Dopo anni trascorsi a scrivere hit per i grandi nomi della musica italiana, Federica Abbate decide di prendersi la scena con la sua voce e il suo messaggio. Disponibile da venerdì 18 aprile per Warner Music Italy, TILT è il suo nuovo singolo. Con questo brano, l’artista milanese inaugura una nuova fase del suo viaggio musicale, mettendo finalmente al centro se stessa, la propria voce e la sua visione artistica.
Il titolo, TILT, si rifà all’accezione simbolica del termine: il momento in cui tutto si blocca, quando la mente entra in confusione e il sistema, mentale o emotivo che sia, va in crash. Un’esperienza che può sembrare destabilizzante ma che, nelle mani di Federica, si trasforma in un grido di liberazione. La canzone è un invito a non restare prigionieri di situazioni che non rispecchiano più chi siamo, ma che spesso continuiamo a sostenere per paura del cambiamento. È nel caos, secondo Federica, che si nasconde l’occasione per una rinascita autentica.
“Ho scritto TILT per me. È un modo per ricordarmi che essere vivi significa anche perdersi, perdere il controllo, uscire dagli schemi. A volte è necessario attraversare il dolore per arrivare alla libertà. E la libertà, per me, è il primo passo verso la felicità”
La cover del singolo è un concentrato di simbolismo e riflessioni personali: il dettaglio dell’occhio di un piccione, simbolo di fragilità e insieme di forza, si affianca a un semaforo, un albero e un fiore, emblemi di città e natura, due poli opposti ma complementari del mondo di Federica. Un universo che affonda le radici tra le vie di Milano, cuore della sua carriera musicale, e la tranquillità della campagna, rifugio creativo dove trova connessione con la sua essenza. Al centro, immancabile, il pianoforte: lo strumento che da sempre è l’estensione più sincera della sua voce.
Un viaggio nell’anima di Federica
Abbiamo avuto la fortuna di parlare con Federica Abbate in occasione dell’uscita di TILT, un brano che segna un nuovo inizio. Con la sua consueta dolcezza e una ritrovata consapevolezza, ci ha raccontato cosa l’ha spinta a mettere finalmente la sua voce al centro, dopo anni passati a scrivere per gli altri. Una scelta coraggiosa, maturata nel tempo, che nasce dal bisogno di raccontarsi in prima persona, senza filtri. Perché a volte, per ritrovare la propria verità, serve proprio un “tilt”: mandare tutto in crisi per ricominciare da sé.
Come stai? Come ti senti per l’uscita del tuo singolo?
Uscire con un progetto tutto mio è sempre un momento speciale, soprattutto perché ci ho lavorato tanto e sono davvero entusiasta. È stato un percorso lungo, nato in modo graduale: inizialmente mi sentivo a mio agio solo nel ruolo di autrice, quella era la mia comfort zone. Poi è arrivato “Canzoni per gli altri”, il mio primo disco, uscito l’anno scorso. Ma dentro di me c’era già da tempo il desiderio di creare qualcosa di più personale, qualcosa che riuscisse davvero a rappresentarmi e a portare fuori la mia identità più autentica. Credo che ognuno, col tempo, trovi il proprio modo di esprimersi nel modo più vero possibile. A me è successo così: mi sono chiusa in studio, ma con un approccio istintivo. Non volevo razionalizzare troppo. In maniera totalmente spontanea, sono nate queste nuove canzoni. E in ognuna di esse mi riconosco pienamente. C’è dentro una voglia di vivere tutto, che però parte da un “tilt”: un momento di blocco, di blackout, di vuoto. Eppure, proprio quel vuoto genera la possibilità di ricomporsi, di rimarginarsi, e di tornare a fare quello che senti davvero. Tante persone hanno paura di andare in tilt, perché pensano di dover lasciare indietro qualcosa o qualcuno. Io invece ho scelto di sgretolare tutto e poi rimettere insieme i pezzi, a modo mio. Da lì è nata una nuova me: più donna, più affilata, più autentica. È un’evoluzione che arriva con il tempo, con l’ascolto. TILT, per me, è un blackout che alla fine diventa luce.
TILT è un brano che racconta il coraggio di spezzare ciò che ci opprime per riconnettersi con la propria libertà interiore. Quando è stata l’ultima volta che hai sentito davvero il bisogno di “andare in tilt” per rinascere?
Un momento della mia vita personale, che poi va sempre a braccetto con la musica. Ero uscita da una relazione molto lunga e significativa. La canzone parte da lì, anche se poi l’amore diventa solo un pretesto per parlare di qualcosa di più profondo. In quella relazione non mi sentivo più rappresentata, mi sentivo intrappolata, ma non trovavo il coraggio di liberarmi. Avevo paura di perdere un pezzo di me. Quando ho preso quella decisione, è stato come rifiorire. Ho canalizzato quell’energia nella musica, anche utilizzando forme melodiche che non avevo mai esplorato prima. TILT è diventato un mezzo per trasformare quel momento di rottura in qualcosa di positivo. Non riuscirei mai a immaginare qualcun altro che canta questo pezzo: solo io so come interpretarlo davvero. Oggi mi sento in una fase nuova della mia vita, piena di energia e voglia di uscire fuori. È stato importante anche superare piccoli blocchi, come riuscire finalmente a guardarmi nei video. Sembra banale, ma per me è stato un passo enorme.
“Ogni cosa che io non so fare per niente, sai con te mi viene bene” è una frase potentissima. È più difficile ammettere le proprie fragilità o lasciarle vedere a chi ci ama?
In realtà, in questa fase ho capito che molto dipende dal punto di vista. A volte ci troviamo a fare cose che in quel momento sembrano sbagliate, incoerenti. Ma poi, col tempo o con un cambiamento interiore, tutto prende senso. Non è tanto un discorso di fragilità, ma di trasformazione. Le cose cambiano forma, acquistano significato quando cambiamo prospettiva. E in quelle parole c’è proprio questo: qualcosa che inizialmente sembrava sbagliato, ma che con il tempo diventa parte di un percorso giusto, necessario.
Il verso “Se amarti è impossibile, non è impossibile abbastanza” suona come una sfida alle regole del “cuore”. Ti capita di essere attratta proprio da ciò che sembra complicato?
Mi affascina tanto il complicato quanto il semplice, perché alla fine il semplice è una complicazione risolta. E questo lo trovo ancora più interessante. Nella scrittura cerco sempre questa sintesi: dire qualcosa che sembri immediato, ma che sotto abbia più strati. Raggiungere quella semplicità è, in realtà, una grande sfida.
Il titolo è una parola potente e immediata. Se TILT fosse una scena di un film, quale sarebbe?
Mi viene in mente La leggenda del pianista sull’oceano. C’è quel momento in cui il protagonista scopre di avere un talento immenso per il pianoforte, qualcosa che lo rende libero, nonostante sia prigioniero della nave su cui vive. Quel talento lo definisce, ma allo stesso tempo lo tiene legato a quel luogo da cui non può scappare. Alla fine sceglie di rimanere lì, con il suo pianoforte. Ecco, per me il tilt è proprio questo: la scoperta di un talento, qualcosa che ti definisce e ti arricchisce, e che non hai paura di mostrare.
Nella cover di TILT c’è l’occhio di un piccione…
Il piccione. È un animale che amo molto, anche se spesso viene sottovalutato o scansato. Per me rappresenta un dualismo: unisce la città e la campagna, che sono le due anime della mia vita. Vivo in campagna, ma lavoro e mi muovo in un contesto urbano. Il piccione è resiliente, combatte, resta, e vola. È circondato da tutto e da tutti, ma nessuno se ne accorge davvero.
Se dovessi raccontare te stessa con un simbolo quale sceglieresti?
Se devo scegliere un simbolo in assoluto, però, è proprio il rapporto tra città e campagna. Un dualismo che riflette anche il mio percorso: autrice e artista. Due facce che sembrano annullarsi, ma che in realtà si completano e si sostengono a vicenda.
Scrivere per sé è diverso dallo scrivere per gli altri. Cosa cambia nel processo creativo quando la voce che canta è la tua?
Cambia tanto. Quando scrivo per altri, cerco di entrare nella loro emotività, oppure mantengo un tono più universale, perché so che non sarò io a interpretare quel brano. Ma quando scrivo per me, mi prendo tutti i rischi. Posso osare, spingermi oltre, uscire dai limiti di ciò che conosco. È una sfida continua, perché dopo aver scritto per tanti, il punto è riuscire a trovare una voce che sia solo mia, che dica qualcosa di diverso. È stato un percorso difficile ma anche molto gratificante.
Dopo TILT?
I brani ci sono. È stata una scrittura di flusso, molto istintiva. Non so ancora che forma prenderanno, ma so che ci saranno. TILT è solo l’inizio.