FRESH TALENT: Ethan

da | Lug 15, 2025 | FRESH TALENT

Tra sudore e lacrime, sensualità e rabbia, Ethan compie la sua rivoluzione musicale. Con “METAMORFOSI”, l’artista italo-brasiliano ridefinisce identità, suoni e libertà. Una rinascita in technicolor, tutta da ascoltare.

C’è un momento in cui un percorso musicale smette di essere solo un insieme di brani e diventa manifesto in cui riconoscersi. Per Ethan, artista queer italo-brasiliano classe ‘98, questo momento ha un nome preciso: METAMORFOSI. A completare questo viaggio è l’arrivo di DESGRAÇADO, il nuovo singolo pubblicato da Carosello Records. Un brano che, come una cicatrice incisa sul beat, racconta il dolore e lo trasforma in danza, chiudendo il cerchio iniziato con i due EP che ora confluiscono nell’album METAMORFOSI.

“DESGRAÇADO è una ferita che balla”, così lo descrive lo stesso Ethan. E non c’è definizione più puntuale per spiegare cosa si prova ascoltandolo: la traccia sa di un baile funk sporco, rabbioso e malinconico, quasi un cortocircuito tra la voglia di muoversi e la necessità di sentire. Un pezzo che ti prende per i fianchi e ti strappa il cuore. Prodotta da Vincenzo de Fraia, un producer italiano di base a Londra, la canzone riflette pienamente l’anima ambivalente di un progetto che non ha paura delle contraddizioni, ma anzi, le esalta.

METAMORFOSI, l’album, è molto più di una raccolta di canzoni: è un grido di libertà, una danza tra le identità. In ogni traccia si percepisce la volontà di Ethan di non aderire a forme predefinite, ma di esplorare continuamente nuovi suoni, stili e linguaggi. L’italiano e il portoghese si intrecciano come due anime che si corteggiano, la sensualità invade testi, melodie e visual, mentre il clubbing incontra il pop in una mescolanza che in Italia ha pochi, pochissimi precedenti.

Ethan trasforma il dolore in danza

Dentro l’album, infatti, convivono mondi e geografie differenti, legati dalla sensibilità visionaria di Ethan. A cominciare dalle collaborazioni: LOVE É FRACO è un pezzo che profuma di Rio e parla il linguaggio del baile funk, realizzato con MC GW, il secondo artista brasiliano più ascoltato su Spotify fuori dal Brasile nel 2024, e il producer multiplatino DJ 2F. C’è poi la forza queer e sensuale di “FIM DO MUNDO”, con Mia Badgyal, già sul palco con Charli XCX e Ashnikko, mentre “FTTSP” unisce idealmente Teheran e San Paolo grazie alla partecipazione di NAVA, performer italo-persiana.

E se ogni canzone è un frammento della metamorfosi, ogni produzione contribuisce a costruire un’identità sonora sfaccettata e coerente. Otto producer diversi, tra cui GIMA, Plastica, Claudio Supnasa e Marculedu, lavorano come alchimisti, dosando elettronica, glitch, orchestrazioni e beat carnali, sotto la cura di Davide Ruffini al mix e master. Anche l’artwork, firmato Matteo Strocchia, partecipa a questa metamorfosi continua, amplificando la dimensione visiva di un progetto che ha fatto del corpo, del movimento e dell’ambiguità una cifra stilistica inedita.

Sul piano estetico, Ethan si muove tra riferimenti alla mitologia greca e alla cultura ballroom, sfidando apertamente la figura machista del maschio etero bianco cis. Il corpo diventa linguaggio, veicolo di un’identità in mutamento costante. Ed è questa la stessa poetica che attraversa il videoclip di “DESGRAÇADO”, online dal 3 luglio: uno spazio senza coreografie né ruoli imposti, dove la libertà si muove storta, fuori tempo, ma profondamente vera. Ethan lo descrive come “un modo per stare nel proprio corpo senza doverlo spiegare”, una definizione che riassume il cuore di tutto il disco.


Il battito finale della metamorfosi di Ethan

Oggi, METAMORFOSI arriva come culmine e nuova partenza. Ethan ha portato la sua musica sui palchi del Pride in tutta Italia, da Milano a Napoli, da Roma alla Puglia. Ha la consapevolezza che ogni brano può essere anche un atto politico, un gesto di resistenza e autodeterminazione. Nei live, come nei suoi testi, l’amore e il dolore sono universali, “we are the same shit” canta, urla, abbraccia. Il messaggio è chiaro: la libertà è una forma d’arte.


Abbiamo avuto il piacere di chiacchierare con Ethan mentre si trovava in Brasile. È immerso tra il calore della sua famiglia e l’energia creativa dei nuovi progetti a cui sta lavorando. Tra una risata e una riflessione profonda, ci ha raccontato la genesi di DESGRAÇADO e l’essenza di METAMORFOSI, confermandoci quanto il ritorno alle origini possa essere terreno fertile per nuove, sorprendenti evoluzioni artistiche.

Cosa significa per te cambiare?

“Questo disco è nato dal desiderio di non essere legato a una sola visione di me, né incasellabile in un solo modo di fare pop. Lo definisco comunque un disco pop, anche se non è il pop che siamo abituati ad ascoltare. Per me era importante, in questo progetto, offrire un’altra possibilità di guardarmi, di non apparire come un prodotto preconfezionato. Volevo introdurre elementi nuovi rispetto al disco precedente e dare spazio alla sperimentazione: con le lingue, con il suono, con l’immagine. È questa, per me, la vera essenza del cambiamento: la libertà di essere più cose insieme, senza dover scegliere una sola forma.”

Cos’è oggi, per te, la libertà?

“Esattamente questo: non sentirsi incastrati in una struttura pensata per vendere o piacere agli altri. La libertà è anche accettare che magari il 90% di quello che fai non piacerà, ma continuare comunque a essere te stesso. È avere il coraggio di aspettare che il tuo messaggio arrivi alle persone giuste. Credo che sia una riflessione valida non solo per me, ma anche per altri artisti in Italia che stanno cercando di rompere gli schemi. Il suono sta cambiando, la mentalità pure, ed è giusto rischiare. Rischiare anche di essere compresi in un secondo momento.”

Pensi che oggi la musica italiana sia pronta ad accogliere questa trasformazione?

“Non lo so con certezza, ma percepisco che qualcosa si stia muovendo, anche se lentamente. Chi ascolta musica non è stupido: è stanco di ricevere sempre lo stesso prodotto, di vedere la musica presentata sempre allo stesso modo. C’è bisogno di qualcosa di diverso, di più ricercato, anche se meno immediato. Esiste ancora questa abitudine di ascoltare un artista solo perché è famoso, non perché ha qualcosa di bello da dire. Ma là fuori c’è tanta musica interessante che merita di uscire. Ed è bello che alcune realtà restino di nicchia. Ci vuole un mix: l’underground che incontra il pop, e il pop che si contamina. Altrimenti non cambiamo mai, non andiamo avanti.”

“METAMORFOSI” è un viaggio tra quello che siamo e quello che potremmo diventare: chi è Ethan oggi, e chi vorresti essere domani?

“In realtà non lo so. Oggi mi sento un agglomerato di cose, un insieme in continua trasformazione. So dove vorrei andare, ma lo tengo nella mia testa. Non voglio definire tutto in anticipo. Voglio scoprirlo con il tempo.”

Quanto c’è di San Paolo e quanto di Milano in questo disco?

“Mi sono reso conto che è davvero metà e metà. San Paolo è una parte fondamentale di me, ma non è tutto, così come non lo è l’Italia. In questo disco ci sono elementi che vanno oltre entrambi i mondi. Ci sono i suoni della musica che ascolto in modo viscerale, la mia ricerca sonora, la mia identità. Oggi mi sento davvero un mix perfetto: 50% San Paolo, 50% Milano.”

Perché in alcuni brani usi l’italiano e in altri il portoghese? Che legame hai oggi con le tue due lingue?

“Dipende dal brano: ogni lingua mi permette di dire cose diverse. Il portoghese, a livello sociale e culturale, ha un impatto più crudo e diretto. È una parte di me che esiste e che amo esplorare. Con l’italiano invece riesco a esprimermi in modo più elegante, più melodico. Mi affascina la possibilità di giocare tra questi due mondi: mi fanno parlare di me in modi differenti. Anche se, in futuro, vorrei cercare di cantare sempre di più in italiano, magari con un sound brasiliano, e usare meno il portoghese a livello testuale.”

Hai lavorato con otto producer diversi: come sei riuscito a mantenere una coerenza narrativa con tutti quanti?

“Credo di esserci riuscito perché, per la prima volta, avevo le idee davvero chiare su dove volessi andare. Non sono un produttore, non metto mano tecnicamente alle tracce, ma sapevo perfettamente che tipo di suoni volevo, come volevo il basso, l’impostazione. Ero molto lucido. È stato un lavoro collettivo, anche se i produttori non comunicavano tra loro. Ascoltando ora il disco da fuori, riconosco delle differenze, alcune cose che magari farei diversamente, ma vedo comunque tanto Ethan in ogni traccia. E questo mi rende felice: sono canzoni che ascolto ancora oggi, anche se le ho prodotte quasi due anni fa, e non mi hanno stancato. Per me è fondamentale.”

Nell’album ci sono diverse collaborazioni. Cosa ti hanno lasciato questi incontri?

“Per me è stato bellissimo collaborare, e lo sto scoprendo ancora di più ora che sono in Brasile. Qui c’è un approccio diverso: gli artisti collaborano con più naturalezza, sono più propensi ad aiutarsi a vicenda. Ovviamente anche qui ci sono logiche di numeri, ma vissute in modo meno ossessivo. In Italia, se non hai certi numeri, è difficile spaccare, difficile fare alcune cose. Ma i numeri, alla fine, lasciano il tempo che trovano. Collaborare con persone diverse, anche per progetti più piccoli, mi ha arricchito moltissimo. Penso a NAVA, con la sua parte medio-orientale: avrei voluto lavorarci anche prima, ma nel progetto precedente non avrebbe avuto senso. Qui, invece, era perfetta. Lei è davvero incredibile.”

Spesso ti racconti anche con ironia sui social. Quanto ti serve per alleggerire, e quanto invece è un modo per essere ancora più sincero?

“L’ironia mi ha salvato la vita. Sono una persona molto autocritica. C’è una parte di me che nessuno conosce, molto intima, che tengo per me. A volte, anche quando leggo commenti negativi, mi colpiscono meno di come io stesso mi parlo. Non è che mi faccia piacere riceverli, ma non mi distruggono. Lavorare su di sé è un processo continuo. E poi non sono una persona troppo seria, anche musicalmente: non voglio sminuire il mio lavoro, ma credo che ci sia bisogno di leggerezza. Non stiamo salvando vite, stiamo facendo musica per chi vuole ascoltarla. E questa prospettiva mi aiuta a vivere tutto in modo più libero, più leggero. È un modo per non attaccarmi troppo, per accettare ogni cosa che vivo. Siamo già pieni di pensieri, di stimoli, e se non troviamo leggerezza, la vita diventa insostenibile. Questo è qualcosa che voglio sempre tenere con me, come artista e come persona. La mia musica può sembrare sofisticata, ma in realtà… se arriva, bene. Se non arriva, amen.”

Hai detto che “tutto bene” è la bugia che diciamo quando non abbiamo voglia di spiegare il nostro dolore. Cosa succede quando invece scegli di raccontarlo?

“Ti fai male. Musicalmente sei molto più esposto. Ci sono alcune tracce in questo album, soprattutto nella seconda parte, in cui ho fatto davvero fatica a dire la verità. Bacio sugli occhi è una di quelle. Anche se il brano ha un suono curato, nasconde qualcosa di molto intimo. Chi mi conosce capisce bene a cosa mi riferisco. Mi piace che rimanga così: che solo io e poche persone sappiano davvero il senso profondo di certe frasi. La verità non è per forza negativa, ma serve il momento giusto per dirla. Bisogna avere voglia e coraggio. Anche nella musica leggera si può dire tanto, anche se spesso sembra che non si dica nulla. Ognuno lo fa come preferisce. Per me, anche raccontare il dolore è un modo per alleggerirlo.”

“Scusa se ho sogni troppo grandi per seguirti”. Cosa intendevi con questa frase?

“Parlavo del modo in cui, nelle relazioni, tendo a perdermi. A togliere spazio a me stesso per seguire l’altra persona. Ho vissuto relazioni tossiche in cui ho dato tantissimo, anche quando dall’altra parte non c’era rispetto, neanche attenzione. A un certo punto ho capito che stavo togliendo energia ai miei sogni. Quella frase nasce lì: forse i miei sogni sono troppo grandi per continuare a seguirti. Adesso ho bisogno di concentrarmi su di me, sui miei amici, sulla mia vita. È un periodo in cui voglio stare con me stesso. Il senso è proprio questo: non voglio più seguirti, voglio seguire me.”

Cosa non hai ancora detto, e senti che un giorno dovrai dire attraverso i brani?

“Non lo so. Sento che devo ancora vivere tante cose. Sono giovane, ho bisogno di fare esperienze per poter scrivere davvero. Mi piacerebbe farlo anche con persone nuove, con autori diversi. A volte altri riescono a vedere cose di te che tu ancora non riesci a cogliere. Mi affascina anche l’idea di essere interprete. Nei prossimi progetti, vorrei parlare di cose diverse, sperimentare nuovi punti di vista. In questo disco ho detto tanto, forse tutto quello che sentivo in quel momento. Ma continuerò a parlare d’amore all’infinito, e farlo con qualcun altro mi aiuterà.”

Hai già delle idee?

“Sì, ho già in mente alcune persone con cui mi piacerebbe collaborare. Ho voglia di sperimentare, ma anche di alleggerirmi un po’. In questo progetto ci sono parti più leggere, ma sento il bisogno di fare qualcosa di ancora più pop, più spensierato. Ricordiamoci che esistono forme molto diverse di pop. Penso a Rosalía: è pop, ma in modo totalmente suo. Anche la musica da ballare ha valore. Non serve per forza dire qualcosa di profondo. A volte serve solo sentirsi leggeri. E in questo momento, io voglio stare lì: nella leggerezza.”

Dopo METAMORFOSI, cosa succederà? Tornerai dal Brasile? Ci sarà un tour?

“In questo momento sto lavorando, facendo nuove sessioni e cercando di capire dove voglio andare, anche a livello sonoro. È una nuova metamorfosi: devo indirizzare con precisione la direzione del mio progetto. Sto anche ricaricando le energie. Ci saranno alcune date, ma non un vero e proprio tour, almeno per ora. Poi vedremo. Per ora, mi prendo il tempo che serve.”




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