Met Fish ci insegna a fare “Kintsugi” sulla nostra pelle

da | Ago 1, 2024 | Recensioni singoli

Met Fish e Blue Virus non ci fanno ballare in questa estate torrida: Kintsugi è un inno alla resilienza e all'accettazione da cantare sottovoce.

Venerdì 22 luglio, tra le uscite da ascoltare in questa torrida estate, ha fatto il suo debutto anche Kintsugi, nuovo singolo di Met Fish, accompagnato da Blue Virus.

Dopo “Megera” e “I Notturni”, l’artista romano classe ’93 decide di tornare alla ribalta con Kintsugi, un inno all’accettazione di sé, anche dopo mille ostacoli e mille crepe.

Il brano, fin dal titolo, deve molto al concetto di resilienza. Non a caso, si chiama Kintsugi: è l’arte tradizionale giapponese di riparare gli oggetti rotti riempiendo le crepe con la polvere d’oro. Insomma, non si butta via niente, perché pure quello che può sembrare brutto e ormai inutile può tornare non solo bello, ma anche più forte e resistente. La morale? Ognuno di noi dovrebbe imparare a fare Kintsugi sulla propria pelle: rialzarsi dopo le cadute, senza paura di essere giudicati, ma con la convinzione di uscirne migliori. Una nuova versione di noi, più completa, che dice veramente tutto di noi: una rinascita.

Kintsugi, prodotta da Polezsky e Kang Brulée per Orangle Records, si basa un beat hip hop, con diversi elementi old school come il breakbeat. Non mancano però nemmeno elementi più moderni come i pluck, tendenti a sonorità asiatiche, che riportano appunto al mondo concettuale giapponese.

E dopotutto, sapendo il background di Met Fish, ha senso che Kintsugi dia subito l’impressione di essere old school: pensate che è un ex writer, freestyler e produttore romano. Fin dall’inizio della sua formazione musicale ha bazzicato negli ambienti che più hanno risentito della prima e seconda ondata rap. E non si era mai voluto dare un volto pubblicamente, fino al 22 luglio.

Infatti, Met Fish si è sempre ritenuto lui stesso un’opera Kintsugi: ha crepe, ma anche decorazioni, che prima si vergognava a mostrare. Ma ora le debolezze sono state ricoperte d’oro.

Grazie a Met Fish per averci fatto capire, con questo brano, soprattutto oggi, che tutti noi siamo opere d’arte dorate.

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