Fabi al Teatro Augusteo: un viaggio metafisico, con occhi pieni di libertà e lacrime

da | Nov 5, 2025 | #Cromosomiintour

Niccolò Fabi nei teatri con "Libertà negli occhi Tour 2025” tra suoni, luci, ombre ed emozioni introspettive

Libertà negli occhi Tour 2025”  è il tour di Niccolò Fabi attualmente in giro nei teatri italiani. Circa 22 date in tutto lo stivale, il viaggio è partito il 4 ottobre  da Isernia e finirà il 20 novembre nella sua Roma.

Noi lo abbiamo visto a Napoli, al teatro Augusteo e vorremmo essere ancora lì, sospesi con il naso all’in su e gli occhi pieni, a tratti gonfi, tra lacrime e sorrisi, passato e presente, sorpresi da luci e suoni mistici che invitano solo all’ascolto più profondo, intenso ed emotivamente complicato, come solo Niccolò sa fare.

Il confine tra palco e platea si fa sempre più sottile, la musica è sussurro più che grido, i ritmi a tratti meditativi e di introspezione, emotivamente suggestivi, diventano poi incalzanti, struggenti, coinvolgenti e rabbiosi dove necessario.

Uno palco condiviso, dove il cantautore non è solo né protagonista

Il cantautore romano costruisce un tour teatrale che nasce dall’omonimo album, ultimo nato dell’artista, “Libertà negli occhi” , uscito a giugno 2025. La scelta scenica del tour riflette il contenuto dell’album: registrato in una baita di montagna, lontano dalla frenesia del mondo, in una residenza creativa immersiva in cui mostrarsi per ciò che si è veramente, fuori dal caos e dalla frenesia quotidiana.

In scena troviamo infatti un cantautore che sceglie di mettersi in punta di piedi, mai al centro del palco: non protagonista assoluto, ma membro di un piccolo ensemble, immerso in un’atmosfera soffusa, quasi privata ma condivisa con quelli che lui stesso definisce amici, oltre che indiscutibili musicisti. Niccolò Fabi infatti non è solo sul palco, lo accompagnano alcuni suoi fedelissimi compagni, Roberto Angelini, Alberto Bianco e Filippo Cornaglia, non nuovi nelle sue composizioni, e due nuovi arrivi, Cesare Augusto Giorgini e Giulio Cannavale, ex studenti di Fabi e di Angelini alla scuola pasoliniana in cui insegnano, l’Officina delle Arti Pierpaolo Pasolini di Roma.

Un live intimo, con una ristretta zona palco condivisa dove i protagonisti stessi si muovono poco intorno ai propri strumenti ed invece prevalgono molti momenti di silenzio, ascolto e riflessioni.

Atmosfere riflessive, la penombra meditativa avvolta da suoni e luci “cosmici”

« Essere pendolo tra la magia color del cielo di quelle due ore e la realtà bianco neon subito dopo del camerino. Così si esprime lo stesso Niccolò Fabi attraverso i suoi canali social dopo le prime date del tour, ed in effetti è proprio questa l’immagine che dal palco viene evocata, un cielo di un blu intenso che lascia spazio all’immaginazione ed all’immensità dei pensieri, contro quella luce forte abbagliante del reale a cui siamo purtroppo abituati fuori dalle mura di quel teatro.

Ad amplificare questa atmosfera introspettiva sicuramente contribuisce lo spettacolo di luci creato sul palco che è davvero travolgente a tratti cielo stellato, passando per effetti che nel mio immaginario evocano aurore boreali, arrivando fino a coni e fasci di luce che nascondono e imprigionano i protagonisti, per poi abbagliare il pubblico e coinvolgerlo puntato su di esso nei ritmi più travolgenti e struggenti. Un piccolo cosmo musicale di cui percepisci l’immensità e la forza seppur nascosto nella penombra.

La penombra non è quindi solo estetica: è simbolo della scelta di accettare un’esposizione moderata, di non “esibirsi” nel senso tradizionale, ma di essere attraverso la musica. Penombra, come “leggera invisibilità”, restituiscono all’artista l’umanità che vuole mostrare, non la star, ma la voce, la canzone, il momento.

Insomma non c’è scenografia che tenga, resta sul palco solo la musica vera protagonista, un palco “pieno” solo di strumenti, seppur suonati da soli 6 elementi, con intorno tanta luce/ombra che li avvolge e li accompagna, fasci di luci che illuminano ma al contempo nascondono, mai protagonisti solitari o in primo piano.

L’importanza dell’ascolto più che dell’osservazione, in un epoca dove tutto deve esser visto e mostrato per contare davvero

Tutto è velato, volutamente nascosto e quasi apparentemente timido, ma è nella forza del suono che si sprigiona la carica emotiva di cui questo tour è invaso e che rende Fabi così riconoscibile al suo pubblico affezionato e non.

In realtà come lui stesso ha più volte ribadito in diverse interviste ed anche direttamente dal palco, ciò che conta in questo spettacolo non è tanto ciò che vediamo, ma piuttosto quello che ascoltiamo; lui indossa un cappellino che meglio lo nasconde e al contempo lo protegge dagli sguardi giudicanti, nell’atto di mettersi a nudo attraverso le sue canzoni.

L’artista con la sua musica e con i pochi momenti di dialogo col pubblico, invita a rallentare, a guardare dentro e al sè, più che guardare fuori e all’altro. Siamo abituati continuamente a zoomare su qualcosa per vederne i dettagli/difetti, Fabi piuttosto invita invece a mettersi in ascolto, e il pubblico risponde con attenzione, emozione, riflessione.

Una storia lunga 30 anni di successi ed emozioni

La scaletta proposta incrocia i nuovi brani tratti dall’ultimo album con i classici del repertorio, ma lo fa in modo sobrio, senza forzature.

Si parte con “Alba” un brano dove prevalgono i suoni sulle parole, un mix di elettronica, post rock, ambient musica tra ci cui ritmi si ripete un unico verso: “io sto, nella pausa che c’è, tra capire e cambiare”. Si procede quindi con “Andare oltre / È non è” per poi fare un primo breve stop in cui si dà spazio ai saluti e le presentazioni. Si susseguono brani che raccontano di amori maturi e consapevoli come “Una somma di piccole cose”  e “L’amore capita” , ma anche del rapporto con la musica “ con arrangiamenti spesso in crescendo e code strumentali in apertura o in chiusura che richiamano alla riflessione e accompagnano l’ascoltatore nel viaggio mistico sulla barca da cui non si può più scendere e mossa dalle onde emotive.

Quello che resta costante è la totale armonia e sintonia tra palco e platea, tra luci e suoni, tra ricordi e proiezioni future, accompagnati dalle note di brani nuovi e più storici, tra cui “Scotta/ Ecco/Vince chi molla/ Una mano sugli occhi/Una buona idea”.

I momenti più coinvolgenti e partecipati anche da parte del pubblico non mancano, seppur rari; sicuramente non un concerto danzereccio, ma assolutamente emotivo e motivante. Anche Niccolò scherza spesso durante la serata sul mood poco goliardico che contraddistingue i suoi spettacoli, ringraziando il pubblico presente che ancora dopo 30 anni è lì ben consapevole dello spettacolo “triste” a cui parteciperà. In realtà l’atmosfera durante tutta la serata è nient’altro che triste ma piuttosto intensa, emotivamente piena e condivisa, sul palco così come sotto il palco, in platea, tra gli spettatori silenziosi.

L’introspezione come uguaglianza vera contro un’esteriorità che invece ci rende tutti diversi ed unici

Sul palco si ricrea quindi il concetto di isolamento, di riflessione emotiva, ciò che conta di fatto è solo ciò che ascoltiamo e “sentiamo” internamente, la capacità di lascarci trasportare da suoni e parole che, mai banali, scavano nelle paure più profonde di ognuno di noi, lì dove siamo tutti uguali davvero! Niccolò lo ripete prima di esibirsi con “Libertà negli occhi” e ci dice che solo esteriormente siamo tutti diversi, ma dentro no, lì ci scopriamo molto più simili di quanto possiamo immaginare…

Questo brano solo apparentemente chiude il concerto, perché il pubblico non può andar via senza l’acclamato bis, ed in chiusura Fabi decide di salutarci con “Facciamo finta / Lontano da me” e in fine con “Lasciarsi un giorno a Roma” che chiuderà come di consueto il concerto, con tutto il pubblico in piedi e sottopalco, per quanto possibile in un teatro confermando la sua indiscussa capacità poetica e la sua forza nell’unire amore, dolore e vita vera.

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