Gli occhi lucidi di Ciliari: intervista e live di un artista genuino

da | Dic 14, 2023 | #Cromosomiintour, Interviste

Un po' un'intervista, un po' un racconto del live, tutto tenuto insieme da una profonda sincerità.

Ciliari è all’Arci Bellezza per presentare il suo nuovo album, Maledetti Noi, e io arrivo ad interrompere la sua cena per fargli qualche domanda. Domenico è comunque così gentile da accogliermi e offrirmi una birretta.

Maledetti noi: partiamo dal nuovo album

A quale canzone di Maledetti noi sei più affezionato?

Sembra una domanda semplice ma non lo è: tutti i pezzi che finiscono in un album sono pezzi che hanno una loro vita. Ogni brano ha la stessa importanza, sennò non farebbe parte del disco: sarebbe come scegliere un figlio a cui si vuole più bene, è impossibile. Maledetto amore è però quello che ha ispirato poi il titolo dell’album.

Quale canzone di Maledetti noi pensi renda di più dal vivo che in cuffia?

Questa è una bella domanda, lo scopriremo stasera! Maledetto amore è un pezzo che mi dà grandissime soddisfazioni live, mi prende benissimo. A Ciao sono molto affezionato, mi piace tantissimo e spero che live spinga quanto io penso che possa fare.

Quale canzone di Maledetti noi non saresti stato in grado di scrivere 5 anni fa?

Beh, tutte. Ciliari è nato dopo una serie di situazioni di merda esagerate che mi hanno fatto partire con queste canzoni.

Tra Gli amanti (sua vecchia band, ndr) e Ciliari è passato un po’ di tempo in cui hai detto che avevi bisogno di estraniarti: come vedi ora quel periodo? Come lo descriveresti?

Poco dopo c’è stata la pandemia, a saperlo… 

Avevo bisogno di stare da solo, di estraniarmi, ci sono cose che avevo bisogno di vivere esattamente in quel modo lì. Lo racconto in Porno 80.

Quali erano le alternative al nome Ciliari?

Non ce n’erano, è nato da una serie di prese per il culo dei miei amici, come spesso capita.

Da “domi” (abbreviativo di Domenico) a “domiciliari”, dato il mio starmene rinchiuso, si è arrivati a Ciliari. Un po’ come scegliere il nome di un figlio, forse, perché in realtà non so come si faccia. Però poi lo senti e sai che è proprio quello lì.

Numeri, stream, sold-out: per te, personalmente, cos’è il successo?

Bella domanda, principalmente riuscire a continuare a fare musica e riuscire a far emozionare qualcun altro come mi emoziono io quando scrivo le mie canzoni. E poi sicuramente riuscire a fare questo di mestiere, che ad oggi è difficilissimo. Fare musica come percorso di lavoro in un modo sincero.

Fai uno stile di musica che ambisce a resistere al tempo: cosa vorresti che sia Ciliari tra 20 anni?

Avere ancora la voglia e la capacità di dire qualcosa, non smettere mai di avere argomenti, di avere creatività e ricercare le emozioni nei suoni. Io ad esempio sono super fan dei suonini, quei suonini che mi fanno volare. Vorrei che Ciliari tra 20 anni sia ancora qualcuno che fa musica in maniera sincera, col cuore.

Con Gli amanti ti sentivi più limitato artisticamente?

Anche questa è una bella domanda. Gli amanti erano una sorta di comunità, si faceva tutto insieme. Magari se ti svegli e hai un’idea devi prima metterti d’accordo con tutti per realizzarla. Con Ciliari invece, sono l’unico a cui devo rendere conto e soprattutto la responsabilità della riuscita o degli sbagli è solo mia.

Cosa ti ha sbloccato nel raccontare senza filtri ciò che ti passa per la testa?

Ciliari fondamentalmente è stata una sbroccata. Ero al punto di dover scegliere se impazzire o mettere tutto nella musica. Poi magari sono impazzito lo stesso, non lo so. Però è stata proprio un’esplosione, come quando devi dire qualcosa a qualcuno, non ne hai il coraggio e poi arriva il momento in cui ce la fai.

Hai sempre riso dei tuoi problemi o hai imparato?

In realtà è un po’ una maschera. Se ti butti sempre giù poi ci rimani, io cerco di ripigliarmi dicendo le cose tristi ridendo. Così magari non rompo nemmeno le palle alla gente, lo faccio per sdrammatizzare. La vita è bellissima ma anche molto difficile. L’amore, poi, è più difficile che bellissimo. Dico solo cose tristi comunque.

Maledetti Noi di Ciliari, per la prima volta live all’Arci Bellezza di Milano

La serata si apre con i ritmi che personalmente amo di più: una sala che si riempie poco a poco, un cantautore che si presenta con un po’ di timidezza e pian piano magnetizza il pubblico facendo conoscere i suoi pezzi. Ecco, stavolta quel cantautore si chiama Gobbi, ha 26 anni, viene da Cesena e una volta ha cantato Bologna Merda in centro a Bologna (che in realtà è una canzone d’amore, o forse era solo per litigare). Sul palco si presenta con un cardigan un po’ stile Kurt Cobain e con una serenità d’animo che gli permette di fregarsene quando sbaglia qualche parola (che tanto succede anche ai più grandi, anche dopo carriere ventennali e, anzi, è una cosa meravigliosamente indie). Bravo Gobbi, l’importante non è ricordarsi tutte le parole, l’importante è scriverle bene: tu lo sai fare.

Ciliari è uno di quelli che fa la gara a chi ha il cuore più grosso, e vince sempre: vince semplicemente per la gara alla quale sceglie di partecipare. 

Cantare delle proprie sfighe, senza negarle ma senza nemmeno lasciar loro il potere di farci abbattere è un modo bellissimo di trasformare la musica in una terapia collettiva, in uno sfogo col sorriso.

Vince perché sceglie di far parte di quell’universo di artisti che giocano contro il tempo, che scrivono perché non potrebbero sopravvivere senza farlo.

Ciliari me l’ha anche raccontato nell’intervista prima del live: le sue canzoni nascono da una necessità espressiva che non poteva più tenersi dentro.

O esplodo io, o butto fuori questa roba in qualche modo.

Ha deciso di farlo nel miglior modo possibile, partendo dalle sue emozioni cercando di tradurle per tutti gli altri, così da creare una famiglia di amici che ballasse sui problemi insieme a lui.

Quello che mi ha colpito di Ciliari sono stati i suoi occhi lucidi sul palco, i suoi sorrisi incontenibili che lasciavano trasparire pura gioia quando il pubblico cantava i suoi testi.

La genuinità così marcata di Ciliari è quello che lo rende unico e si nota in tutto ciò che fa: dalle parole delle sue canzoni al modo in cui sta sul palco (e sotto, quando si butta in un carrello per cantare Puntifragola o abbracciando letteralmente il pubblico saltando sulle note di Giornata di merda). Anche il suo modo di comporre è così trasparente che non può esser nato da nulla di diverso di una pura emergenza comunicativa: lo si nota chiaramente in Fine, che conclude il nuovo album trasmettendo tantissimo senza dire una parola.

Per Basta sale sul palco anche VV, cantautrice che ha preso l’imperfezione e l’ha trasformata in una maturità artistica nata sulle ceneri di una vita che non sentiva sua.

L’emozione per la prima volta live di tanti pezzi non fa tremare le gambe di Ciliari e, anzi, è un valore aggiunto all’esibizione: da Maledetto amore a Ciao, sono tanti i brani che suonano già come classici e che collezionano l’entusiasmo dei presenti. Quello che, più di tutti, merita secondo me una menzione speciale è però Oggi starò bene, che dal vivo tocca forse qualche corda in più di quelle che raggiunge in cuffia. 

Genuinità e autoironia: se ne sentite il bisogno, ne troverete a valanghe in Ciliari.

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