L’Elfo presenta Milord: “Non devo più dimostrare di venire dalla strada”

da | Feb 28, 2022 | Interviste

Con uno stile diverso rispetto al suo solito l’artista di Catania ha dato vita a un EP più profondo e introspettivo dove ha sperimentato anche a livello sonoro. Rosario Luca Trischitta, in arte L’Elfo, è uscito con il suo nuovo EP Milord. Il progetto è una raccolta di 7 brani che il rapper classe 1990 […]

Con uno stile diverso rispetto al suo solito l’artista di Catania ha dato vita a un EP più profondo e introspettivo dove ha sperimentato anche a livello sonoro.

Rosario Luca Trischitta, in arte L’Elfo, è uscito con il suo nuovo EP Milord. Il progetto è una raccolta di 7 brani che il rapper classe 1990 ha iniziato a rilasciare a cadenza bisettimanale a partire dallo scorso novembre. Il 25 febbraio si è chiuso il cerchio e insieme all’uscita dell’ultimo episodio Social è stato pubblicato l’intero lavoro. L’Elfo è voluto uscire dalla sua comfort zone, ha sperimentato a livello sonoro e non solo dimostrando una maturazione artistica. Abbiamo avuto il piacere di parlarne direttamente con lui ai nostri microfoni.

Ciao Luca! È appena uscito il tuo nuovo EP Milord. Che aspettative e che sensazioni hai?

È un progetto che ho creato di getto, più delle altre volte. So che è un EP particolare e che verrà capito da pochi, non è un progetto forte a tal punto da smuovere la situazione. Chi mi ama per questo tipo di mood sarà innamorato di Milord, per chi si aspetta cose diverse sarà un progetto come un altro. Non ho paura che non venga capito, la mia è più consapevolezza. Durante la creazione già sapevo che questa roba sarebbe stata apprezzata da una piccola parte di pubblico. A livello di aspettative e di numeri non ho alcuna pretesa. Comunque sono contentissimo, come sempre ho fatto qualcosa di originale senza copiare il trend del momento.

Come mai la scelta di rilasciarlo a puntate, pubblicando un singolo ogni due settimane?

C’è questo filo conduttore del mio rapporto con le ragazze, l’abbiamo pensato proprio come una serie Netflix. Ogni puntata è un appuntamento diverso con una tipa diversa in cui emergono i vari lati della mia personalità.

Pensi che la tua maturazione e crescita personale abbia influito sulle scelte particolari che hai fatto in questo progetto?

Milord è una rivoluzione dal punto di vista del sound. Io ho sempre fatto dei pezzi intimi e introspettivi ma questa è la prima volta in cui dedico un progetto interamente a questo lato di me. L’Elfo che si mette a nudo, però, c’è sempre stato.

In che modo il tuo forte legame con Catania e con la Sicilia ha influenzato la tua carriera?

Mi ha maledetto da un lato e benedetto dall’altro. L’attaccamento alla mia città è stato sempre il mio forte, oggi sappiamo che gli artisti in cerca di fortuna si trasferiscono a Milano ma io ho dimostrato che pur rimanendo nel sud, che per tanti aspetti non viene considerato, si possono fare grandi cose. Catania mi ha forgiato in questo, nella mia determinazione, e questo è stato fondamentale per il mio sviluppo creativo.

Tra le tue particolarità c’è l’utilizzo del dialetto nelle canzoni, anche se in Milord questa componente emerge di meno. Pensi che il rap in dialetto possa valicare i confini locali e accogliere un pubblico più ampio, come avviene per molti artisti campani ad esempio, o è destinato a restare una cosa di nicchia?

Secondo me può espandersi sempre di più e te lo dico perché l’ho provato sulla mia pelle. In Sicilia sono stato il primo a fare numeri importanti con questo mood in dialetto molto grezzo, di strada e a dare spunto alle nuove generazioni. Dopo di me tanti hanno deciso di riprendere questo stile. La Campania è sempre stata avanti anni luce in questo discorso, non c’è mai stata competizione ma oggi ti dico che ci può essere. Sono sicuro che il dialetto catanese può arrivare in alto. I miei pezzi in dialetto sono ascoltati anche al nord Italia, il dialetto catanese è capito e rispettato grazie a me.

Gli artisti della nuova scena, a differenza tua e della tua generazione, si ritrovano ad avere successo subito senza passare dalla gavetta. Hai la sensazione che questa differenza di background si percepisca realmente?

Una persona con esperienza e con orecchio la percepisce subito. C’è chi ha sudato per avere una fetta di torta e chi grazie ai social riesce immediatamente ad avere successo. Da un lato sono incazzato perché mi sento come lo zio che vede i giovani divertirsi mentre lui riconosce che sta invecchiando. Dall’altro mi accorgo che manca l’umiltà a questi ragazzi, si sentono delle superstar e fingono un passato che non gli appartiene. Da questo punto di vista non li apprezzo molto, dall’altro sono contento che oggi il rap sia alla portata di tutti perché, in fondo, è quello che ho sempre sperato accadesse fin da bambino.

Parlando con Inoki in un’altra intervista anche lui mi ha detto la stessa cosa. Quale pensi che sia la differenza principale tra la nuova generazione e le vostre?

Inoki lo ascoltavo da ragazzino, non avrei mai immaginato che sarei diventato suo amico e che ci avrei collaborato. Mi ci rivedo molto perché ha fatto tante esperienze nel rap e ha fatto tanto per i ragazzi più giovani. Quando facevamo musica noi non c’era la speranza di farlo diventare un lavoro, era una sorta di culla che ci coccolava e ci rendeva felici. Eravamo mossi da motivazioni completamente diverse rispetto a quelle di oggi. Noi facevamo le canzoni per noi e per farle ascoltare ai nostri amici, oggi lo si fa per successo.

Non c’è un artista della nuova scuola che reputi interessante?

In Rondo da Sosa riconosco dei punti forti ma non vedo nulla che sia vicino al mio concetto di musica. È una macchina da soldi, fa numeri, ma non percepisco la “realness”. Anche questa attitudine di mostrarsi come criminali, io personalmente provo vergogna a farlo, i reati e lo stile di vita che ostentano da noi sono all’ordine del giorno ma io non ci penso neanche a prendere il telefono e mettere tutto sui social. Manca un’identità musicale a questi artisti.

Quali artisti invece sono stati dei punti di riferimento nel corso della tua formazione?

Per quanto riguarda il panorama americano ti dico i classici: Tupac, Biggie, Vinnie Paz, i Prodigy, Mobb Deep. Del rap italiano avevo in cuffietta Inoki, Vacca, Fabri Fibra, Sacre Scuole, Mistaman, i Cor Veleno, i Colle der Fomento.

Facciamo un attimo un passo indietro. Nel 2021 esce Vangelo II Luka con Universal. Cosa ha rappresentato per te la firma con la major? È stato un punto di svolta?

È stata una roba fuori di testa, nessuno poteva pensare che sarei stato il primo a Catania e dintorni a firmare un contratto con Universal. Una bellissima rivincita, ero molto emozionato. La prima cosa che gli ho detto è stata che se avevano intenzione di cambiare il mio stile non avrei firmato, ma loro mi hanno subito rassicurato da questo punto di vista. Purtroppo dopo un anno il rapporto si è sciolto ma io so quanto valgo a prescindere dai numeri che faccio, non sono solo quelli a dimostrare il talento. Poi sono arrivati i ragazzi di Time Record, gli faccio i complimenti perché mi trovo bene con loro. Mi stimolano molto e vedo che ci tengono, sanno che posso dare tanto. È una cosa bellissima.

In cosa pensi che sia cambiato L’Elfo come artista?

Ora non ho più bisogno di dimostrare che sono un ragazzo di strada, ho fatto la mia vita e adesso voglio fare la musica come dico io senza alcuna limitazione parlando anche di argomenti più maturi. Personalmente apprezzo il cambiamento di un artista perché vuol dire che l’arte sta cambiando insieme alla persona. Poi da giovane diventavo pazzo per le critiche, oggi non mi fanno più effetto.

Hai intenzione di suonare Milord anche dal vivo?

Penso di no perché non è un tipo di progetto che si presta ad un live, a meno che non decida di fare un concerto interamente dedicato a quello. Io devo fare show e lo show richiede pezzi che esaltano le persone. Il mio pubblico viene a un live per divertirsi.

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