La tua playlist sembra un déjà vu? Potrebbe essere colpa di sample e interpolazioni

da | Nov 10, 2025 | News

Da Massimo Ranieri a Travis Scott (e non solo): come le royalties e hitmaker trasformano vecchie melodie in nuove hit usando brani non del tutto inediti.

Quante volte ascoltiamo una canzone e pensiamo “Aspetta… ma questa l’ho già sentita? Sarà un plagio?”. In realtà, non sempre è così. A volte può trattarsi di un sample e altre di interpolazione, una pratica simile, ma con una piccola sfumatura fondamentale.

L’argomento è tornato sulla bocca di tutti quest’estate per colpa di Travis Scott quando ha deciso di campionare “Adagio Veneziano” di Massimo Ranieri in “2000 Excursion”. (Sul serio, Travis, spiegaci come sei finito su quella canzone, vogliamo la tua cronologia Spotify). La miccia si è riaccesa dopo qualche mese con Taylor Swift e la sua “Father Figure” che riportava tra i crediti il nome di George Michael per un’interpolazione.

Ma quindi, qual è la differenza tra sample e interpolazione?

Ci ha provato a spiegarlo Charlie Puth in un video virale su TikTok con lavagnetta e pennarello alla mano. Solo che, tra accordi, note e voli pindarici da super-produttore, ne siamo usciti più confusi di prima. Abbiamo così deciso di semplificare il tutto, togliendo un po’ di teoria e aggiungendo un pizzico di zucchero, per spiegare la cosa in modo più “dolce” e digeribile anche per noi comuni mortali.

Si parla di sampling quando viene preso un frammento del brano originale, così com’è, e lo si inserisce nella propria traccia.

È un po’ come entrare nella pasticceria di Iginio Massari, comprare la torta già pronta e piazzarla sul tuo buffet, magari mimetizzandola tra qualche biscotto fatto in casa. Un esempio? “Don’t Stop the Music” di Rihanna che riprende il celebre ritornello “mama-say, mama-sa, ma-ma-ko-ssa” di Michael Jackson in “Wanna Be Startin’ Something” (dopo averlo notato, niente sarà più come prima). E per fare un salto in Italia, “OC (California)” di Tedua nasce proprio dal sample di “California” dei Phantom Planet.

Quando si prende una melodia o un giro di accordi di un brano famoso e lo si risuona ricreandolo da zero, invece, si parla di interpolazione.

Pensatelo come seguire la ricetta della famosa torta: non sarà identica all’originale ma, se fatta bene, il sapore resta. “Get Me Started” di Troye Sivan, ad esempio, è un’interpolazione di “Shooting Stars” dei Bag Raiders.

E se non fosse solo un semplice omaggio?

Dietro queste scelte non c’è unicamente ispirazione, ma anche le immancabili royalties. Con un sample serve il permesso dell’etichetta e degli autori originali; con un’interpolazione, invece, basta il consenso degli autori. Ma in entrambi i casi, una parte della torta, letteralmente, va sempre a loro. Anche le dolci copie si pagano.

Non è un caso se artisti come i Paramore, comparsi nei crediti di “good 4 u” di Olivia Rodrigo, abbiano guadagnato somme importanti dai brani che li citano. Si è arrivati a un punto in cui, spesso, sono gli stessi autori originali a chiedere che la loro musica venga usata per ricavarne nuove canzoni. Un modo per dare nuova vita ai loro pezzi e, perché no, anche al conto in banca.

Una scelta ben calcolata rende il nuovo brano familiare così da farlo esplodere più in fretta

Ovviamente, inserire pezzi già noti all’interno di un nuovo brano fa scattare nel nostro orecchio una sorta di déjà vu. Il cervello associa subito la melodia a qualcosa di familiare, rendendo la canzone più semplice da memorizzare e aumentando le possibilità che diventi un successo in breve tempo.

Addirittura, come racconta Rolling Stone, nel giugno 2021 a Brentwood, uno dei quartieri più esclusivi di Los Angeles, un gruppo di autori e produttori si è ritrovato per un vero e proprio campo estivo per hitmaker e, tra pranzi delivery e sessioni creative, l’editore indipendente Primary Wave li ha incoraggiati apertamente a saccheggiare il proprio catalogo di vecchie hit per trasformarle in nuovi tormentoni.

La linea sottile tra pigrizia e genialità

E allora, è pigrizia, puro guadagno o geniale intuizione? Il Guardian già qualche anno fa si è chiesto se questa tendenza sia segno di mancanza di idee o di un sincero omaggio alla musica del passato. Probabilmente un po’ di entrambe le cose.

Ma in fondo, nella musica come in cucina, ciò che conta è il sapore finale e se ci piace, poco importa se la torta è fatta in casa o arriva dalla pasticceria… o no?

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