Non i migliori dischi, ma quelli italiani del 2025 che hanno significato qualcosa (e li ha ascoltati davvero qualcuno)

da | Dic 30, 2025 | News

Se vuoi capire cosa ha ascoltato l’Italia, guardi ai numeri. Se vuoi capire cosa ha significato l’Italia, guardi a questi dischi.

Il 2025 musicale italiano è stato un anno con due Italie che si sono osservate a distanza ravvicinata, senza mai fondersi del tutto.

Da una parte c’è l’Italia delle piattaforme: iper-presente, iper-consumata, con il rap che continua a dominare come una forza strutturale più che come una moda. Dall’altra c’è l’Italia dei dischi che restano: meno rumorosi, più scritti, più strani, più lenti. Non è una contrapposizione morale, né una questione di gusto alto o basso. È una differenza di funzione.

Le classifiche raccontano una cosa, i dischi che sedimentano ne raccontano un’altra. E il 2025 è stato interessante proprio perché, ogni tanto, queste due narrazioni si sono incrociate.

Tutta vita (sempre) – Olly

È stato l’album più ascoltato in Italia nel 2025, e questo basterebbe già a renderlo un caso. Ma fermarsi ai numeri sarebbe riduttivo. Tutta vita (sempre) ha funzionato perché ha intercettato un sentimento molto italiano e molto contemporaneo: la possibilità di essere popolari senza sembrare prefabbricati. Olly non ha reinventato il pop, ma lo ha reso abitabile.

Santana Money Gang – Sfera Ebbasta & Shiva

Questo disco spiega meglio di qualsiasi analisi perché il rap in Italia non è più un genere ma un’infrastruttura. Santana Money Gang è compatto, diretto, senza giustificazioni culturali. Il suo significato sta tutto lì: dimostra che la trap, nel 2025, non è in fase calante ma in fase di consolidamento. Quando fa sistema, diventa inevitabile.

Tropico del Capricorno – Guè

Guè nel 2025 non gioca la carta del veterano. Gioca quella del baricentro. Tropico del Capricorno è un disco che non ha bisogno di sembrare nuovo, perché sa esattamente da dove viene e dove si colloca. È rap italiano consapevole della propria storia, che dialoga con il presente senza rincorrerlo. Ed è anche per questo che è stato ascoltato tanto quanto discusso: perché quando un artista smette di inseguire, costringe gli altri a inseguire lui.

Volevo essere un duro – Lucio Corsi

Questo è il disco che ha rimesso al centro un’idea quasi dimenticata: la canzone pop può essere colta senza essere respingente. Uscito dopo l’esposizione sanremese, Volevo essere un duro ha rischiato l’effetto santificazione immediata. Invece ha retto. Perché dietro l’estetica c’è una scrittura vera, riconoscibile. È stato uno dei dischi più citati dell’anno per solidità.

post mortem – I Cani

Uscire a sorpresa nel 2025 è già un gesto controcorrente. Farlo con un disco che parla apertamente di fine, sparizione e disillusione lo è ancora di più. post mortem non è stato un ritorno nostalgico, ma un ritorno necessario. Non ha dominato le classifiche, ma è entrato immediatamente nella conversazione. E ci è rimasto. Segno che il pubblico, quando vuole, sa riconoscere il peso specifico di un disco.

Schegge – Giorgio Poi

In un anno ossessionato dall’anthem, Schegge ha scelto la frammentazione. Ed è proprio questo che lo ha reso uno dei dischi più apprezzati da chi ascolta davvero. Giorgio Poi ha messo insieme pezzi emotivi, suoni leggeri, scrittura sospesa. Ha cercato la coerenza interna. Nel 2025, è stata una forma silenziosa di coraggio.

Una lunghissima ombra – Andrea Laszlo De Simone

Questo è il disco che dimostra che l’ambizione, in Italia, è ancora possibile. Una lunghissima ombra non è pensato per l’ascolto rapido né per l’impatto immediato. È un lavoro che chiede tempo, attenzione, disposizione. E proprio per questo ha assunto un valore particolare nel 2025: in un mercato che consuma tutto in fretta, ha rivendicato il diritto alla durata.

Se vuoi capire cosa ha ascoltato l’Italia, guardi ai numeri.
Se vuoi capire cosa ha significato l’Italia, guardi a questi dischi.

Ogni tanto le due cose coincidono. Quando succede, la musica torna a essere racconto. E no, non è poco.

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