I Fast Animals and Slow Kids sono una band che sfugge alle definizioni, capaci di trasformare ogni loro progetto in un racconto di vita vissuta, crudo e senza filtri. Venerdì 25 ottobre sono tornati con un nuovo album, Hotel Esistenza. Il loro settimo lavoro in studio arriva tre anni dopo l’ultimo album e porta con sé una profonda riflessione sul percorso umano e artistico della band. Aimone Romizi, Alessio Mingoli, Jacopo Gigliotti e Alessandro Guercini hanno riversato in queste undici tracce tutto ciò che hanno vissuto negli ultimi anni, tra concerti, viaggi e incontri che li hanno trasformati e maturati.
Il titolo dell’album, Hotel Esistenza, non è solo un’ambientazione, ma un vero e proprio spazio concettuale. Qui, i FASK ci invitano a riflettere su un’esistenza fatta di scelte, di conflitti e di limiti. È un percorso tra le stanze dell’“hotel”, ognuna con il proprio carico di emozioni e interrogativi, dal confronto, alla ricerca di una “normalità” in un mondo sempre più complesso e sfaccettato, fino a toccare il cuore delle relazioni umane e i tanti ingranaggi che le compongono. Come in un diario di viaggio, ogni canzone racconta un episodio, una riflessione, una parte dell’essere umano che tutti noi possiamo riconoscere.
È un percorso tra le pieghe più intime della vita, un racconto fatto di frammenti di esistenze, di amori e rimorsi, di rabbia e speranza. È un disco che si apre e si chiude sulla celebrazione dell’unicità, di quel senso profondo che ci rende tutti protagonisti e spettatori al tempo stesso, in un mondo spesso difficile e spietato.
Negli ultimi anni, i FASK hanno calcato i palchi di club e festival in tutta Italia e in Europa, spingendosi persino nei teatri per un progetto speciale che li ha visti affiancati da un’orchestra sinfonica. Quest’esperienza ha aperto alla band nuove strade sonore, ampliando il loro stile e arricchendolo. Hotel Esistenza è quasi un bilancio artistico che abbraccia passato e futuro, riflettendo la crescita interiore dei membri e affrontando temi universali con un’intensità nuova.
Normalizzare la normalità in un mondo che punta all’eccezionalità
Hotel Esistenza inizia con Una vita normale, una canzone che, ironicamente, è l’ultima ad aver preso vita nel processo creativo della band. Spinta da un riff di chitarra semplice ma potente, racconta una storia di “frequentazione” senza aspettative, la bellezza di una connessione che potrebbe restare tale o trasformarsi in qualcosa di più. La voce di Aimone ci trasporta in un universo dove ognuno di noi, pur sentendosi diverso e fuori dagli schemi, può trovare il proprio posto, accettando un mondo a volte crudele, ma in cui l’unicità è comunque una forza.
“Vuoi una vita normale nessuno ti crede
se sei troppo normale nessuno ti vede”
Il secondo brano, Quasi l’universo, prende il tema dell’amore e lo trasforma in un’analisi dolce e profonda. È la storia di due anime che si conoscono a fondo, ma mai completamente, come se la scoperta non fosse mai finita. Come bambini che scavano nella sabbia in cerca del mare, si spingono oltre la superficie, sfidando il rischio di perdersi pur di scoprire di più l’uno dell’altro. La loro relazione è in movimento continuo, un equilibrio fragile ma avvolgente.
Passando a Festa, il mood cambia radicalmente. Questo brano è già conosciuto, grazie a un ritornello dal sapore ironico e dissacrante:
“La mente del rimorso è piena di scorpioni, come questa festa che è piena di coglioni”.
È una celebrazione della disillusione, un commento tagliente su quelle serate apparentemente spensierate, ma intrise di vuoto. Musicalmente, il brano si attacca nella mente, evocando immagini di tante notti passate tra cocktail e sconosciuti, in cerca di un senso che non arriva mai.
La consapevolezza di abbracciare fragilità, rimorsi e inadeguatezza
Con È solo colpa tua, la band affronta la fragilità e i rimorsi personali. Qui i FASK puntano il dito verso se stessi, tra sentimenti di inadeguatezza e senso di colpa per ciò che non è stato detto o fatto. È una riflessione sulla fine dei vent’anni, su quel momento in cui il mondo sembra pretendere che si diventi adulti, anche se dentro di noi ci sentiamo ancora ragazzini. Nonostante la malinconia, il brano invita a guardare avanti senza rinnegare chi si è.
Brucia è quasi un inno alla ribellione che richiama la passione adolescenziale per le cause perse e per le lotte sociali. Il brano ricorda che ci sono battaglie che non dovremmo mai dimenticare di combattere. È un grido che rifiuta l’indifferenza e reclama giustizia in un mondo sempre più cinico e disilluso.
In Riviera Crepacuore, arrivano i ricordi familiari, a quella strada che tutti conosciamo a memoria, percorsa mille volte durante le vacanze con i genitori. È un tributo malinconico alla riviera adriatica, quel tratto di costa che porta con sé il sapore delle estati passate, dei viaggi in auto con il freddo che pizzica il viso e il mare come sfondo di una vita che scorre.
Torna è adatta a chi sta vivendo una situationship, è un appello a dare una seconda possibilità a una relazione finita. Dal rimpianto alla dolcezza, raccontando l’urgenza di dichiarare il proprio amore prima che sia troppo tardi. È un invito a non trattenere mai ciò che si prova, perché l’amore, se vero, merita sempre di essere espresso.
L’inquietudine dei sentimenti e la forza delle promesse
In Come no si palesa la lotta tra il desiderio di tornare sui propri passi e l’incapacità di cambiare davvero. È una canzone che esplora l’inquietudine dell’amore, quel volere qualcosa che sembra sempre irraggiungibile e sfuggente. Da una condizione di sofferenza, quasi come un punto di non ritorno che trasmette la sensazione di trovarsi in un momento in cui ogni errore ha conseguenze più pesanti, dove si avverte il bisogno di non sbagliare più, ma si è anche consapevoli di quanto questo sia difficile.
Più in basso di così non ci volevo andare
Ti giuro, credimi, sono qui per restare
È stato un attimo solo per respirare
Volevo dirtelo, ma non sapevo come
Cielo è una riflessione sulla fine di una storia, su quel momento in cui ci si rende conto che l’amore è svanito, ma il dolore è ancora lì, immobile. Tra malinconia e la nostalgia di un amore ormai passato, che lascia un vuoto incolmabile.
Santuario rappresenta la stasi di una relazione che non è più viva, ma che resiste per paura del cambiamento. È la rappresentazione di quel sentimento di abitudine e paura di restare soli, che avvolge molte relazioni sul punto di spezzarsi. Il ritmo e la melodia riflettono questa tensione, tra la voglia di rimanere e il bisogno di fuggire.
L’album si chiude con Dimmi solo se verrai all’inferno, una promessa d’amore in cui le montagne fanno da sfondo a un legame profondo e solido. È il sigillo perfetto per Hotel Esistenza, una dichiarazione che non teme il futuro, ma si nutre della speranza che anche l’inferno, se condiviso, possa trasformarsi in qualcosa di bello e significativo.
Dentro “Hotel Esistenza”: i FASK si raccontano
Noi di Cromosomi abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con i Fast Animals and Slow Kids in occasione dell’uscita del loro nuovo disco, Hotel Esistenza. Un album che si presenta come una tappa fondamentale nel loro percorso, denso di riflessioni personali e musicali. Tra aneddoti e pensieri sul nuovo lavoro, la band ci ha raccontato cosa significa, per loro, cambiamento e tornare sul palco.
Hotel Esistenza racchiude tre anni delle vostre vite, tra cambiamenti e radici immutabili. Quali sono i momenti più significativi che vi hanno ispirato per questo nuovo lavoro?
“Fondamentalmente, come sempre, i nostri dischi sono quadri delle nostre vite. Diciamo spesso che, quando saremo più grandi, probabilmente non riguarderemo le nostre foto, ma ascolteremo i nostri album. In questa nuova fase, tre anni di vita sono passati, e siamo davvero felici di aver avuto il privilegio di prendere tutto questo tempo per scrivere. Il disco racconta la nostra vita e include due delle esperienze più belle che abbiamo vissuto: il tour con l’orchestra e il tour europeo. Questi due momenti ci hanno lasciato un segno profondo. Da una parte, il lavoro con l’orchestra ha ampliato i nostri orizzonti musicali, permettendoci di esplorare e interagire con un mondo che ci sembrava distante. Abbiamo imparato a parlare un linguaggio musicale comune e oggi riusciamo ad arrangiare i pezzi con molta più consapevolezza. È un’eredità musicale che ci porteremo sempre dietro. Dall’altra, il tour europeo è stato un’avventura completamente diversa. Abbiamo percorso 17.000 chilometri in un mese, suonando 15 date in 30 giorni, ogni sera sul palco, in piccoli locali con il pubblico vicinissimo, portando una formazione essenziale e un sound super rock’n’roll. Sono stati tre anni intensi, e tutte queste esperienze si sono condensate in 42 canzoni.”
L’album si presenta come una sorta di “albergo” della mente. Qual è la stanza più rappresentativa di questo disco e cosa contiene?
“Credo che, alla fine, ognuno di noi abbia la propria risposta, e cerchiamo sempre di scrivere dischi che rappresentino tutte le nostre anime. Ci mettiamo lì e analizziamo ogni dettaglio. Tra i brani, uno che sentiamo particolarmente riuscito è “Santuario”, e quindi, se dovessi scegliere, la mia stanza personale la dedicherei proprio a quel pezzo intimo. Ma ognuno di noi ha la propria preferenza. In generale, l’immagine che abbiamo di questo “hotel” è quella di un luogo davvero eterogeneo, con stanze molto diverse tra loro: ci sono camere moderne, altre più nostalgiche, una stanza minimalista e un’altra ricca e opulenta, come accade in “Dimmi solo se verrà all’inferno”. Quella canzone, ad esempio, parte con solo piano e voce e si sviluppa fino a un’orchestrazione intensa con un finale imprevedibile e asimmetrico. È molto diversa da un pezzo come “Festa”, che ha un’anima più pop ed è stato scritto anche con una punta di ironia.”
Il cambiamento è uno dei temi centrali di Hotel Esistenza. Quali sfide avete incontrato nel raccontare questa transizione?
“Per noi, il cambiamento è il tempo che scorre, è la crescita. Ci siamo concentrati sugli ultimi anni, cercando di guardare al passato senza fare troppi confronti, ma piuttosto analizzando chi eravamo e chi siamo ora. Ad esempio, in “È solo colpa tua” parliamo del tradimento, del senso di colpa che provi quando tradisci i sogni d’infanzia, dei rimorsi. Tuttavia, c’è sempre la possibilità di cambiare prospettiva: passato e presente si intrecciano in un percorso di crescita che continua giorno dopo giorno. Abbiamo affrontato tutto questo come un processo continuo, senza barriere. Cresciamo costantemente, e questa evoluzione è ancora in corso.”
Nel disco si parla anche di normalità e anormalità nelle vite moderne. Secondo voi, cos’è la normalità e come è cambiata la vostra visione nel tempo?
“L’idea alla base di quel pezzo è che tutto è normale. Spesso partiamo dal presupposto del giudizio: ciò che è diverso da me non è normale, o definisco la normalità in base a ciò che vedo nelle persone intorno a me. Ma se iniziamo da qui, non facciamo altro che aumentare le distanze, le divisioni. La nostra idea, invece, è l’opposto: vogliamo normalizzare tutto. Ogni vita è normale, perché, in fondo, le complessità dell’esistenza sono le stesse per tutti. Cercare la felicità, trovare il proprio posto nel mondo, amare. Quindi se andiamo all’essenza, questi desideri ci accomunano. Qual è la differenza, quindi, tra chi vive una vita più movimentata come la nostra e chi lavora in ufficio? Cambiano solo le scelte, i percorsi che ci hanno portato in direzioni diverse. Non c’è spazio per il giudizio: dovremmo smettere di puntare il dito e iniziare a vedere ciò che ci unisce.”
Con “Come no” affrontate la vulnerabilità e i dubbi in una relazione. Secondo voi, come si può accettare di non avere sempre tutte le risposte?
“È la vita stessa a insegnartelo, e non credo ci sia altra via d’uscita se non scontrarsi con la realtà. Solo l’esperienza può darti le risposte e, attraverso di essa, cerchi di limitare i danni.”
“Dimmi solo se verrai all’inferno” chiude l’album con una promessa d’amore. Cosa significa oggi per voi fare una promessa?
“Fare una promessa significa essere trasparenti, avere una comunicazione sincera con l’altra persona. Vedo le promesse come una sorta di contratto, non in senso legale, ma come un accordo verbale tra due persone. È fondamentale esprimere chiaramente cosa ci stiamo promettendo, includendo anche gli aspetti più complessi e magari scomodi, che a volte si tende a tralasciare ma che andrebbero messi in chiaro. Questo rende una promessa più concreta. Anche nelle promesse d’amore, spesso ciò che conta è chiarire cosa intendiamo per amore: per me potrebbe significare una cosa, con certe caratteristiche, mentre per te potrebbe avere un significato diverso. Così, entrambi conosciamo i confini entro cui la promessa ha valore; altrimenti, una promessa può significare tutto e niente, dipendendo solo dall’interpretazione che le si dà.”
Tra le tracce del disco, c’è “Festa”, che parla della voglia di fuggire da certi ambienti. È più un modo di cercare la libertà o di evitare l’omologazione?
“Dipende dal tipo di festa in cui ci troviamo e dal periodo della vita che stiamo attraversando. Ci sono momenti in cui sentiamo il bisogno di essere originali, e nella musica cerchiamo sempre di costruire un percorso personale. È chiaro che, come tutti, abbiamo le nostre influenze; l’arte nasce da altra arte. Tuttavia, puntiamo sempre a trovare un suono che ci renda unici, cercando di sfuggire all’omologazione e continuando a inseguire la libertà. La scelta stessa di fare i musicisti, di provare a vivere dei propri sogni, è una forma di rivendicazione della libertà, un concetto che nel 2024 può sembrare quasi controcorrente. Ognuno lotta per la propria libertà, anche se è difficile e piena di compromessi, e accettare certi svantaggi diventa il prezzo da pagare per potersi esprimere come si desidera. Che sia per il bisogno di originalità o per l’amore per la libertà, entrambe sono ottime ragioni per lasciare una festa che non senti più tua.”
“Festa”, che dà anche il nome al tour. Come vi state preparando per il “Festa Tour 2024”? In cosa sarà diverso rispetto ai vostri precedenti tour?
“Siamo in giro da qualche giorno, ma prima di partire eravamo immersi nelle prove dedicate esclusivamente ai pezzi di “Hotel Esistenza”. Questa volta siamo davvero soddisfatti, perché spesso capita che, dopo un periodo senza suonare, le prime prove per un tour siano un po’ difficoltose; c’è sempre quel momento in cui ti chiedi: “Siamo ancora capaci di suonare?. Serve sempre un po’ di tempo per ritrovare l’affiatamento, come quando sei in tour da un po’. Stavolta, però, forse per la prima volta, le cose hanno iniziato a girare bene da subito. I pezzi ci stanno piacendo molto in questa versione live, e non so se preoccuparmi o essere entusiasta, perché sentiamo che la sintesi sonora che stiamo trovando è quella giusta. Siamo davvero sulla buona strada. Inoltre, quello che ci sta dando una carica pazzesca è pensare a questo concerto anche come una sintesi delle esperienze vissute negli ultimi tre anni, come il tour nei teatri. Stiamo progettando uno spettacolo più strutturato, non teatrale o recitato, perché l’istinto e la libertà devono rimanere al centro di ogni concerto rock’n’roll degno di questo nome. Ma stiamo immaginando una scenografia importante con cui interagire, un concerto più scenografico. Anche questo ci entusiasma, perché suoniamo da tanti anni e abbiamo bisogno di elementi nuovi che ci stimolino. Quando vedi il pubblico divertirsi, giocare in senso positivo e lasciarsi andare, allora anche le emozioni si trasmettono in modo più naturale.”
Perché in fondo, in questo grande hotel chiamato esistenza, c’è sempre posto per chi ha voglia di mettersi in gioco e vivere fino in fondo ogni momento.