3000 metri di Vasco Brondi, è la seconda canzone estratta da “Ascoltare gli alberi”, in attesissima uscita il 15 novembre. Questo disco racchiude le musiche che fanno da colonna sonora originale al film, altrettanto atteso, “Fiore Mio” di Paolo Cognetti, che sarà nei cinema solo il 25, 26 e 27 novembre.
“Fiore Mio” è il primo film scritto, diretto e interpretato da Cognetti e racconta il suo grande amore per il Monte Rosa. Chi già conosce i libri dello scrittore vincitore del Premio Strega nel 2017 per “Le otto montagne”, romanzo che è stato anche un accaldatissimo film, sa che al centro della poetica di Cognetti c’è la montagna e la relazione tra le vette e l’essere umano.
C’è sempre, nelle opere di Cognetti, almeno un personaggio che vive con l’alta montagna un rapporto d’amore profondo, difficile, indissolubile. E probabilmente questo è l’amore di Cognetti per il Monte Rosa, per quei ghiacciai secolari che stanno scomparendo, per la sua piccola Estoul, per la selvaggia e bellissima Val d’Ayas.
Dei luoghi della Val d’Aosta cari a Cognetti parla anche Vasco Brondi in 3000 metri.
A svelare la condivisione dell’amore, non solo per la montagna in generale, ma proprio per il Monte Rosa e le sue valli, sono state le foto personali pubblicate da Vasco su Instagram in occasione dell’uscita del singolo: il famoso Rifugio Ottorino Mezzalama che sovrasta la Val d’Ayas dai suoi 3036 metri insieme al Grande Ghiacciaio di Verra.
Leggendo su Spotify l’anteprima dell’elenco dei brani di “Ascoltare gli alberi” è subito chiaro come il disco di cui fa parte 3000 metri sia incentrato su questo rapporto stupefacente, fatto di cose tangibili e selvagge, tra l’uomo e la montagna. E come, lo stesso Vasco, sia uno di quegli esseri umani che sentono profondamente la fascinazione dei torrenti, delle pareti rocciose verticali, della linea delle creste. Dei cieli aperti e ricoperti di stelle. Del silenzio profondo, degli echi delle valli, dei boschi pieni di specie di alberi e di quei 3000 metri.
“Ascoltare gli alberi” sarà chiaramente, come è ovvio che sia, verticale sull’argomento della montagna, ma possiamo supporre che sia proprio questa canzone l’anima dell’intero disco.
3000 metri è una canzone d’amore, ma non è una canzone per tutti.
È una canzone d’amore ad alta quota, o forse per l’alta quota. Per chi quei 3000 metri li ha raggiunti almeno una volta e ne può capire la fatica e l’emozione. È una canzone per chi trova sollievo proprio dove la vita è più ostile, proprio dove la vita è più rara e l’aria più rarefatta. Per chi nei luoghi tanto antropizzati non riesce a trovare pace.
3000 metri è una canzone che fa pensare alle tante storie, che si sentono ultimamente, di giovani che, da un momento all’altro, decidono di cambiare radicalmente vita e, abbandonando la città, si trasferiscono in luoghi di montagna. Tutti coloro che amano la montagna anche solo per una vacanza, per un weekend, per scalare o fare trekking, hanno pensato almeno una volta, vedendo una baita sola tra le salite e le discese, i prati e le pietre, con il cartello appeso al balcone “Vendesi”, di lanciarsi in quella stessa scelta radicale. E molti, probabilmente, si lasciano frenare da un pensiero racchiuso in una frase di questa canzone di Vasco Brondi:
Lì non succede niеnte, né mostre né concerti
Non ci sono quasi più abitanti
3000 metri è fatta di frasi che riescono ad essere emozionanti.
Emozioni che nascono dall’esperienza diretta e frasi in cui sembra di sentire il fischio delle marmotte portato dal vento. La consapevolezza di essere nulla che ci riempie solo quando osserviamo la maestosità delle rocce, il fluire visibile delle stagioni, il passo esperto degli stambecchi. Il brivido della paura che comporta quella vita di sforzi alla servitù del tempo e quell’orizzonte che immobile non riesce a diventare mai noioso.
Per chi conosce queste sensazioni, 3000 metri è la canzone in cui ritrovarle nei nostri appartamenti di città, descritte con la semplicità della sincerità.
Chi non le conosce, invece, attraverso questa canzone, grazie alla voce di Vasco Brondi e alla musica di Federico Dragogna, può avvicinarsi almeno emotivamente a quei luoghi cari a moltissimi cuori che con il proprio amore, vivendoli, cercano di proteggerli dalla distruzione climatica, dall’antropizzazione turistica, degli impianti sciistici e dal dimenticatoio.
3000 metri, infine, decanta amorevolmente la solitudine.
Che vivere a 3000 metri per te
È più facile
Che vivere con me
Proprio la frase del ritornello, apparentemente dedicata ad un concetto di coppia, ad una convivenza difficile, ci fa pensare ad una convivenza ancora più difficile. Quella con le città, con la folla, con i ritmi e rituali sociali di società altamente affollate. Un ambiente, che seppur ci sembri il più naturale per le nostre vite, poiché ne siamo assuefatti e abituati, in realtà è il più distante dalla natura dell’essere umano. Un ambiente che, in tanti modi diversi, ci porta a patire.
Proprio questo patimento, quando ci troviamo a contatto con l’ambiente montano, si placa. Ci riconnettiamo alla natura in un modo spirituale, nel suo essere tangibile: legno, pietra, acqua, fuoco, aria, polvere, erba. Siamo connessi con un ambiente che ci appartiene molto più del cemento e dell’asfalto. Un ambiente dove siamo soli.
La solitudine che normalmente ci spaventa e che, invece, in montagna, se da un lato ci mette in contatto più profondo con quell’interno che spesso sfuggiamo; dall’altro, proprio quella solitudine, ci fa dare il giusto valore ai nostri pochi compagni di sentiero.