Un tema senz’altro delicato e controverso è quello del suicidio, la cui giornata per la prevenzione è fissata il 10 Settembre. Non un mese a caso, infatti Settembre è riconosciuto come mese della salute mentale. Parlare di suicidio non è facile, poiché la fragilità umana è davvero complessa. Potrebbe venire in nostro soccorso il folklore, in dialetto napoletano, si usa la frase: “la testa è come una sfoglia (uno strato) di cipolla”. La cipolla ha tanti strati, che cercano di proteggere qualcosa, un centro, ma sono tutti fragili. E la sottigliezza è anche ambivalenza. Può essere opaca, o farsi attraversare dalla luce. Quindi indica anche la volubilità dell’uomo, oltre alla sua fragilità, che può portare a scelte improvvise, a volte bizzarre o, a volte, davvero drastiche.
Il dolore spesso è una matrice che non lascia scampo, che lascia smarrire la percezione reale della realtà circostante, la possibilità di guardare obiettivamente a quante soluzioni e vie d’uscita esistano, sempre e comunque. Anche se si è da soli ad affrontare tutto.
Molti uomini e donne, che visti dall’esterno sembravano avere tutto, hanno deciso di porre fine alla loro vita negandosi per sempre la possibilità di, non solo rimettersi in piedi, ma anche di contribuire in maniera positiva con il loro impatto sulla società. Quanti artisti hanno scelto di lasciarci?
Soprattutto nel mondo della musica, che è da sempre specchio di ciò che viviamo e che turba il nostro animo, è rilevabile l’influenza dell’atto. Sia come risonanza indiretta, che come estrema presunta risoluzione di qualsiasi sofferenza.
Uno dei casi di suicidio più controversi è senz’ombra di dubbio quello di Luigi Tenco. Potrebbe anche, come molti sostengono, essersi trattato di un omicidio, ma per oggi affrontiamo la realtà propinataci come ufficiale. Lasciamo in disparte per un attimo qualsiasi pensiero personale sulle dinamiche.
La domanda che mi sono spesso posta, relativamente ad uno dei casi che ha più colpito il panorama Italiano, è: E se Luigi Tenco si fosse suicidato in questo periodo storico?
Mi rendo conto solo ora, di essermi posta la domanda sbagliata. Certo, probabilmente ad oggi avrebbe avuto più mezzi per affrontare la delusione e il turbamento, quindi forse non sarebbe successo. Ma avrebbe potuto fare una cosa utile, molto utile, ora come anche allora: combattere.
Con la sua voce però, un atto decisivo e sovversivo non basta. Anche senza le frecciatine nelle storie Instagram, se Luigi Tenco avesse portato avanti ciò in cui credeva, con la sua viva presenza oggi probabilmente anche il mondo della musica funzionerebbe in maniera diversa.
La protesta più giusta, sarebbe stata quella riversata in testi nuovi o in conferenze stampa dal tono scanzonato senza timore di esporre un sistema marcio. Quella di plasmare i giovani artisti affinché si sentissero liberi di esprimersi liberamente, anche ribellandosi a qualsiasi forma di non meritocrazia. Quante cose avrebbe potuto cambiare. Anche se ci sentiamo piccoli e non apprezzati, non ascoltati, in realtà il nostro impatto su questa terra è grande. E può sempre fare la differenza. Il nostro passaggio nel mondo, la nostra sola esperienza, può essere utile a tanti altri. Lui ha scelto di andarsene, poichè pensava che un gesto simile avrebbe cambiato le cose. Ma come avrebbe potuto, se poi, non c’era lui a veicolare, manipolare, controllare il messaggio che volva arrivasse? Chi avrebbe portato avanti il cambiamento?
Andare via ti toglie a te stesso e lascia i tuoi resti (e ideali) in balìa degli altri.
La domanda giusta da porsi, è, quindi: Se persone come Luigi Tenco avessero fatto scelte diverse, quanto di buono avrebbero fatto, anche se in quel momento gli sembrava impossibile?
Fabrizio De André, intimo amico di Tenco, rimase molto colpito dall’avvenimento. Così nacque uno dei suoi pezzi più struggenti, Preghiera In Gennaio. Nel testo non giudica la scelta dell’amico, ma lo accompagna nel suo viaggio in paradiso. Perchè, come dice, non esiste l’inferno nel regno del buon Dio. Esplicito è anche il termine “suicidio”, però scelgo di riportarvi una parte del testo che ancor meglio rende il contesto:
Signori benpensanti,
spero non vi dispiaccia
se in cielo, in mezzo ai Santi,
Dio fra le sue braccia
soffocherà il singhiozzo
di quelle labbra smorte
che all’odio e all’ignoranza
preferirono la morte.
Molti altri artisti hanno parlato di suicidio nei loro brani, come non citare Irene e Cercando Un Altro Egitto di Francesco De Gregori?
Sicuramente una poetica diversa da quella di De André, ma comunque non meno dolente. Non c’è una modalità che ti permetta di parlare di dolore senza toccare chi ascolta. Ogni coltello, per quanto diverso, allo stesso modo ferisce. Ed è così anche per la musica.
Anche i Nirvana, hanno trattato l’argomento seppur con un’ironia oscura, intrisa di sofferenza. Il brano I Hate My Self And Want To Die descrive la depressione di una persona, che arriva al punto di valutare il suicidio. Il brano non è poi così lontano dalla realtà di Kurt Cobain stesso, che si tolse la vita nel 1994. I motivi sono ritenuti molteplici, dal tunnel del consumo di eroina che ha minato tutti i suoi rapporti, fino ad arrivare alla pressione dei media. Ormai parevano tutti più interessati alla crisi con sua moglie e con il resto della band, più interessati alla sua vita privata diffondendo pettegolezzi che probabilmente non trovavano nemmeno riscontro nella realtà, piuttosto che alla sua musica.
Questo può mettere in seria difficoltà. E, per fortuna, oggi molti artisti riescono a tirarsi fuori da queste dinamiche, abbandonando le scene per un po’, prendendosi del tempo o semplicemente recandosi in strutture per il loro recupero psico fisico. Importantissimo non lasciarsi triturare dal sistema quanto complicato, ma più importante è avere sempre in tasca il coraggio di non voler restare nell’occhio del ciclone per forza, facendo un passo – magari provvisorio- indietro. La propria salute psicologica è molto più importante di qualsiasi pressione dell’industria a cui si sa, per certo, gli artisti erano, sono e saranno sempre sottoposti.
Gli artisti che purtroppo ci hanno lasciato sono tanti. In tempi più recenti anche Chester Bennington dei Linkin Park e Avicii, tanto per ricordare due nomi. Probabilmente, per tutti loro il dolore aveva coperto qualsiasi altra cosa, anche la luce che per quanto sembri irraggiungibile, non si spegne mai per nessuno. Resta il tormento, oltre che per la perdita umana, per la consapevolezza di quanto avrebbero potuto ancora fare.










