È da qualche anno che mi chiedo quando sarebbe arrivato il momento in cui avrei potuto scrivere che il rap italiano è in crisi. Non per disprezzo verso il genere e nemmeno per antipatia nei confronti degli artisti hip-hop; anzi, è stato spesso un pensiero da fan che si prepara all’inevitabile momento di decadenza. Sono sempre stato incuriosito da come gli artisti del genere più influente in Italia negli ultimi dieci anni avrebbero reagito a un momento prolungato di flessione.
Azzardando questo pensiero, il parallelismo storico con altri periodi dell’hip-hop italiano è inevitabile. In particolare, la fine degli anni ’90 rappresenta un momento in cui il rap in Italia non è stato solo in potenziale crisi, ma si è dissolto quasi completamente. È stato relegato a piccole sacche di puristi e appassionati, disperso e ritrovabile qua e là in forma diluita. Qualche traccia del genere sopravviveva solo in alcuni programmi televisivi.
Ed è così che, osservando l’andamento di Sanremo, in cui i rapper sono sempre più presenti ma il rap quasi mai, mi è venuto il dubbio che effettivamente si potesse parlare di crisi.
La possibile crisi del rap negli Stati Uniti
Il mercato hip-hop italiano è da sempre influenzato da quello americano per varie ragioni. L’intreccio con l’hip-hop statunitense riguarda anzitutto le origini del genere, essendo nato e cresciuto nei quartieri americani. È altrettanto vero che i primi media hip-hop, così come gli artisti di riferimento a livello globale, provengono principalmente dagli Stati Uniti. Dunque, guardare a cosa succede là potrebbe aiutarci a capire se il rap italiano è in crisi e cosa potrebbe accadere prossimamente (con le dovute differenze).
Nel report del 2024 redatto da Luminate troviamo alcune informazioni interessanti. Nonostante il rap/hip-hop sia il genere che domina lo streaming (con un rapporto di 1 ascoltatore su 4), sta affrontando una crescente competizione e la sua quota di mercato è scesa dell’1,7% rispetto all’anno precedente. A confermare la lenta e graduale discesa del genere, c’è anche un altro dato: i generi che dominano lo streaming riguardo alla musica non di catalogo (cioè pubblicata negli ultimi 18 mesi) sono la musica latina, il country e il world music. Questi si affermano come i generi più in crescita nel paese. Ciò significa che l’impatto che il rap ha sugli ascoltatori e la quota di streaming che raccoglie non è più così tanto basata sulle nuove uscite, bensì sulle discografie di artisti che ormai, senza alcun dubbio, hanno fatto la storia del genere a livello mondiale.
Una lenta decrescita
Lo stesso report evidenzia come i generi più in crescita siano pop, rock e country (nella lista completa non compare il rap). Se la crisi non è ancora pienamente visibile, sembra comunque essere dietro l’angolo, soprattutto se con “crisi” ci si riferisce a una fase – più o meno duratura – di stallo, in cui i trend e le novità non sembrano più essere dettati nettamente dal rap, come invece accadeva in passato.
Per concludere, tra gli album più venduti nel 2024, solo uno è rap: l’incredibile progetto di Future e Metro Boomin, “We Don’t Trust You”. Dopo anni di inarrestabile dominio delle classifiche mondiali e di ambizione nel conquistare ogni vetrina mediatica, pare che i gusti degli ascoltatori americani stiano virando altrove.
Crisi del rap italiano o solo spauracchi?
In Italia la situazione appare meno problematica… per ora. Le classifiche FIMI sono sempre e comunque piene di album rap, facendo sperare di poter evitare di parlare di crisi. Eppure serpeggia un vago sentore di stanchezza nei confronti del genere. A Sanremo, alla fine, il rap (seppur non attuale) è entrato solo una volta, grazie a Shablo, mentre tutte le altre volte ha dovuto adeguarsi alla tradizione sanremese. Allo stesso modo, artisti come Ultimo, Pinguini Tattici Nucleari, Marco Mengoni, Mahmood e, più di recente, Olly, hanno dimostrato con le loro pubblicazioni di riuscire ad accantonare il rap nelle classifiche non solo per una settimana, ma per periodi prolungati.
Il report FIMI e il calo del pubblico hip-hop
Le difficoltà che il genere sta affrontando si collegano in modo interessante ai dati del report FIMI 2024. Nel documento viene confermato che i generi più ascoltati in Italia sono ancora il pop e il rock. Il rap si trova dietro a dance e cantautorato. Allo stesso tempo, la radio è il mezzo più utilizzato per scoprire nuova musica nella fascia adulta (31%), mentre TikTok domina tra i giovani (39%). Tuttavia, considerando che l’Italia è il paese più vecchio d’Europa e che sta vivendo un netto calo demografico, tutto conduce a un restringimento dell’audience hip-hop. Questo per due ragioni principali. Sebbene l’hip-hop non sia più un genere esclusivamente giovanile, rimane comunque poco apprezzato dal pubblico adulto e “commerciale”. Questo è lo stesso pubblico che ascolta prevalentemente la radio, un medium noto per non vedere di buon occhio i brani rap.
Il ruolo di TikTok nella frammentazione del rap
Parallelamente, TikTok è un ottimo strumento per la diffusione del rap, dato che molte tracce si prestano bene a essere spezzate e reinterpretate dai creator. Tuttavia, questa modalità di fruizione non favorisce un ascolto organico del genere. Al contrario, lo frammenta ulteriormente. Inoltre, è emerso (qui e qui) che TikTok ha la tendenza a riportare in auge canzoni del passato, facendole tornare virali sulle piattaforme di streaming. È stato il caso di “Insta Lova” di Marracash e Guè.
La crisi del rap tra nuove uscite e prodotti di catalogo
Questo si allinea con quanto riportato dalla FIMI, secondo cui nel 2023 il 71,4% degli ascolti era relativo a prodotti di catalogo, ovvero pubblicati da più di 18 mesi. Questo dato evidenzia come non sempre le nuove uscite siano ciò che gli ascoltatori cercano.
E se c’è un genere che più di tutti punta costantemente su nuove promesse, senza lasciare spazio al pubblico tra un venerdì e un altro, è proprio il rap.
Prevenire la crisi del rap?
Possiamo ancora dire che il rap domina il mercato, ma i presagi di una crisi sono sempre più visibili nel tempo. È innegabile che qualcosa nel mercato discografico italiano stia cambiando. La spinta artistica che dieci anni fa ha trasformato massicciamente gli ascolti di molti italiani non ha più la stessa propulsione di un tempo. Che sia arrivato il momento di ammettere la crisi e prendersi una pausa di riflessione?










