“Due Lettere Dopo” di Chicoria è il nuovo testamento di una rinascita possibile: l’intervista

da | Mar 28, 2025 | Interviste, Recensioni album

“Due Lettere Dopo” è il ritorno di Chicoria, un disco che scava nell’anima, tra caos, redenzione e verità scomode. Un po’ crudo, poetico ma necessario dentro la vita reale.

In un presente che si sgretola sotto il peso delle sue stesse contraddizioni, Chicoria sceglie di tornare. Non per insegnare, ma per condividere. Oggi, 28 marzo, esce Due Lettere Dopo, il suo nuovo disco pubblicato per Honiro Label, e rappresenta molto più di una semplice evoluzione del precedente “Lettere”: è il secondo capitolo di un viaggio personale, una mappa emotiva che indica come trovare luce anche dentro il buio più fitto.

Con il suo stile crudo e viscerale, Chicoria rimette al centro la sua visione: raccontare un mondo segnato dalla corruzione, dalla violenza e da una routine tossica che sembra non lasciare scampo. Ma non si tratta solo di denuncia: dentro il caos, c’è ancora spazio per una piccola rivoluzione personale. Non possiamo cambiare il sistema, forse, ma possiamo cambiare noi stessi. Una filosofia che si riflette nella musica come nella vita, e che si fa strada con la forza di un’urgenza vera, che pulsa rima dopo rima.

Il titolo, Due Lettere Dopo, richiama il Vecchio Testamento. Una scelta simbolica, quasi spirituale, che sottolinea il bisogno di comunicare con sincerità e trasparenza, a cavallo tra le generazioni che lo seguono da sempre e chi si avvicina oggi per la prima volta. La sua è una lingua concreta, che non ha bisogno di filtri né sovrastrutture per farsi comprendere. È il romanzo di chi ha vissuto davvero, e oggi trova nella narrazione un atto di guarigione.

Ogni brano è un frammento di realtà, un diario aperto che attraversa la quotidianità senza idealizzarla. Chicoria non è solo: con lui, una schiera di voci che condividono lo stesso sentiero di verità. Da Speranza su Escort a Carl Brave e Side Baby in Antenne, passando per Briga e Gemello in Pezzi di pane, e ancora Morris Gola e Vins. Ogni featuring è un tassello che aggiunge profondità e sfumature a un racconto corale fatto di amore, rabbia, memoria e redenzione.

Voglio far capire che c’è un’alternativa. Forse non è la strada più facile, ma è quella che ti lascia qualcosa dentro per sempre.”

Ed è proprio da questa consapevolezza che nasce Due Lettere Dopo: un disco che non cerca la perfezione, ma la verità. Che non glorifica la strada, ma la attraversa con uno sguardo lucido e disincantato. Che ammette gli errori senza vergogna e li trasforma in punti di ripartenza.

Da Chico a Chicoria: la storia di una voce fuori dal coro

Dietro la figura di Chicoria si nasconde Armando, con una storia che ha il sapore della leggenda urbana. Cresciuto nei quartieri romani, si avvicina alla cultura hip hop da ragazzino, prima come skater e writer, con il nome Chico, poi come MC. A sei anni perde il padre, un evento che segnerà profondamente la sua traiettoria personale e artistica. Dopo una parentesi ad Amsterdam, torna a Roma e inizia a muovere i primi passi nella scena insieme allo storico collettivo ZTK.

Nel 2004 fonda “In the Panchine”con Gemello e altri compagni, e da lì inizia il TruceKlan, movimento cult dell’underground romano. Gli anni successivi sono intensi, segnati da album, live, collaborazioni e anche da un pesante arresto per spaccio che lo terrà lontano dalla musica per 15 mesi. Ma è proprio dal carcere che parte la rinascita: nel giro di quattro anni pubblica quattro dischi.

Oggi con Due Lettere Dopo, Chicoria non cerca il consenso facile, ma la connessione vera. Quella che nasce solo quando decidi di raccontarti per come sei davvero. Il progetto non solo chiude un cerchio, ma apre un nuovo percorso. Per chi ha vissuto, per chi ha sbagliato, per chi cerca una via d’uscita. Anche quando sembra che non ci sia.

Chicoria si racconta con Due Lettere Dopo: l’intervista

Qualche giorno fa, noi di Cromosomi abbiamo incontrato Chicoria in un parchetto milanese, tra panchine e aria di periferia: il luogo perfetto per ascoltare storie vere. L’atmosfera era informale, ma densa di significati, e con lui abbiamo parlato a cuore aperto: della sua vita, del suo passato, ma soprattutto di Due Lettere Dopo, il nuovo album di Chicoria in uscita oggi, che abbiamo avuto la fortuna di ascoltare in anteprima. Un disco che scava profondo, come la chiacchierata che stiamo per raccontarvi.

Due Lettere Dopo è un titolo evocativo, che richiama il Vecchio Testamento e al tempo stesso il tuo album “Lettere”. È un sequel, ma anche un manifesto di rinascita. Cosa ti ha spinto a riprendere quel discorso e come sei cambiato artisticamente e personalmente nel frattempo?

C’era sicuramente un bisogno comunicativo dell’io interiore, ma voglio essere sincero: c’erano anche delle scadenze contrattuali da rispettare. Detto questo, credo che sia davvero il momento giusto per far uscire certi messaggi, vista la situazione politica e sociale che stiamo vivendo. Sono parole che andavano dette, messaggi che dovevano arrivare. Chi conosce la mia storia sa cosa ho fatto in passato. Sono quindici anni che non ho più niente a che fare con la giustizia: oggi sono una persona normale, pago le tasse, vivo del mio lavoro, che è l’arte. Questo percorso mi ha fatto maturare. Sul piano artistico, sono riuscito a trasformare una passione in un mestiere vero. E questo ha rafforzato anche la mia crescita personale. Prima non avevo neanche un contratto discografico, ora ho anche un contratto con una galleria d’arte. Al di là del successo o del denaro, l’arte mi ha davvero cambiato la vita in meglio.

Il disco parla di un mondo malato e corrotto, ma lascia comunque spazio a un’idea di crescita personale. C’è una traccia che per te rappresenta meglio questo concetto?

Se parliamo di politica, Politica e stronzate parte due sintetizza bene lo stato in cui ci troviamo: incompetenti al potere, ed è evidente che le cose non funzionano. Se invece guardiamo ai sentimenti e alle relazioni, direi Le scarpe tue o Ad un aborto (seconda lettera). Ho cercato di creare dei veri e propri spaccati della contemporaneità, lettere indirizzate a categorie precise: ai tossici, a chi non ha vissuto certe esperienze ma magari oggi si ritrova in un mondo diverso, dove sono cambiate anche le regole morali. Mi rivolgo a chi ha vissuto una vita apparentemente regolare, ma oggi si trova disorientato. E credo sia importante che certe cose vengano raccontate da chi le ha vissute davvero, e non da programmi TV che spettacolarizzano tutto per fare ascolti. Nessuno può parlare davvero della strada se non l’ha vissuta sulla pelle.

Credi che il linguaggio del rap sia ancora il mezzo più efficace per parlare ai ragazzi?

Assolutamente sì. L’hip-hop, la trap, tutta l’urban music domina le classifiche, è il genere più ascoltato in Italia e nel mondo. E chi ascolta, per la maggior parte, sono ragazzi. A Milano me ne accorgo chiaramente: tantissimi giovani si sono trasferiti dalle province o dal Sud e vivono immersi in questa cultura. Roma invece è un po’ più lenta in questo, la popolazione è più adulta e certi movimenti faticano a emergere. Ma più si va a sud, più è così.

In Due Lettere Dopo ci sono featuring di artisti con background molto diversi, da Speranza a Carl Brave. Come hai scelto queste collaborazioni?

Sono tutte persone che conosco e stimo, sia umanamente che artisticamente. Sono amici, artisti veri che esprimono il loro talento con autenticità. È stato un piacere averli nel disco, mi hanno dato tanto e il loro contributo è stato fondamentale.

Com’è nato il brano Antenne con Carl Brave e Side Baby?

Volevo lavorare con due artisti più giovani di me, che stanno influenzando fortemente la scena musicale. Carl Brave ha uno stile molto diverso dal mio, ma spacca in quello che fa. Side Baby è stato il più forte della Dark Polo Gang nel fare rap. Mi interessava avere con me due figure competenti e rappresentative di ciò che è oggi la città. Devo dire una cosa: la professionalità di Carl Brave è incredibile, voglio che si sappia. È uno che lavora in modo serio e preciso.

La strada ti ha formato, ma ti ha anche messo alla prova. Qual è l’insegnamento più grande che hai tratto da quel mondo?

Che non bisogna mai smettere di imparare. C’è un proverbio siciliano che dice: “Si impara fino al giorno in cui si finisce nella bara.” Ed è la verità. Il successo può farti sentire arrivato, ma è una trappola. Restare umili, essere pronti ad assorbire ogni lezione che la vita ti offre è fondamentale. Tanti mi dicono che sono umile, e non è che non sia consapevole del mio passato. Ma il punto è restare aperti, sempre. Sono dieci anni che vado nelle scuole a parlare con i ragazzi, non per insegnare, ma per condividere. E spesso sono loro a insegnare qualcosa a me.

Guardando al futuro, cosa ci puoi anticipare?

Il 29 maggio presenteremo il disco al Testaccio Village. Poi ci sarà un tour, su cui stiamo già lavorando. Non vedo l’ora di portare Due Lettere Dopo dal vivo.

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