Nove anni di silenzio. Poi, all’improvviso, un respiro: Post mortem (ascolta qui), nuovo album dei I Cani, sbuca nell’era del rumore digitale come un messaggio in una bottiglia lanciata da un’altra epoca. Non un ritorno, ma un’emersione.
L’autopsia di un suono
Niccolò Contessa (@niccolocontessa) ha scavato da solo in questa opera – scrittura, registrazione, performance – come un archeologo che dissotterra i propri resti. Andrea Suriani ha fissato il tutto in un mix che sembra una lastra radiografica: scheletri di melodie, organi di synth, nervi scoperti di chitarra. Il Pot Pot Studio diventa camera mortuaria e sala parto.
Post mortem non è un disco, è un reperto.
Manca la pelle delle produzioni contemporanee: qui ci sono solo ossa. Aurora (2015) era un addolo; questo è un ritrovamento.
Per chi ascolta
I trentenni che un tempo cercavano risposte in Aurora oggi troveranno domande aperte. Non un’evoluzione, ma una decomposizione controllata. I Cani non fanno musica: dissotterrano ciò che il tempo ha sepolto.
Ascoltatelo come si visita un luogo abbandonato: sapendo che qualcuno ci ha vissuto, ma ora ci sono solo echi.










