“Non è la prima volta che quando non sappiamo cosa accade diamo la colpa a chi viene dal mare”
C’è un momento preciso in cui smetti di chiederti se è il caso di raccontarti, e semplicemente lo fai. È da qui che nasce MENO MALE, il primo EP di ERAÈMME, all’anagrafe Marco Erasmo Lassandro, cantautore pugliese classe ’93 che con questi sei brani ci spalanca la porta della sua intimità più profonda. Il disco sarà pubblicato da Dischi Uappissimi e sarà disponibile dal 2 maggio su tutte le piattaforme digitali. E’ un percorso sincero dentro l’emotività contemporanea, tra fragilità, consapevolezze e lucida malinconia.
Tra indie, pop, venature R&B e una scrittura a cuore aperto, ERAÈMME si muove con passo deciso in un universo sonoro che non ha paura di cambiare forma da traccia a traccia. Il risultato è un progetto vivo, libero, senza strutture preconfezionate: ogni brano ha una propria anima, e la direzione non è una linea retta, ma una rotta che sa quando rallentare, deviare, fermarsi e ripartire.
Dalla Puglia con amore: ERAÈMME e il suo esordio musicale
Apre la pista “Onde di pasta”: la tavola apparecchiata diventa un mare in tempesta, la tovaglia il vento, le mani che impastano sono vele. È una visione domestica che si trasforma, dove il profumo di ragù è una bussola e il muretto a secco una metafora di costruzione affettiva. ERAÈMME fonde ricordi e sensazioni come se cucinasse con la memoria: un piatto caldo di nostalgia e affetto, servito con la delicatezza dei piccoli gesti che tengono insieme le persone.
Segue “Supernova”, entrando nel campo gravitazionale della perdita. L’amore è una stella che esplode, la più luminosa, e lascia un buco nero nella quotidianità. Mette in scena una rottura attraverso l’immaginario spaziale, con un uso del contrasto tra luce e oscurità. Lega l’immensità del cosmo a un luogo intimo e familiare. C’è una nostalgia quasi scientifica, come se la tristezza venisse osservata al microscopio: è una malinconia che non si disperde.
“Nubifragi” è una delle tracce più politiche dell’EP, ma lo fa senza proclami. Racconta l’Italia delle accuse facili, del disagio sociale e climatico, dei “nubifragi” metaforici e reali. Il tono è disilluso ma non cinico: “sti cazzi dell’inverno finirà anche quello” tra resistenza popolare. Il brano alterna il racconto collettivo al personale: c’è chi parte in autostrada “senza freni” e chi torna a casa “a piedi”. I sogni sono sgonfi come un pallone lasciato al sole, ma la speranza non muore mai.
“Scrivo canzoni con la stessa frequenza con cui cerco attenzioni”
ERAÈMME racconta l’ansia di comunicare e la paura di farlo, il bisogno di essere ascoltati senza esporsi troppo. Il lungomare e il concerto sono i due poli opposti del suo mondo: uno simbolo di pace, l’altro di esposizione. In “Cinque Rintocchi”, piccole immagini di un’intimità fragile si alternano in un tempo sospeso. Le “tende abbassate”, “lo speciale di Natale di un cavallo stanco” e i “cinque rintocchi” a metà tra il sogno e la realtà, dove l’amore non ha bisogno di gesti grandiosi, ma solo di presenza. È un invito a lasciarsi andare, a credere nell’istinto, a vivere i sentimenti senza schemi.
Chiude “ Terre bruciate”. La sabbia, il sale, il fuoco: sono tutti elementi che parlano di conflitto e resistenza. L’immagine delle “terre bruciate” è universale ma anche profondamente personale: evoca le conseguenze dell’indifferenza, della solitudine, della disumanizzazione. L’ultima strofa richiama la questione migratoria e parla in silenzio, lasciando spazio all’interpretazione.
Sei curios* di ascoltarlo? Qui il link per l’ascolto in anteprima: https://fidbak.audio/eraemme/embed/006a95438748/55cab7d55046