Gli Articolo 31 tornano con un nuovo singolo: Classico, che tanto “classico” non è.
Infatti, in primis possiamo dire che questo singolo non è solo una canzone, bensì uno sfogo. Il senso politico di opposizione e resistenza è forte già dall’attacco.
“Vorrei togliere Internet agli ultraquarantenni
Che amano i gatti, che odiano i clandestini
Che risolvono i complotti, ma sbagliano i congiuntivi
Quelli che la colpa è tutta dei poteri forti
E dei cantanti di oggi conoscono solo il gossip“
“Classico” è riflessione. Pensiamo sempre che trovare un capo espiatorio sia la soluzione del problema ma, in realtà, è quest’idea stessa un problema. Siamo noi, con la nostra cultura il problema: è la mancanza di stima, ascolto e dialogo. Non è la generazione di oggi che è “fatta male”, bensì tutto quel carico emotivo e professionale giovanile odierno altro non è che il risultato di trent’anni fa, di quei nodi che sono venuti al pettine e non sono mai stati sciolti. Cresciamo con l’idea di dover “dimenticare”, “superare” o “cancellare” il passato e noi siamo lì, che facciamo di tutto pur di farlo senza pensare al fatto che quest’ultimo è l’unica cosa reale che abbiamo. Vivere il presente solo in prospettiva del futuro ha concretizzato esattamente le parole di questo testo.
“La mia generazione dice che sti ragazzini
Non vogliono più lavorare perché sono pigri, che stupidi
Preferiscono sognare e illudersi
Invece della paga in nero per lavori umili
Dicono quelli che dopo il diploma
Hanno trovato un posto fisso
Ed hanno aperto un mutuo senza avere il babbo ricco
Adesso con un kappa prendi la stanza in affitto”
Gli Articolo 31, pur appartenendo a QUELLA generazione, ne sono completamente fuori. Parlano di schemi che conoscono bene ma che, allo stesso tempo, sono estranei. Diventano così portavoce di noi giovani di oggi: sopratutto di quel bisogno di indipendenza economica e personale bloccata dai salari minimi e dai lavori, quasi sempre, pagati (se pagati) a nero. Gli Articolo 31 sottolineano la realtà di un Paese meraviglioso come l’Italia deturpato da un altro grande gap: quello secondo il quale se non hai la fortuna di avere i tuoi che pagano per te, difficilmente riesci a farcela da solo senza adeguarti o accontentati. È giusto? Beh, no.
“La mia generazione di mammoni
Diamo la colpa ai figli se qui mancano i valori
Lasciandogli l’eredità del populismo
Antipasto del fascismo, prosciutto e Meloni
La mia generazione di vallette nude in tele
Di pacche sul sedere che impennavano carriere
Mo’ quelle che si fanno l’OnlyFans sono ricche
La mia generazione paga per farsi le pippe”
Dal posto fisso che non esiste più, gli Articolo 31 tornano sulla loro generazione, costruendo parallelamente il testo lungo due racconti: 1. il nostro 2. il loro. Questo percorso generazionale non è diviso, come spesso si pensa, bensì uno è la conseguenza dell’altro e viceversa.
Come scrive Gustave Le Bon in “Psicologia delle folle” gli individui si sentono invincibili quando sono parte di una massa e questo comportamento è estremamente “contagioso”. Inoltre “i popoli vivono sopratutto di speranza. Le loro rivoluzione hanno lo scopo di sostituire con una speranza nuova le speranze antiche che hanno perso la loro forza”. Stando a queste due citazioni sarebbe bello ripristinare, invece di continuare a procrastinare sul “male”, affinché l’influenza diventi positiva e smetta di essere così negativa.
Non c’è futuro senza azzeramento.










