«Siamo nel turbine, vogliamo divertirci»: intervista ai Royel Otis

da | Nov 24, 2025 | Interviste, News

Abbiamo parlato con metà dei Royel Otis per prepararci al loro unico concerto in Italia

Mercoledì 3 dicembre i Royel Otis saranno a Milano per la loro unica data italiana.

Si tratta di un periodo un po’ strano per il duo australiano formato, appunto, da Royel Maddell e Otis Pavlovic. Tra il 2022 e il 2024 hanno attraversato un momento d’oro, in cui tra cover celebri (un paio, non un disco intero) e diversi singoli fortissimi davano davvero l’idea di non sbagliare un colpo.

Ad agosto di quest’anno, il loro secondo album “Hickey” è stato accolto con freddezza, con diverse critiche ingenerose, basate su argomentazioni francamente incomprensibili.

Sì, senza dubbio Royel e Otis dovranno ancora capire un po’ meglio cosa vogliono fare da grandi. E sì, senz’altro in questo momento i Royel Otis finiscono per assomigliare sempre molto a sé stessi, gravitando forse un po’ troppo nelle solite orbite.

Ma non è certo un crimine per due ragazzi poco più che ventenni che sono stati travolti dall’hype.

Peraltro, non parliamo sicuramente di un brutto disco! L’unica cosa sbagliata di “Hickey” è l’aspettativa che si era creata intorno a questo album. Non perché fosse troppo alta, ma piuttosto perché era diversa dalle idee dei Royel Otis per queste nuove canzoni.

Dal vivo, abbiamo già avuto modo di vedere in prima persona quanto siano fenomenali: la data del 3 dicembre al Fabrique di Milano è per noi un appuntamento imperdibile.

Per l’occasione abbiamo avuto la fortuna di scambiare due chiacchiere con metà dei Royel Otis, Royel Maddell, che ci ha fatto conoscere un po’ meglio la sua vita e le idee della band.

L’intervista a Royel Maddell dei Royel Otis

Com’era la tua vita quotidiana prima dei Royel Otis? Come è cambiata la tua routine?

«Vivevo con la mia ragazza dell’epoca, lavoravo nel bar del mio migliore amico, lavoravo al bar, finivo alle 3 o 4 del mattino e cercavo di dormire dopo, ma non ci riuscivo granché.

E poi passavo la giornata con la mia ragazza, andavamo in città a piedi, cercavo di lavorare un po’ sulla musica.

Poi è arrivato il Covid, non uscivo più di casa e continuavo a lavorare sulla musica: è allora che abbiamo iniziato a pubblicare i pezzi dei Royel Otis.

Quando i lockdown sono finiti ho iniziato a fare tour in giro per il mondo. Quella relazione è crollata perché non ero mai a casa, da lì tutto è cambiato.

Ora la routine è molto più strutturata, ma caotica.»

C’è qualcosa che ti manca della vita precedente?

«Il mio letto! Mi manca avere un solo letto. E mi manca la relazione che avevo: era bella, confortevole, sicura. Ora è tutto piuttosto caotico, ma va bene. La vita cambia per un sacco di motivi diversi e, visto che la carriera sta andando bene, penso sia un buon cambiamento.»

Come gestisci il mondo mediatico che arriva con la vita di un musicista?

«I social cerchiamo di usarli il meno possibile, personalmente non penso siano molto salutari. Ci sono cose belle e cose brutte che vengono dette su di te, e non penso sia salutare nessuna delle due.

La cosa più sana è vivere la tua vita e andare avanti senza lasciarti influenzare, senza lasciare che cambi il tuo modo di vedere la vita o le persone. Per il resto, cerchiamo di fare più interviste possibile nelle piccole finestre di tempo libero che abbiamo, va bene così.

Sai, ci stiamo muovendo così velocemente e siamo così impegnati che non abbiamo nemmeno avuto il tempo di comprendere come ci sentiamo riguardo a tutto questo. È stato tutto un turbine e dobbiamo solo continuare a muoverci, tutto qui.»

Come si è evoluta la tua amicizia con Otis in questi anni?

«Ci capiamo davvero bene senza nemmeno dover parlare molto, ormai. Parliamo, stiamo sempre insieme, pranziamo insieme… non devo più chiedergli se c’è qualcosa che non va.

Se capisco che è giù, di solito so già perché, o per quale motivo.

So quando lasciarlo in pace, lui sa quando lasciare in pace me, e quando abbiamo bisogno di un po’ di privacy. Vivendo su un bus insieme, lavorando insieme, viaggiando insieme, praticamente non ne abbiamo.

Rispettiamo molto gli spazi dell’altro, è come un legame non detto.

In un certo senso siamo diventati molto più uniti, ci capiamo di più. Sappiamo che se qualcuno si sente giù, devi aiutarlo a tirarsi su, e lui farà lo stesso per te.

Perché, per quanto sia divertente ed emozionante girare il mondo, vivere il rollercoaster dei concerti ogni sera e poi crollare ogni giorno… è anche molto pesante mentalmente.

Devi imparare davvero ad aver cura dell’altro.»

Avete molte influenze dagli anni ’80 e ’90, ma quali artisti contemporanei ascolti di più in questo periodo?

«Al momento… beh, i Geese sono fantastici. Stanno facendo qualcosa di veramente figo e infatti stanno esplodendo.

Ma torno sempre a Frank Ocean. Amo la roba di Frank Ocean.

Mk.gee è fantastico, è un chitarrista incredibile, e amo anche Kendrick Lamar.

Ci sono tanti artisti del momento che sto ascoltando… i Fontaines DC! Loro stanno facendo davvero tutto giusto.

Sono sicuro che ce ne siano altri a cui non sto pensando adesso… anche la band che ci sta aprendo alcune date in questo tour, i Still Blank, sono davvero forti. Sono bravissimi e penso siano una band da tenere d’occhio.»

Che mi dici di “Hickey? Ho letto molti elogi ma anche tantissime critiche sul vostro ultimo album.

«Penso sia bello. Penso che se ti diverti ad ascoltarlo, divertiti.

Se non ti piace, non metterlo. Nessuno ti punta una pistola alla testa.

È divertente. Avevamo bisogno di divertirci mentre lo facevamo, e l’abbiamo fatto. Abbiamo fatto del nostro meglio e abbiamo messo ciò che potevamo quando potevamo.»

Personalmente, mi è piaciuto. Soprattutto “Shut Up” e “She’s Got A Gun”.

«Mi piace molto “Shut Up”. È davvero semplice, ma poi la parte di chitarra alla fine è un po’ più impegnativa rispetto al resto della canzone.

Sono entrambe canzoni molto semplici e sono uscite un po’ all’ultimo, alla fine della giornata in studio.»

Se dovessi scegliere una vostra canzone che esprime completamente l’idea musicale dei Royel Otis, quale sarebbe?

«Direi forse “More To Lose” o “Shut Up”. Sono due canzoni abbastanza diverse, ma penso…

Oppure forse “Jazzburger”, perché è super onesta, nuda, ed è quello a cui puntiamo sempre, anche se ogni tanto in studio ci facciamo prendere la mano e aggiungiamo più cose.

Però no, diciamo “More To Lose”. No, diciamo “Jazzburger”.

Anzi, diciamo “Shut Up”. Sì, in generale queste tre, ma scelgo “Shut Up”.»

La Playlist di Cromosomi