Prendete un’auto veloce, veloce abbastanza da volare via, alla radio c’è Banzai (lato arancio) di Frah Quintale: l’estate è arrivata.
Dopo l’uscita del singolo Sì può darsi, Banzai (lato arancio) è il nuovo disco di Francesco Servidei, il nostro Frah, attesissimo come il primo giorno di vacanze dopo un anno da dimenticare (per citarne già qualcuna). Un album che fa coppia con quello dello scorso 2020, Banzai (lato blu), e che quasi coincide con il buonumore che torna in vista dell’estate. C’è nelle dieci tracce un Frah Quintale diverso, evoluto ma sempre coerente a se stesso. Possiamo dirlo che Banzai (lato arancio) è l’album della rinascita?
Molto più solare nelle melodie, se ricordiamo il lato blu malinconico e nostalgico, sicuro e maturato nei testi, questo terzo album fa spazio a sentimenti nuovi, più consapevoli in cui si è decisi a lasciar andare e allentare la presa, e si è felici comunque.
Con Banzai (lato arancio) l’impressione è quella di viaggiare stando fermi, avendo chiari e nitidi certi luoghi pur non conoscendoli. Sembra quasi che nell’immobilità generale Frah Quintale abbia avuto tempo e modo di partire alla ricerca di qualcosa, di scoprire e scoprirsi, mettendo al centro di questo progetto ancora una volta riflessioni molto attente su se stesso. E noi qui, che sembrano trascorsi secoli, ci diamo il beneficio dell’unico viaggio possibile adesso: divano – cucina.
Per annunciare il disco, con conseguente tour autunnale, l’artista ha dato spazio alla creatività portandola in giro per Milano. Frah Quintale ha posizionato più di 100 gerbere per le vie della città e ogni vaso portava il tag con il nome del disco e frasi del tipo “Nascerà un fiore col tuo nome” oppure “Trattami bene, portami a casa“.
Ma un uomo che ti lascia dei fiori in Piazza Duomo, ma dove lo trovi?
L’iniziativa ha avuto il suo seguito e Frah, che con la sua musica ha delineato il nuovo genere Street Pop, ha confermato la sua natura eclettica e la sua originalità anche sotto l’aspetto estetico.
Ma torniamo al disco e alle parole, quelle che corrono, si rincorrono e poi ci sfiorano senza farci caso.
Banzai (lato arancio) si apre con Le sigarette, la canzone perfetta per una rottura. Nonostante un sound ballabile e fresco, ha dentro una tristezza infinita, quella che ti fa compagnia la notte mentre fumi la ventunesima sigaretta del pacchetto, mescolando i pensieri come un frullatore che se anche diventano pezzetti, sono sempre lì. Allora cancelli il numero, dici “con l’amore io ho smesso”. Quante volte l’hai detto?
Sì può darsi è il singolo uscito lo scorso aprile e sembra avere la stessa attitudine della vecchia Gravità: una dichiarazione d’intenti per viversi dopo un anno di chiusura fisica ed emotiva. Ritornare a viaggiare, a toccare posti e sfiorarsi le superfici. Staccarsi dal cellulare, alienarsi dal tempo e dalla realtà, perdersi alla deriva di un borgo e non volere più niente. Quelle di Sì può darsi sono immagini semplici ma che ci erano mancate da troppo tempo
In un bar chissà dove in Italia
ci scordammo la strada di casa
che poi a cosa serve una mappa
per noi che stavamo già in aria?
La solitudine di Giorni da solo ha il mood del tipico Frah Quintale, quello che ha fatto innamorare una generazione di malinconici cronici. C’è in queste righe tutto il peso dell’ultimo anno: la routine, la voglia di non fare, non rispondere per non pensare, le mezze occasioni, le scelte procrastinate. E il vuoto che riempie tutta casa.
Non ti servirà un’arma, ma un pensiero per difenderti
stai ancora cercando di scappare altrove
pomeriggi vuoti, non si è mai troppo grandi per stare da soli
non basta la pioggia, una giornata buia, a scalfirti l’umore
ma hai l’impressione di cadere senza paracadute
non puoi fermare il sangue che corre sotto la tua pelle
ma non puoi neanche stare così per sempre
Certo Giorni da solo sembra prestarsi bene per un ballo di coppia ma diciamolo: solo lacrime.
Proseguiamo con Cardio, il testo più divertente dell’intero album. Fingere di essere qualcun’altro per restare a mezz’aria e prendere in giro la vita, Cardio ha tutta la spensieratezza dei ventitré anni e di quegli amori poco razionali ma molto belli. La voglia di Bombay, ballare su Drake, ingannare il tempo per uscire con lei, grazie Frah seguiremo i tuoi consigli!
La notte mi chiama è un’altra intima confessione dopo un rapporto malato e che ammala, di quelli per cui sei convinto che varrebbe la pena rischiare tutto, anche giocarti l’all-in della vita ma
aprire una porta non basta, non accorcerà la distanza
Dopo Scheletri, arriva l’inaspettato feat con Franco126 e quindi il quotato tormentone Chicchi di riso. La collaborazione è nata perché entrambi stavano per chiudere i rispettivi dischi e Frah Quintale ammette che era proprio il ritornello a mancargli. Da lì l’aiuto di Franchino e poi la chiusura del pezzo. Chicchi di riso ha l’intro iniziale che sembra avvicinarsi alla Good times di Ghali ma dal testo si capisce poi che tanto good non sono questi tempi.
Non so nemmeno più perché non riesco a stare
due secondi senza chе mi passi per la testa e pеnso
non so nemmeno più se adesso vorrei dire
“Vai” oppure “Resta”, “Vai” oppure “Resta qui con me”
Tra le righe c’è il racconto di un amore difficile da dimenticare, si resta anime accartocciate, senza ferro da stiro per mettersi apposto. Come quando si è convinti di incastrarsi alla perfezione, poi però qualche ingranaggio si rompe e la chiave l’hai persa da un po’. Si resta legati e in trappola tra qualcosa che continua a funzionare ma male.
Pianeta 6 è un viaggio autospaziale con l’ispirazione dei Daft Punk, per stessa ammissione, piacevolissimo da ballare sudati e ubriachi nelle notti brave. La successiva Sempre bene racchiude la bugia che da sempre funziona malissimo: voglio che tu sia felice anche senza di me. Diciamocelo che in realtà non l’abbiamo mai pensato sul serio!
Ricordami di stare sempre bеne anche senza te
Ricordati di stare sempre bene anche senza me
Ma certe alchimie sono indissolubili, ci si pensa forte sempre. Ci sarà comunque una sedia speciale nel cuore che resterà intatta nonostante i traslochi sbagliati e gli scatoloni messi a marcire.
L’album si chiude con Se avessi saputo, piena di se e di ma in cui si conserva quello che si riesce a stringere
Se avessi saputo
che quelli sarebbero stati tra i nostri giorni migliori
avrei rallentato un po’, avrei respirato a fondo
Banzai (lato arancio) è la leggerezza che aspettavamo e di cui avevamo bisogno, ma anche la giusta introspezione perchè adesso non esageriamo, non si può essere felici per troppi giorni di seguito!
E poi si può sempre andare altrove stando fermi, ma questa è un’altra storia.










