Giovanni Cantiello, in arte Giovanni Ti Amo, è un artista casertano classe ’99. Cresce ascoltando la collezione di vinili jazz e rock del padre. A cinque anni comincia a suonare il violino, a dodici la chitarra, a sedici suona e canta nelle band del suo liceo. Nel 2020 scrive e produce i primi brani cantati in italiano, il risultato sono canzoni d’amore nelle declinazioni più terrene e quotidiane possibili, storie di sigarette e sesso a volte cantate, a volte urlate o sussurrate, partorite in cameretta o in un garage con i suoi amici. Venerdì 26 maggio è uscito per Pulp Music/Virgin LAS DONGIOVANNI, il suo primo EP. Sabato 27 maggio lo ha portato live sul palco del MI AMI FESTIVAL.
Per l’occasione, noi di Cromosomi ci abbiamo fatto quattro chiacchiere con Giovanni Ti Amo in data 24 Maggio, prima dell’uscita di DONGIOVANNI e dell’esibizione al MI AMI.
Tra pochissimo esce il tuo primo EP DONGIOVANNI. Come ti senti?
Bene, bene. Sono molto gasato. Ho un po’ di ansietta per tutte le cose che mi aspettano, anche per il MI AMI. Però è un bel momento, è la mia prima uscita. Sono contento.
Visto che hai menzionato il MI AMI, cosa dobbiamo aspettarci?
Una cosa che i ragazzi della mia etichetta hanno notato è la mia tendenza a chiacchierare molto. Mi piace instaurare un rapporto con il pubblico e mi piace raccontare le storie che ci sono dietro alle canzoni. Non lo faccio chiaramente in maniera didascalica, però mi piace chiacchierare con il pubblico. Poi in generale mi hanno detto che tengo abbastanza bene il palco, speriamo sia vero.
Dai, sicuramente lo sarà. Torniamo un po’ alle origini, come nasce il progetto Giovanni Ti Amo?
Nasce circa due anni fa. Avevo conosciuto Masamasa, un artista della mia città, e abbiamo iniziato un rapporto di amicizia e lavorativo. Poi sono entrato nel suo collettivo che si chiama Sei la mia vita, e loro avevano un po’ quest’estetica dei graffiti. Sei la mia vita infatti, è un graffito sulla reggia di Caserta. Quindi, è nata questa collaborazione. Il nome Giovanni Ti Amo viene da questa estetica old school dei graffiti. Da lì ho iniziato a scrivere le mie prime canzoni. Prima avevo delle band, le classiche band del liceo. Suonavamo le cover degli Arctic Monkeys e dei Green Day. Poi un giorno ho deciso di proseguire come solista perché i miei amici avevano preso altre strade e ho iniziato a scrivere in italiano. Da lì è nato Giovanni Ti amo. Poi ci sono stati gli sviluppi successivi, mi sono trasferito a Milano ho conosciuto i ragazzi della mia etichetta.
Come è stato il passaggio da una band ad un progetto solista?
Pur essendo solista, continuo ad avere una band. Al MI AMI suonerò con la mia band. Sono i miei amici di Caserta e il fatto che non mi separi mai da loro è bellissimo. Anche se sono da solo a me piace moltissimo questa cosa di suonare con dei musicisti veri, quindi cerco di mantenere ancora l’approccio band, soprattutto nei live. È la cosa che più mi gasa, soprattutto se suono con i miei amici. Per questo non ho avvertito un particolare distacco. Certo, i pezzi di questo EP sono figli di una scrittura perlopiù solitaria. Falene, e molti altri pezzi, li ho scritti in cameretta. Poi li ho suonati tremila volte con i miei amici, ma la genesi parte dalla mia cameretta. Però di base, anche nelle nuove canzoni che sto scrivendo, cerco di mettere questa dimensione di band.
Invece, cosa vuoi comunicare con il titolo DONGIOVANNI?
Ha molteplici significati. Il primo è quello relativo al mio modo di fare, il mio corteggiare spesso e volentieri le donne. Ma, al di là di questa questione puramente frivola, se vogliamo, DONGIOVANNI è una sorta di flirt che io sto cercando di avere con le persone a cui voglio arrivare. In qualche modo, sto cercando di corteggiare un ideale pubblico o comunque, sto cercando di presentarmi, nella maniera che ritengo migliore, ovvero flirtando.
Poi Don Giovanni è un’opera lirica di Mozart e io comunque ho una formazione classica, essendo un violinista. È anche il titolo di un disco di Battisti dell’86. Battisti è uno dei miei artisti di riferimento. Poi io mi chiamo Giovanni, quindi il titolo richiama anche il mio nome.
Inizialmente, non avevo idea di come chiamare l’EP, poi parlandone con i ragazzi dell’etichetta è venuto fuori questo nome. È stato Giacomo, un ragazzo dell’etichetta, a proporre questo nome e immagino lo abbia fatto per questo mio modo di approcciarmi con le persone. Ci ho ragionato un po’ e ho trovato tutti questi motivi secondari che ti ho esposto. Poi, nelle canzoni parlo quasi solo d’amore per cui, ci sta benissimo. Quindi, in un certo senso, il titolo è stato sia programmato che casuale.
Hai citato Battisti. Hai altri artisti di riferimento?
Le mie influenze sono molto variegate. Ascolto molta musica diversa e non mi piace focalizzarmi solo su un genere. Ci sono i grandi modelli di sempre, i Beatles, Paul McCartney, gli Arctic Monkeys, gli Strokes, ma anche King Krule, Steve Lacy, Mac Demarco. Oltre a Battisti, sono pochi i modelli italiani che mi hanno ispirato e mi ispirano tutt’oggi. Io cerco sempre di comunicare questa mia italianità sia da un punto di vista musicale ma anche d’immagine. Ci tengo molto a questa cosa, ma devo dire che ho pochi artisti di riferimento italiani. Sono Battisti, Lucio Dalla, Enzo Carella. Ultimamente sono in fissa con Mino Vergnaghi, che ha vinto il festival di Sanremo nel ’79, mi sembra. Sono impazzito. Ha fatto un solo disco, bellissimo.
Hai detto che ci tieni spesso a comunicare questo tuo essere italiano. Vuoi sviscerare la questione?
È molto difficile per me sviscerarla. È una cosa che si capisce dopo un po’ che mi frequenti. In un contesto sociale dato, dove mi presento a delle persone, sicuramente nelle prime tre frasi che escono dalla mia bocca esce la parola Italia. Per me, è un modo per dire una cosa bella. Tipo, un mio amico mi dice: “Ieri sono andato al mare” e io rispondo: “Ah bellissimo, l’Italia!”. È un intercalare che ho con i miei amici di Caserta e che continuo ad usare anche qui a Milano. Rappresenta qualcosa di bello, ma anche un ideale di vita lenta, che è tipicamente italiano. È molto difficile da spiegare. Tutti mi prendono per pazzo i primi momenti, poi appena entriamo in sintonia capiscono cosa voglio dire. Tanti amici che ho conosciuto qui a Milano hanno iniziato a prendere questo intercalare.
E cerco di portare questo concetto anche nelle canzoni che scrivo. Battisti per me è molto italiano perché dice poche cose ma le dice nei momenti giusti e nel modo giusto. È quello che cerco di fare anche io, e per me anche questo è italiano. Ma, in primo luogo, si tratta di un fattore estetico e di uno stile di vita, che poi si riflette in tutte le altre dimensioni, un qualcosa che non ha epoca, ma si riconduce al fatto di essere italiani.
Infatti, in DONGIOVANNI sembri voler richiamare questo tipo di estetica.
Si, soprattutto nelle ultime canzoni. Anche la copertina richiama questa estetica e questo immaginario. Qualche giorno fa ho pubblicato il video trailer e molte persone mi hanno detto che sembrava un film di Verdone degli anni ’80. È proprio lo stile a cui voglio far riferimento. Non l’ho deciso a tavolino, è il modo in cui mi approccio alla musica, alla vita e alle relazioni.
C’è una canzone dell’EP a cui sei particolarmente legato?
Forse Un bacio in America. La sento proprio mia. L’ho scritta in un pomeriggio, sono entrato in studio, l’ho registrata ed era pronta. Poi c’è anche Cloro, perché mi piace molto il sound ed è dove è iniziato il tutto. Mi piacciono tantissimo anche le altre. Sento Falene molto mia, ma anche Bambina in Discoteca e Burro Cacao. Tra tutte però, direi Un bacio in America.
Ti va di raccontarci la storia dietro a questo pezzo?
Te lo giuro è l’unica canzone dove non c’è una reale storia dietro. Sono entrato nello studio con l’intenzione di fare un pezzo da pubblicare a San Valentino. Visto che mi chiamo Giovanni Ti Amo, San Valentino dovrebbe essere la mia festa e quindi vorrei far uscire un pezzo ad ogni San Valentino. Non ho minimamente pensato alle parole. Ho suonato la chitarra, poi il basso con Federico Nardelli che è il mio produttore , poi ancora la batteria. Ho cantato delle cose a caso ed è uscito questo pezzo. Non so, forse pensavo ad un amore ideale, perché comunque è una canzone molto dolce, da coccole più che da amore. Questo pezzo semplicemente mi è venuto e l’ho fatto senza pensarci troppo.
Per concludere, ti va di consigliare ai lettori di Cromosomi un album da ascoltare?
C’è questo tipo, sconosciuto, che si chiama Ray Laurel. È un tipo londinese che somiglia un po’ a Prince. Ha fatto uscire un EP qualche giorni fa che si chiama Temptress. Bellissimo, stupendo, non dico altro.
Scanzonato, effervescente, o, come direbbe lui, italiano. Giovanni Ti Amo è solo agli esordi, ma sa certamente come lasciare un segno. Con DONGIOVANNI ci ha corteggiati, ci ha mostrato il suo lato più appealing. A questo punto viene naturale chiedersi cosa succederà dopo la fase del corteggiamento. Le premesse sembrano ottime ma per avere una risposta bisognerà aspettare ancora un pochino. Una cosa però è certa: dopo questa intervista sentendo dire “molto italiano” non penserò solo a Stanis La Rochelle ma anche a Giovanni Ti Amo.