggi la musica indie, la sua epoca non è ancora finita. “Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”, avrebbe detto anche Lavoisier, ascoltando la playlist Indie Italia su Spotify.

La Playlist di Cromosomi