Scrivere di Pasquale Panella significa entrare in una zona della lingua in cui il significato non è mai stabile, ma si costruisce per scarti, risonanze, deviazioni. Nato a Roma nel 1950, Panella è poeta, narratore e autore di testi musicali tra i più radicali e riconoscibili del secondo Novecento italiano. Il suo percorso attraversa ambiti diversi – teatro, letteratura, canzone, musical – mantenendo una coerenza profonda: la parola come materia da interrogare, non da addomesticare.
Il momento di maggiore esposizione pubblica arriva con la collaborazione con Lucio Battisti, iniziata all’inizio degli anni Ottanta. Panella firma i testi degli ultimi cinque album del musicista: “Don Giovanni”, “L’apparenza”, “La sposa occidentale”, “Cosa succederà alla ragazza” e “Hegel”. In questi dischi la canzone italiana viene letteralmente rifondata sul piano linguistico. Brani come “Le cose che pensano”, “Fatti un pianto”, “La metro eccetera” o “Equivoci amici” segnano una rottura netta con la tradizione narrativa della canzone pop. Il testo non racconta più una storia, ma apre uno spazio di pensiero. Pensiero fatto di immagini oblique, giochi fonetici e slittamenti semantici. Parallelamente, Panella collabora con numerosi artisti della scena italiana, dimostrando una sorprendente capacità di adattare la propria scrittura a voci diverse senza rinunciare all’identità. Scrive per Mietta, firmando brani come “Canzoni”, “Dubbi no” e “Fare l’amore”, presentati anche al Festival di Sanremo. Lavora con Mango (di cui firma anche la celebre “La Rondine“), Anna Oxa, Mina, Zucchero, Angelo Branduardi e molti altri portando nella musica leggera una densità poetica rara e spesso spiazzante.
Panella e il suo lavoro su Notre Dame de Paris, tassello imprescindibile per la maestosità dell’opera
Un capitolo centrale del suo percorso è il lavoro su “Notre Dame de Paris”, il musical di Riccardo Cocciante. Panella cura l’intero adattamento italiano dei testi, operando una vera e propria riscrittura poetica dell’opera originale. Non si limita a tradurre il libretto francese, ma ne rielabora immagini, ritmo e lessico. Restituisce ai personaggi una lingua intensa, simbolica, spesso aspra, capace di sostenere la forza tragica della vicenda. Brani come “Il tempo delle cattedrali”, “Bella” e “Vivere per amare” devono molto a questa scelta linguistica, che ha contribuito in modo decisivo al successo dell’opera in Italia. Alla base di tutta la produzione di Panella c’è una precisa idea di poetica: la parola non serve a chiarire, ma a mettere in crisi. La parola non deve spiegare il mondo, ma mostrarne le fratture. Anche nei suoi romanzi e testi narrativi questa visione resta intatta, confermando una ricerca coerente e mai accomodante. Pasquale Panella rimane così una figura unica nel panorama culturale italiano: un autore che ha portato la complessità della poesia dentro la musica popolare, dimostrando che anche nei luoghi più esposti al consumo la lingua può ancora essere spazio di pensiero, rischio e libertà.
Panella-Mogol : le due facce (diverse) della canzone italiana
In molti lo accostano a Mogol, ma la realtà è che si parla di due artisti completamente diversi. Il confronto è inevitabile, soprattutto perché entrambi hanno segnato in modo decisivo la storia di Lucio Battisti e, più in generale, della canzone italiana. Eppure, il loro rapporto con la parola non potrebbe essere più distante. Mogol rappresenta l’idea della parola come trasparenza, come veicolo emotivo immediato. I suoi testi si fondano su immagini riconoscibili, su un linguaggio quotidiano che punta all’identificazione dell’ascoltatore. L’amore, il ricordo, la nostalgia diventano esperienze condivise attraverso una lingua piana, diretta, fortemente narrativa. Panella, al contrario, lavora sulla opacità del linguaggio. Dove Mogol racconta, Panella suggerisce; dove Mogol chiarisce, Panella complica. Nei testi scritti per Battisti, la sostituzione di Mogol con Panella non è soltanto un cambio di autore, ma un vero e proprio cambio di paradigma. La canzone smette di essere confessione e diventa enigma. Il soggetto si frantuma, la linearità si spezza, il senso si moltiplica invece di chiudersi.
Se Mogol cerca una forma di universalità emotiva attraverso la semplicità, Panella la insegue attraverso la scomposizione. Entrambi, però, condividono un elemento fondamentale: la centralità assoluta della parola. In modi diversi, hanno costruito testi che non sono mai neutri rispetto alla musica, ma ne determinano l’andamento, il respiro, l’identità. Il passaggio da Mogol a Panella nella storia di Battisti segna così uno dei momenti più radicali della musica italiana: dal racconto all’astrazione, dalla chiarezza alla densità poetica. Due visioni inconciliabili solo in apparenza, che mostrano come la canzone possa essere, a seconda dello sguardo, specchio dell’esperienza o laboratorio del linguaggio.
Tra i tantissimi successi di Panella vi consigliamo uno dei brani più belli della musica italiana, “Parigi”, cantato dal compianto Enzo Carella.









