“Lux Eterna Beach”: il racconto del nuovo album luminoso, eterno e “bagnato” di Colapesce e Dimartino

da | Nov 4, 2023 | Interviste, Recensioni album

Esce venerdì 3 novembre Lux Eterna Beach, l’attesissimo nuovo album di Colapesce Dimartino anticipato dai due singoli La luce che sfiora di taglio la spiaggia mise tutti d’accordo e Ragazzo di destra.

Il 2023 è stato un anno molto prolifico per i due cantautori: prima la partecipazione a Sanremo 2023 con il brano Splash, vincitore del Premio Della Critica Mia Martini e del Premio Lucio Dalla, poi il debutto cinematografico con La primavera della mia vita, divenuto già un cult e che si è aggiudicato il Nastro D’argento e il Globo D’oro. A chiudere in bellezza ci penserà il tour nei principali club italiani che partirà mercoledì 23 novembre.

Undici le tracce, capitoli di un racconto intriso di libertà, sensualità ed esistenzialismo: si parte con La luce che sfiora di taglio la spiaggia mise d’accordo, manifesto di questa nuova alla narrazione, passando per il racconto quasi fiabesco di (un) Ragazzo di destra, arrivando alla poesia onirica di I Marinai (scritta e cantata da Ivan Graziani, completata da Colapesce Dimartino) fino alla dicotomia tra l’amore rocambolesco di Cose da pazzi e quello irrecuperabile di Neanche con Dio. Un percorso che ha un senso e che bisogna intraprendere con concentrazione se si vuole cogliere anche la più piccola delle sfumature. Dietro ogni parola e suono si cela un significato, niente è stato lasciato al caso, tutto è stato incastrato come in un complicatissimo cubo di Rubik.

Li abbiamo incontrati per farcelo raccontare proprio da loro.

Il 3 novembre esce il vostro nuovo album: come vi sentite? Ansia?

Colapesce: L’ansia c’è a prescindere dall’album, è un sottofondo. Siamo contenti, in realtà, perché è un disco su cui abbiamo lavorato tanto e in cui crediamo, non vediamo l’ora di poterlo “liberare”, perché e è una liberazione, quando lavori tanto tempo a un disco, è come un figlio che inizia a camminare e poi se ne va per i fatti suoi.

Francesca Fagnani inizia sempre le sue interviste chiedendo ai suoi ospiti “Che belva si sente?”, quindi ve lo chiedo anch’io: che belve vi sentite?

Dimartino: Io mi sento uno squalo, perché ho paura degli squali, quindi preferisco sentirmi uno squalo piuttosto che essere mangiato dallo squalo.

Colapesce: Io mi sento un po’ un gatto, perché è un animale che mi affascina moltissimo da sempre, mi piace la sua indipendenza, il suo modo di vivere “qui e ora”. Il gatto non pensa al futuro. Il gatto pensa solamente a mangiare.

Se poteste descrivere questo album con tre aggettivi, quali scegliereste?

Dimartino: Luminoso, eterno e bagnato. Luminoso perché è molto luminoso, anche se ci sono pezzi scuri, più politici, comunque rimangono per noi luminosi, per noi hanno comunque una luce che abbiamo tenuto molto a salvaguardare, anche se utilizziamo termini anche forti. Bagnato perché il mare c’è sempre, dentro il disco c’è un poster dove siamo immersi dentro l’acqua, come se il disco fosse un’isola bagnata da questo Mediterraneo, nel nostro caso. Eterno perché è quello a cui puntiamo, speriamo che questo disco duri un po’ di più di due giorni.

Colapesce: Anche due settimane.

Dimartino: Dopo due settimane ormai un disco è eterno.

Cosa c’è di diverso in Lux Eterna Beach rispetto a I mortali?

Colapesce: Questo disco è molto più organico. I mortali era anche un esperimento, perché abbiamo lavorato con tanti produttori, volevamo un sound diverso quasi per ogni traccia, era un’operazione più situazionista, per un certi versi. Invece, qui, venivamo già da un esperienza in studio insieme molto più intensa, è nato in maniera più coesa. I brani sono legati anche da un punto di vista sonoro. C’è un’idea testuale che lega tutto il disco, è un po’ come se fosse un concept (album, ndr). Si apre con un brano e si chiude con un altro che hanno senso messi insieme, insomma, c’è un lavoro più da disco, come poteva essere un disco negli anni Settanta.

Parliamo di Ragazzo di destra: c’è chi l’ha definito un “concentrato di stereotipi e banalità”, “denso di luoghi comuni, spocchia e tracotanza”: come mai avete scelto proprio questo come singolo? Eravate consapevoli della “divisione politica” a cui andavate incontro?

Dimartino: Sicuramente è pieno di stereotipi, ma è stato voluto. Ultimamente, la politica parla solo per stereotipi, noi abbiamo solo preso le parole degli slogan politici. La parola “invasori” non l’abbiamo inventata noi e non abbiamo mai parlato di sostituzione etnica come ha fatto il ministro Lollobrigida (Ministro dell’Agricoltura, ndr). Abbiamo preso gli stereotipi della destra e li abbiamo messi in una canzone. La canzone secondo noi non ha un intento politico e neanche ironico, è una canzone che parla della paura. Parla di questo ragazzo di destra, che non sono tutti i ragazzi di destra, è UN ragazzo di destra che a un certo punto, vinto dall’odio si ritrova da solo davanti a una scogliera e prova un sentimento comune a qualsiasi colore politico, che è la paura, sentimento legato a problemi sociali, alla politica, al momento storico molto difficile che stiamo attraversando. Per cui, definirla una canzone politica secondo noi è sbagliato, è un affresco di una storia italiana, che potrebbe essere anche una storia tedesca, una storia francese, ecc. Potrebbe essere anche un ragazzo ungherese di destra.

Se questo album fosse una pietanza, cosa sarebbe?

Colapesce: Una parmigiana di melanzane, perché la parmigiana ha bisogno di tanta lavorazione. Questo disco ha vari strati, come la parmigiana.

Dimartino: Una caponata di melanzane, perché anche sulla caponata ci devi lavorare: se sbagli friggere le melanzane o la cipolla è un casino.

L’intervista è poi proseguita solo con Colapesce a causa di alcuni impegni di Dimartino.

In Splash dite: “Preferisco il rumore delle metro affollate a quello del mare”. Nella realtà sei più da città e metro o da mare e spiaggia?

Colapesce: Io mi devo muovere continuamente, non riesco a identificarmi con un luogo preciso. Se sto troppo in spiaggia, poi ho bisogno di città, se sto troppo in città, ho bisogno della montagna, se sto in montagna, ho bisogno del mare. Mi piace molto viaggiare, viaggiare è il centro della mia vita da sempre. In questo momento, mi sento “città” perché cerco di vivere il “qui e ora”, sto cercando di vivere appieno la città.

Avete partecipato a Sanremo 2021 con Musica Leggerissima e Sanremo 2023 con Splash, vincendo premi importanti come il premio della Sala Stampa Radio Tv-Web Lucio Dalla e il Premio Della Critica Mia Martini. E ora? Non c’è due senza tre?

Colapesce: Non ci stiamo pensando a Sanremo, siamo incentrati sul tour e sul disco… E va bene così, è bello pensare che puoi fare musica anche al di fuori del Festival.

Qual è il vostro brano preferito di Lux Eterna Beach?

Colapesce: Non si può scegliere, sarebbe come chiedere “Qual è il tuo figlio preferito?”. Non ti so dire, ha senso come album, abbiamo fatto una scelta a monte precisa, se togli una cosa non funziona più.

Quale pensi sia il punto di forza di questo album?

Colapesce: Lux Eterna Beach ha una caratteristica che c’era anche ne I mortali, ossia questo fatto di utilizzare questo mezzo apparentemente leggero come la canzone per veicolare dei contenuti anche densi, profondi. Nei nostri singoli c’è un aspetto di leggerezza, ma se vai a scavare, c’è sempre una tridimensionalità nel testo. Un altro punto di forza è sicuramente la produzione, a cui abbiamo lavorato tantissimo, abbiamo passato tantissimi mesi a cercare i suoni giusti, che suonassero come volevamo noi, che non risultassero troppo di moda, perché risultasse un disco senza tempo.

C’è qualcuno a cui dedichi Lux Eterna Beach?

Colapesce: Lo dedico a Colapesce bambino, perché da sempre ho avuto il sogno di fare il musicista, già da piccolo, a sei anni. Lo dedico con tenerezza a quel bambino che non sapeva cosa fosse la vita, fare musica, tutte le difficoltà che poi ho incontrato nel corso degli ultimi trent’anni.

Puoi convincere il pubblico ad ascoltare Lux Eterna Beach utilizzando una sola frase: quale?

Colapesce: Provate sempre ad andare oltre la superficie.

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