I Calibro 35 all’Alcatraz tra purezza e invenzione

da | Ott 24, 2023 | #Cromosomiintour

Una colonna della musica italiana costruita con la sperimentazione perenne.

Ai Calibro 35, fondamentalmente, non gliene frega niente.

Non gliene frega niente di tutto il circo che si crea attorno agli artisti, alle canzoni, alle etichette. Non gliene frega niente di cercare consensi, suoni orecchiabili, ritornelli che rimangono in testa. I Calibro 35, ai miei occhi, sono forse più vicini ai compositori classici che alla scena rock strumentale alla quale vengono associati su Wikipedia.

Se le sonorità sono talmente variegate da trascendere le epoche, il processo creativo sembra davvero quasi un unicum nel 2023. Trovarsi davanti ai Calibro 35 significa essere travolti da continui esperimenti, da musica nel suo stato più puro possibile.

Rischioso? Sì, tantissimo. Forse è per questo che è un rischio che quasi nessuno cerca di correre. Nulla di spaventoso, però, per chi vive di musica da quasi 30 anni e che, dal 2007, ha deciso di riunirsi per creare un laboratorio musicale di una ricchezza spaventosa.

Enrico Gabrielli, Massimo Martellotta, Fabio Rondanini e, fino a pochi mesi fa, Luca Cavina, guidati dalla sapiente produzione di Tommaso Colliva sono gli ingredienti che da 16 anni danno vita a questa pozione magica, ogni volta colorata e profumata in maniera diversa, chiamata Calibro 35.

Il nome vuole richiamare le atmosfere dei film polizieschi degli anni ‘60 e ‘70 (un po’ come La malavita dei Baustelle; sì, sono riuscito a citarli anche oggi e non sarà l’unica volta in questo pezzo), ma ridurre i Calibro 35 a queste sonorità sarebbe un delitto.

D’altronde, non si sta in giro per il mondo a portare la musica di Ennio Morricone per caso.

Per comprendere un pochino meglio la portata della capacità artistica di questa superband, basta controllare il numero di album in cui Enrico Gabrielli ha messo lo zampino nella sua carriera: più di 250. Nemmeno Wikipedia ha il numero esatto.

Andando a curiosare tra gli artisti coinvolti dal suo genio musicale, si fa più fatica a menzionarne uno che non l’abbia mai incrociato: Baustelle, Dente, Vinicio Capossela, Colapesce e Dimartino, Daniele Silvestri, Zen Circus, Cristiano Godano, i Selton, Ghemon, gli Afterhours con cui i Calibro 35 hanno spesso incrociato (anche attualmente) storie e componenti e tanti, tantissimi altri. Senza dimenticare Venerus, ospite speciale oggi all’Alcatraz e degno portatore dello stesso magnetismo mistico sul palco.

Prima di loro, sul palco dell’Alcatraz, ci ha pensato lo Studio Murena a prepararci al giusto vortice di note sperimentali. Anche loro guidati dalla produzione di Tommaso Colliva, questi 6 ragazzi stanno riuscendo a prendersi i loro spazi con uno stile che contrasta le tendenze, ma cerca piuttosto di crearle.

Non so se sia troppo presto o troppo ardito paragonare lo stile dello Studio Murena a quello dei Calibro 35; mi limito soltanto a dire che, nella serata dell’Alcatraz, non ci poteva essere nessuno di più adatto ad aprire il concerto.

Senza nulla togliere alla magia strumentale dei Calibro 35, non nascondo che i momenti che a me, ascoltatore medio-basico, hanno tolto il fiato sono stati quelli accompagnati dalle parole.

L’appuntamento di Ornella Vanoni cantata da Roberto Dell’Era è il pezzo con cui ho iniziato ad apprezzare questa superband e, ogni volta che mi capita di riascoltarlo, l’effetto è sempre da brividi. Sei acqua di Venerus è una poesia così delicata e profonda che riesce ad amalgamarsi alla perfezione con il tappeto strumentale dei Calibro 35: semplicemente un capolavoro.

La sensazione che questo concerto mi ha lasciato è piuttosto unica: la mente è ripulita, più lucida, più reattiva. Tra qualche giorno saprò cosa è rimasto, ma mi rendo pienamente conto che qualcosa di importante l’ha attraversata. 

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