Nel pezzo torna la voce di Gianluigi Di Franco, restaurata da registrazioni su nastro: pura, intatta, piena di quel magnetismo che lo ha reso una figura unica. È una di quelle scelte che ti gelano un attimo: non per malinconia, ma per la vertigine di sentire qualcuno che sembrava perso e invece era solo dormiente. È il cuore di Chaire, un album costruito su brani composti tra il ’74 e l’83 e rimasti sospesi in attesa del momento giusto.
Dietro questo momento ci sono i membri originali superstiti — Corrado Rustici, Antonio Spagnolo, Giulio D’Ambrosio — che hanno impiegato quattro anni per completare un’opera che suona fuori dal tempo. Alla batteria c’è Roberto Porta, a chiudere un cerchio che sembrava impossibile da richiudere.
È musica che non ha fretta di piacere: ha fame di significato.
Il video ufficiale, firmato da Wayne Joyner, aggiunge un livello ulteriore: immagini simboliche, oniriche, quasi ieratiche, che amplificano la sensazione di trovarsi davanti a qualcosa che appartiene più al regno del mito che a quello dell’intrattenimento. Visioni, archetipi, ombre che sembrano scolpite nella pellicola.
L’uscita di Chaire arriva insieme a due reliquie: la registrazione dal vivo del 1973 (Live at Pomigliano D’Arco) e una nuova versione rimasterizzata di Melos, il disco che consacrò i Cervello come una delle esperienze più originali del prog italiano. È come se il passato fosse tornato per reclamare il proprio posto, non per sedersi in bacheca, ma per indicare una direzione.









