Perché il Capodanno di Brunori Sas a Cosenza è diverso dagli altri

da | Nov 24, 2025 | Flash News

A Cosenza il Capodanno profuma di casa, ma anche di qualcosa che assomiglia a un gesto adulto, necessario. E al centro, come sempre quando serve lucidità, c’è Brunori Sas .

Capita raramente che un artista torni “a casa” senza trasformarlo in un rituale autocelebrativo. Stavolta l’aria è diversa. Brunori chiuderà l’anno in Piazza dei Bruzi, a Cosenza, con un concerto che arriva dopo dodici mesi ricchi di successi, ma la musica — per una volta — non è l’unica protagonista. C’è un gesto che vibra più forte del palco: devolvere l’intero cachet personale a cinque associazioni che da decenni tengono in piedi, spesso in silenzio, chi rischia di rimanere fuori dai margini.

Le realtà coinvolte — Gli altri siamo noi, L’Arca di Noè, La Spiga, La Terra di Piero, San Pancrazio — lavorano ogni giorno tra disabilità, disagio, infanzia fragile, inclusione scolastica, autonomia sociale. Non sono “nomi” buttati lì: sono strutture che, nella Cosenza reale, quella delle scale consumate e delle famiglie che arrancano, significano orientamento, supporto, presenza. Una rete che non ha glamour, ma fa girare la ruota quando nessuno guarda.

Brunori parla chiaro: non ama il “donare sotto i riflettori”, non gli interessa la beneficenza-spettacolo. Però — dice — ci sono momenti in cui serve farlo insieme agli altri, e soprattutto alla luce del sole. L’idea non è una donazione una tantum da postare su Instagram e archiviare. L’obiettivo è piantare un seme: nuovi laboratori creativi, percorsi formativi, spazi che durino nel tempo e che coinvolgano artisti calabresi, scuole, quartieri, comunità.

Lui la chiama rivoluzione culturale. Una cosa che all’inizio sembra astratta, e invece è concreta quanto un laboratorio che apre il pomeriggio e accoglie un ragazzo che non sapeva dove andare.
È un modo sottile ma potentissimo di dire che la cultura non è una decorazione: è un lavoro che richiede mani, tempo, dedizione, e che nel lungo periodo cambia i territori più della retorica sulle “eccellenze”.

Nel frattempo, le associazioni continuano a fare quello che fanno sempre: costruire autonomia con chi convive con la Sindrome di Down, dare un luogo sicuro a chi ha fragilità psico-fisiche, tenere agganciati alla scuola i ragazzi più esposti al rischio, creare spazi terapeutici, inventare trattorie sociali, piantare parchi inclusivi dove prima non c’era nulla. Un mondo intero che di solito resta fuori dalle luci dei concerti.

A Capodanno, invece, ci finirà dentro. Non per un applauso in più, ma perché la musica — quando non si limita a fare intrattenimento — può diventare un gesto. Un ponte. Un punto di partenza.

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