C’è chi cerca risposte. E poi c’è Giorgio Poi, che con Giochi di gambe ci regala una domanda continua, un interrogativo che si fa canzone, si siede al nostro fianco ed in qualche modo ci dona qualche certezza.
Nel nuovo singolo, uscito il 18 aprile per anticipare “Schegge” – il quarto album in arrivo, non c’è nulla di assurdo, nulla di definitivo. E proprio per questo, c’è tutto.
Nelle cuffie un basso morbido ma profondo, un ritmo che non invade, e l’inconfondibile timbro di Giorgio Poi che sembra parlare più al nostro inconscio che alle nostre orecchie
Giochi di gambe non canta: suggerisce. Non afferma: sfiora.
E ogni parola è come quella voce che ti rimbomba nella testa quando torni a casa ed hai un vago ricordo di qualcosa che non sai cos’è e quindi lo dimenticherai poi sotto al cuscino.
Giro con il dito sullo scotch / Giochi di gambe nella boxe
Inizia così, come un collage di immagini che non si definiscono, si respirano.
Un gesto apparentemente insignificante, quello di far girare il dito su un nastro adesivo, ma che diventa chiave di lettura di tutto il brano. È il senso dell’attesa e della sospensione, del movimento senza scopo apparente – come quei giochi di gambe nella boxe che servono a distrarre e a tenere viva la danza prima del colpo.
Una dolce illusione, prima di essere sbattuti in faccia la verità.
Ma con Giorgio Poi non si cede mai al sentimentalismo: si resta sempre su quella linea sottile tra il mostrarsi ed il nascondersi.
Musicalmente, Giochi di gambe è lieve ma mai superficiale.
La produzione, curata dall’artista stesso, riflette una ricerca sonora architettonicamente sottile, stratificata come una casa costruita con i fogli di un quaderno.
C’è una dolcezza malinconica nel suo andamento, ma una consapevolezza estremamente matura e solida. Non cerca di impressionare con particolari virtuosismi: accompagna, come fanno le cose vere.
Sonorità semplici che strizzano un po’ l’occhio al nostro amato itpop, ma che restano nel cervello per giornate intere.
Giochi di gambe è una canzone che è più di una canzone (e preannuncia un album ed un tour che saranno più di un album ed un tour): è una stanza in cui possiamo entrare scalzi, in silenzio e restare. Giorgio Poi ci insegna il valore del niente. Del vuoto fertile, del desiderio addomesticato.
E noi, con consapevolezza, ascoltiamo, per imparare a stare al mondo.