L’“estate blu” di Mameli, quella che non ti aspetti

da | Lug 17, 2025 | Digital Cover

Dimenticate l’estate da copertina: con “estate blu”, Mameli racconta quella fatta di silenzi, liti sotto il sole e amori che scricchiolano. Un EP che scava sotto la superficie dei tormentoni, per restituirci emozioni vere, fragili, imperfette. Quattro ballate per chi, in fondo, riflette anche in estate.

È uscito venerdì estate blu, il nuovo EP di Mameli, e no, non è il disco che vi farà ballare sotto il sole con un gin tonic in mano. Anzi: è un EP che racconta l’altra faccia dell’estate, quella fatta di malinconie stese al sole, di liti sul bagnasciuga e di silenzi che parlano più di mille canzoni radiofoniche. Quattro brani, quattro ballate che attraversano l’amore nella sua versione più storta, intensa e a volte dolorosa, ma mai priva di bellezza.

Anticipato da “serie crime”, il progetto si sviluppa come un piccolo film emotivo: il trailer e i visual raccontano una giornata al mare tra Mameli e una ragazza, tutt’altro che idilliaca. Nessun filtro da cartolina: solo tensioni, sguardi sfuggenti e parole non dette. È un’estate in cui in molti possono riconoscersi, quella in cui si cerca di sopravvivere ai sentimenti e non ai tormentoni.

Con una scrittura che alterna poesia cruda e immagini vivide, Mameli riesce a tenere insieme leggerezza e profondità, restituendo emozioni vere senza filtri. estate blu non è anti-estivo: è una delle sue sfumature possibili, quella che si ascolta mentre guardi il mare da soli, con le cuffie e il cuore un po’ stanco.


Il sole che brucia dentro di Mameli: quattro canzoni per chi ama male, ma ama davvero


L’estate blu di Mameli non è fatta di tormentoni, mojito e spiagge affollate. È un racconto dolceamaro che ribalta il mito della stagione leggera, trasformandolo in un viaggio emotivo tra crepe, riflessi distorti e amori che fanno più male che bene. Quattro brani che non chiedono di ballare, ma di sentire. E che con una sincerità disarmante raccontano il lato ombra dei sentimenti.

In serie crime, l’amore è una puntata di un noir sentimentale, pieno di colpi di scena, silenzi esplosi e colpe mai del tutto attribuibili. Si gioca a guardie e ladri nel giardino dei ricordi, e quando ci si accusa a vicenda, l’unica via d’uscita sembra essere un’altra bugia. La relazione si disgrega tra flashback malinconici e ripensamenti da bancone di bar, come se ogni strofa fosse una scena del crimine da archiviare o forse da rivivere all’infinito. Mameli riesce a costruire un racconto teso ma emotivo, in cui l’amore è un crimine senza colpevoli, ma con troppe conseguenze.

Colpa nostra è la dichiarazione stanca ma irriducibile di chi non riesce a lasciarsi anche quando sarebbe la cosa più sana da fare. Un leone e un toro, un letto di rose sopra un prato di spine: la metafora dell’incompatibilità diventa poesia quotidiana. L’amore qui è un bacio che vale più di un addio, una bomba che esplode ciclicamente ma che si continua ad attivare a vicenda, come se il dolore fosse il modo più vero di sentirsi ancora vivi. C’è qualcosa di tenero e crudele in questo andirivieni di corpi e intenzioni: un equilibrio fragile eppure duraturo.

Nel disordine dell’amore

Con malissimo arriviamo al cuore vulnerabile dell’EP: è un inno generazionale a chi si sente fuori posto anche quando tutto dovrebbe essere perfetto. Mameli dà voce a chi implode mentre fuori tutti ballano, a chi si guarda allo specchio e non si riconosce, a chi cerca il diluvio in una goccia. Una ballata malinconica, intima, che accarezza le insicurezze senza mai giudicarle, anzi, trasformandole in qualcosa di comune, condiviso, quasi bello. Perché anche toccare il fondo, se raccontato così, può diventare poesia.

Infine, fino all’ultimo respiro è il brano che chiude il cerchio con una potenza emotiva quasi cinematografica. L’amore qui è un campo minato di bugie, promesse non mantenute e sogni rubati nel sonno. Si corre via nel caos, si lanciano missili alle quattro del mattino, si resta svegli fino all’ultimo round. Il disordine diventa rifugio, e ogni scontro è solo un altro modo per non dirsi “basta”. È la resa dei conti di una relazione che si consuma ma non si spegne, che ferisce ma tiene vivi.

Mameli fa esattamente il contrario di ciò che ci si aspetta da un disco estivo: ci invita a restare, ad ascoltare, a sentire il rumore sommerso delle emozioni fuori stagione. E ci riesce con grazia, lucidità e una scrittura che sa essere tagliente e tenera allo stesso tempo. L’estate, a volte, è più vera quando non brilla.

Emozioni fuori stagione: dentro “estate blu”di Mameli

Abbiamo chiacchierato con Mameli in occasione dell’uscita del suo nuovo disco estate blu, un album che profuma di malinconia e leggerezza, proprio come le estati che non si dimenticano. Insieme abbiamo ripercorso alcune tappe fondamentali del suo percorso, parlando della crescita personale e artistica che lo ha portato fin qui. Ci ha raccontato la sua visione dell’amore, fatta di attese, fragilità e slanci istintivi, e ci ha anticipato qualcosa sulla direzione che vorrebbe intraprendere nei prossimi mesi, tra nuove sonorità e collaborazioni inattese.

In “estate blu” ci sono pochissime luci da cartolina e tante zone d’ombra che però non rinnegano l’estate: è come se tu volessi restituire alla stagione una dimensione più autentica. Cos’è per te l’estate, al di là dei tormentoni?

“Per me l’estate è, da una parte, spensieratezza e un’estrema voglia di andare in vacanza. Anche se ormai lavoro da un po’, sento che per molti ragazzi è il momento di staccare dai doveri e godersi la libertà di fare quello che si vuole. Dall’altra parte, però, per me è anche un momento di riflessione: avendo più tempo per stare con me stesso, mi capita di pensare molto, anche semplicemente mentre prendo il sole o durante le serate più intime. È una stagione che sento di dover riempire sia con leggerezza sia con profondità.”

Hai detto che non è un EP “anti-estivo” ma una delle sfumature possibili dell’estate. Credi che la malinconia sia più onesta del divertimento forzato?

“Più che anti-estivo, è un EP anti-tormentone. Non avevo voglia di scrivere pezzi pensati per diventare tormentoni. In estate c’è un bombardamento musicale pazzesco e in parte ne faccio parte anch’io, ma proprio per questo ho sentito l’esigenza di comunicare altro. In mezzo a tanta leggerezza, ho scelto di raccontare una sfumatura più malinconica, che comunque fa parte dell’estate.”

Hai deciso di pubblicare solo quattro brani. Come mai questa scelta?

“Ho voluto frammentare questo percorso, iniziato ormai un anno fa. Non me la sentivo di fare un disco intero. La prima parte è stata Fino all’ultimo respiro, ora ci sono questi quattro brani. Ho sempre un po’ paura che ci sia troppa musica in giro: è difficile affezionarsi a qualcosa. Anche a me capita di ascoltare una cosa, amarla per una settimana e poi dimenticarla. Non volevo aggiungere altro rumore, volevo solo pubblicare ciò che ritenevo necessario.”

Hai chiuso l’EP con lo stesso titolo del tuo progetto precedente. È come se avessi voluto riprendere un filo emotivo che non si era spezzato. Che connessione c’è tra i due “fino all’ultimo respiro”?

“In realtà ero indeciso se inserirlo nel progetto precedente, ma mi piace che sia qui. Ha lo stesso titolo, e questo crea un filo emotivo tra i due lavori. È come se fosse una bonus track del primo EP, ma allo stesso tempo trova una nuova vita in questo.”

Ogni pezzo sembra raccontare un momento preciso in cui l’amore smette di funzionare come dovrebbe. C’è stato un flusso che hai seguito per scrivere i brani?

“I brani sono nati nell’ultimo anno e mezzo della mia vita, e il flusso è proprio la mia vita. So che può sembrare banale, ma è così. Solo Malissimo ha una prospettiva leggermente diversa: lì ho scritto un po’ da ‘cronista’, mettendomi nei panni di una ragazza in un momento di sconforto. È una canzone di conforto, che vuole dire: ‘non vedere tutto nero’.”

In “serie crime” racconti un amore che ha le dinamiche di un thriller: promesse a scadenza, ruoli ambigui, colpe non dette. Com’è nato il brano?

“L’ho scritto in un momento in cui mi dicevo: ‘Forse abbiamo sbagliato tutto’. Avevamo tutto contro. Questo è un po’ il senso dell’EP: noi contro il mondo, ma comunque vivi. In Serie Crime mi chiedo se forse sarebbe stato meglio restare amici, andare al mare e basta. Però la verità è che questa storia la volevamo davvero, anche se comporta dei rischi. Come in ogni thriller, uno dei due potrebbe uscirne distrutto, ovviamente in senso emotivo. E la serie, per ora, non è ancora finita.”

Se dovessi scegliere una serie TV esistente, quale sceglieresti?

“Mi fa ridere, ma direi Romanzo criminale, solo perché è la mia serie preferita. E poi Fino all’ultimo respiro è anche un film, lo sai. Anche se non c’entra nulla con questa storia.”

“Un leone e un toro”: ti riferisci ai segni zodiacali. Quanto ti fidi delle compatibilità astrali nelle relazioni?

“All’inizio per niente, ma ora, complice chi mi sta attorno e quello che mi succede, sto iniziando a crederci. Il pezzo in realtà non nasce per me: l’ho scritto per Angie, un giorno che è venuta in studio. Cantandolo insieme ci siamo accorti che aveva un altro significato su di me. È come se avessimo sentito una magia. Anche se il ritornello resta lo stesso ‘è tutta colpa nostra, ci siamo nei guai’ sentivo che era giusto farlo mio.”

In “colpa nostra” parli di un amore come di una guerra dolce. Pensi che certe relazioni restino vive proprio perché non sono facili?

“Assolutamente sì. Non credo esistano relazioni profonde e importanti che siano anche facili che si parli d’amore, d’amicizia o di famiglia. A volte ti viene voglia di mandare tutto a rotoli, ma la sfida è proprio quella di combattere insieme. Colpa nostra parla anche di questo, ma in chiave positiva. A differenza di altri miei pezzi, che finiscono spesso nel conflitto, qui c’è la volontà di superarlo.”

“So che ti piace toccare il fondo, com’è bello il mondo a testa in giù”. Ti capita davvero di trovare bellezza anche quando tutto va storto?

“Questo è il lavoro più grande che sto cercando di fare. Non perché tutto vada storto, ma perché sto capendo che non sono io il problema. Le cose vanno storte a tutti: la vera sfida è il modo in cui reagisci. La difficoltà non è evitare il dolore, ma attraversarlo. Credo che nessuno viva solo cose belle, e quindi il punto è affrontare quello che succede con un atteggiamento diverso.”

C’è una frase che colpisce molto: “Tu mi lanci un missile, io scatto una fotografia”. Cosa rappresenta per te?

“È come dire: tu arrivi nella mia vita come una bomba, mentre io scatto una foto. Io voglio fermare quel momento, conservarlo. Tu lo travolgi.”

La ragazza in copertina è la stessa di “malissimo”?

“La ragazza di malissimo è la stessa che dà volto e corpo a tutto il disco: rappresenta questo andare al mare in maniera un po’ chill, come nei nostri visual. I personaggi sono connessi da sentimenti, non solo da azioni. malissimo è il pezzo che le ho dedicato, cercando di essere un aiuto in un momento difficile.”

Dall’inizio della tua carriera a oggi sei passato per diverse fasi. Cosa hai trovato e cosa perso nel percorso?

“Oggi ho trovato tanti compagni di viaggio. Mi rendo conto che l’unico filo conduttore, l’unica cosa che mi fa restare in vita, è la musica. Non sono un animale da social né un personaggio da TV: ciò che amo davvero sono le canzoni. Ogni cosa che faccio passa da lì. Cosa ho perso? Non lo so ancora. Forse qualcosa l’ho lasciato per strada, ma sento che fare musica è un dono, un privilegio. E questa, per me, è già una vittoria.”

In che direzione vuoi andare adesso dopo questo EP?

“Sto pensando di fermarmi un attimo, a livello di pubblicazioni come Mameli. Non perché non ci creda, ma perché sento il bisogno di evolvermi. È come se si fosse chiuso un capitolo della mia scrittura, e se ne stesse aprendo un altro, molto diverso.”

Diversa in che modo?

“Diversa, meno ballad e più provocatoria. Sento che sta arrivando un cambiamento vero. Lo sento quando scrivo: sto andando da un’altra parte. In un momento storico dove tutto corre troppo, penso che fermarsi sia un atto coraggioso. Non voglio pubblicare cose mediocri. E no, non farò il trapper, ma voglio sperimentare, mettermi in gioco davvero.”

Se potessi mandare un messaggio al te dell’inizio conoscendo però questo percorso, che cosa gli diresti?

“All’inizio ero incosciente, com’è giusto che sia a una certa età. E forse lo invidio un po’, quel me stesso. Ma oggi ho più consapevolezza. Gli direi di non mettersi barriere, ma in fondo l’ho già fatto. Non rimpiango il passato: mi ha portato fin qui, e ora voglio solo guardare avanti.”

Dopo questo EP ci saranno delle date?

“Sì, a livello live sto organizzando delle date. Arriveranno a breve.”

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