Entro in camera, mi sdraio sul letto, metto play. Lo avverto subito, Acqua e zucchero non è il solito album che parla della fine di un amore. Sento come se qualcuno mi abbracciasse dolcemente, un sorriso inaspettato compare, non piango – strano, penso -.
E, traccia dopo traccia, capisco: non si racconta del dolore, dell’abisso in cui ti chiudi e ti perdi. Non si racconta della fine dell’amore, ma dell’amore compresa la sua fine. Un mix di sentimenti contrastanti che ne danno come risultato solo uno: la dolce nostalgia per qualcosa che non sarà più, ma che per fortuna è stato. C’è la leggerezza dell’inizio, l’instabilità del mentre, l’accettazione del dopo.
Peter White in Acqua e zucchero dà la telecronaca di un amore in diretta, ricordandoci che prima di maledirlo per quanto ci butti a terra, dobbiamo anche ricordarci delle terre nuove che ci ha fatto vedere.
Acqua e zucchero ci catapulta all’interno della casualità e della spensieratezza dell’inizio con Baricentro (feat chiamamifaro) e Lunatica.
Tra serate di troppo e gin annacquati, nella monotonia dell’uscire sempre negli stessi posti con la stessa gente, capita una sera in cui la notte vorresti non finisse mai. Sono quelle sere in cui in mezzo all’euforia generale delle persone, con la scusa di una sigaretta, ti ritrovi ad andare a passo lento solo con una di loro. E ti senti instabile e non è l’alcol. E forse un po’ è l’alcol, ma ti accorgi che era da tempo che non riuscivi a parlare così di te a qualcuno. Si parte con la scusa di una sigaretta e si finisce a pensarne ad una successiva per potersi incontrare di nuovo.
Perché arriva mattina, la nottata finisce e chissà se ci si rivedrà più.
E poi si svuota la strada
La festa è finita
Ormai è andata così
Poi va a finire che ci si rivede un’altra sera e anche quella successiva. Karaoke, Dall’altra parte del mondo, Radio raccontano di come senza accorgertene inizi a vedere i tuoi sbagli rimpicciolirsi, cose che un tempo ti facevano paura farsi più inconsistenti, persino quel film che dicevi di odiare ora non fa più così schifo. Raccontano di come con quella persona accanto inizi a vedere te stesso e il mondo attorno con occhi nuovi. E forse perché, di occhi, hai preso a prestito i suoi.
E quando è lontana, sembra quasi che gli sbagli riprendano la loro grandezza naturale, ma poi ti ricordi che quella persona c’è e l’instabilità torna ad essere un fermo immagine.
E questa sera che non sei in città ho messo i tuoi occhi
Ho guardato qui intorno
Io sono fatto male lo sai, la luna storta, i momenti giù
Purtroppo lo zucchero finisce e lascia il posto all’amaro. Qualcosa in mezzo ai denti (feat Galeffi) e Canzone blu parlano della lenta presa di consapevolezza di un qualcosa che sta morendo, mancarsi mentre ancora si sta insieme, voler dire che la fine non si vorrebbe avere, non volere mostrarsi fragili e rimanere zitti.
Vorrei dirti che mi manchi, ma ho qualcosa in mezzo ai denti
Ci si lascia e si diventa dei semplici ricordi, souvenir da attaccare al frigo dopo un bel viaggio. In Trattami come vuoi, Non smettere mai, Foto mosse e Segni zodiacali (feat Gemello) capiamo come la fine, però, non arrivi nel momento esatto in cui si pronuncia. La fine deve essere metabolizzata e ha bisogno di tempo per farlo. Il vortice d’emozioni più contrastanti, quello che arriva dopo una chiusura, dove si alternano momenti in cui ti senti bene a tornare a camminare con i tuoi soli passi, riscoprire abitudini che avevi abbandonato, l’aperitivo con le amiche il venerdì, ballare a piedi nudi sulle note di uno stereo, il camminare solo nella notte. Ma resta il fatto che qualcosa c’è stato e brucia ancora. E così anche se in letti divisi, i pensieri rimangono allineati. Allora, forse, non si è poi così distanti.
Noi adesso siamo insieme anche se lontani, che non lo ammetti, ma mi pensavi
Ma distanti in realtà si sarà mai? Peter White in Momento esatto e Prendi le cose che fai tira le somme, accetta la fine. E capisco quell’abbraccio che sentivo avvolgermi dolcemente.
L’istante preciso in cui capisci che quando due vite si incontrano all’incrocio, poi non tornano a viaggiare su binari paralleli. Sono semplicemente acqua e zucchero. Non le dividi mai del tutto, una volta mischiate.
Noi siamo quel momento esatto che ti giuro non passa mai
Discorso a sé merita Mercoledì, 2017: una cantata malinconica per i venti anni ormai andati. L’età dei sentimenti veri ed eccessivi, incontaminati e destabilizzanti, incompresi e discordanti. Che poi si cresce e quella purezza si perde, il farsi vedere diventa più importante del sentire, l’ansia di dover diventare qualcuno prende ogni centimetro di spazio e non lascia posto a nient’altro.
L’amore diventa un sentimento banale come il mercoledì che accantoniamo. Ma, nell’iperattività di una giornata scandita da impegni, anche con la porta ben chiusa, quello entra. E ci si stupisce nel vedere con quale facilità gli diciamo ancora di sì. Perché anche se come il mercoledì, è l’unico che fa sentire come fosse sempre sabato.
In una vita di no tu dici ancora di si
che l’amore è bello anche di mercoledì