Mondo Rosso è il titolo del nuovo EP di Generic Animal, artista poliedrico che ha deciso di provare a racchiudere in questo progetto alcuni significati della crisi interiore e umana che lo attraversa da qualche tempo a questa parte. Tra metafore e drum machine, abbiamo provato a districarci in questo Mondo Rosso ponendo qualche domanda all’artista.
Il tuo nuovo EP è caratterizzato da brani un upbeat non senza drum machine e pianoforte. Come è andata la fase di ricerca sonora per questo EP e qual è stata in questo la difficoltà più grande riscontrata?
Questo è il primo EP che ho iniziato a produrre di mano mia: l’ho scritto per elementi, partendo dalla drum machine che mi è stata regalata. Ho iniziato a sperimentare in maniera un po’ casuale imparando a destreggiarmi. Successivamente ho preso a scordare la chitarra quasi in maniera ossessiva, come facevo nei miei vecchi gruppi metal adolescenziali. L’EP è stato scritto un mattoncino dopo l’altro. La difficoltà in realtà non c’è stata. Mi sentivo completamente nuovo a un po’ di cose: sono andato da Marco Giudici chiedendogli un aiuto e abbiamo definito la tavolozza di colori da cui partire. Ecco: tanti dubbi ma nessuna difficoltà sostanziale. E il livello della produzione è più alto rispetto alle mie demo di Garage Band.
Rosso è la traccia guida di questo EP. Il rosso è un colore molto forte, dell’amore o dell’energia. Cosa vuole esprimere Generic Animal principalmente con questa scelta cromatica?
Il colore rosso è legato al collasso per come la immagino io. Ma ci sono anche i temi un po’ più popolari della rabbia e dell’amore. È un mix di cose belle e brutte anche separate fra di loro.
L’immagine di un gigante rosso è una metafora che vuol dire varie cose, dal riscaldamento climatico al calore delle relazioni umane, in senso rispettivamente negativo e positivo. Come è nata la metafora?
È stata una sorta di epifania. Ci sono tanti personaggi nei fumetti o nel cinema che hanno la simbologia del gigante, ma personalmente era da un po’ che volevo cercare di uscire dalla razionalità dei testi.
Quanto le metafore sono importanti nella fase creativa per te personalmente?
Le metafore sono molto importanti nella fase di scrittura. Nella fase creativa si ha una specie di magma che poi si raffredda e prende forma: le metafore sono quelle cose che mi fanno venir voglia di scrivere testi. Magari quando guardo dalla finestra mi imbatto in un qualcosa di semplicissimo ma lo ricollego a una sensazione. Il mio cervello ragiona così. Per me che scrivo e disegno le metafore sono fondamentali. Alla mia musica accosto sempre qualcosa di grafico e illustrativo.
Cosa ne pensi della costante democratizzazione della musica? Il settore è saturo o sempre più promettente?
Penso che il mercato sia molto saturo e che la musica non sia fatta con la democrazia. Lo dico da persona che ha avuto privilegi, ma ha avuto anche delle idee. Credo che ultimamente ci sia carenza di idee. Non è un discorso cinico, avrei solo bisogno di emozionarmi ancora. Ci sono progetti validi in Italia ma il sistema corre sempre su un binario: si fa musica estremamente di nicchia oppure musica commerciale che si esaurisce velocemente. È tutto molto definito ma credo che la definizione nella musica non abbia mai vinto.
Come definiresti il tuo approccio ad un live?
Inizialmente con la band ero un po’ propenso a cercare di soddisfare la versione studio, ma sono più affascinato dalla versione live a dalla non necessaria ripetibilità di quel qualcosa. Ho riarrangiato un po’ di brani vecchi in chiave più rock, cambiando perché mi sentivo libero di farlo. Del resto, sono anche aumentati i brani in scaletta. Per altri versi alcune cose sono valide anche nella versione studio e a volte va bene così.










