Grazie.
È la prima parola sincera che possiamo esprimere senza pensarci troppo, senza fare troppi giri. Perchè se a questo mondo possiamo tirare un respiro è anche grazie all’arte, alla musica, al cinema, al teatro – forse, soprattutto grazie a questi.
«È stato uno dei miei quadri. Non ricordo quale ma si trattava di un dipinto quasi completamente nero. C’era una figura che occupava il centro della tela. Quindi mentre stavo osservando la figura nel quadro ho avvertito un leggero spostamento d’aria e ho colto un piccolo movimento. E ho desiderato che il quadro fosse realmente in grado di muoversi, almeno per un po’.»
“Uno dei suoi quadri”, perchè David Lynch prima di essere il regista de “The Elephant Man”, “I segreti di Twin Peaks”, “Dune”, “Velluto Blu”, “Cuore Selvaggio” – e tanti altri, è stato prima un pittore. E le sue opere sono attualmente esposte in musei e gallerie d’arte come il Museum of Modern Art di New York e la Pennsylvania Academy of the Fine Arts di Filadelfia.
Capace di “accendere inebrianti dibattiti sulla natura della televisione stessa”, Lynch comincia a fare le prime esperienze con la macchina da presa solo nel 1966 con il suo primo cortometraggio, dal titolo “Six Men Getting Sick“, un punto di mediazione tra dipinto e video. Ma non è tutto rose e fiori: il primo tentativo de “The Alphabet” sarà un disastro, la macchina da presa non funziona e la pellicola del girato è completamente rovinata. Primi lavori, degli ibridi che si configurano fra l’installazione e il cinema sperimentale.
Premi e riconoscimenti al genio creativo di Lynch
Tre nomination al Premio Oscar per la regia (per “The Elephant Man“, “Velluto blu” e “Mulholland Drive“), la Palma d’oro al Festival di Cannes 1990 per “Cuore selvaggio“, il Prix de la mise en scène a quello del 2001 con “Mulholland Drive” e il Leone d’oro alla carriera durante la 63ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, in occasione della proiezione in anteprima mondiale di “Inland Empire – L’impero della mente” nella sezione fuori concorso. Ma anche il sodalizio del regista con il compositore Angelo Badalamenti, che continuerà in tutti i suoi successivi lungometraggi e in alcuni dischi, realizzati insieme. Grazie alla collaborazione con Badalamenti, l’utilizzo particolare del suono e della colonna sonora diventano un altro marchio di fabbrica dello stile lynchiano.
“È come quando si vede un iceberg. Noi sappiamo che quello che appare fuori dall’acqua è solo una parte molto piccola di tutto il resto. Ci sono persone che mostrano di più e altre di meno. Io sono interessato alle cose nascoste. Come uno psichiatra. Magari un po’ più astratto.”
Non solo cinema: il percorso musicale di David Lynch
Così la musica: l’8 novembre 2011 esce il suo primo album da cantante e musicista, “Crazy Clown Time“, mentre il 10 luglio 2013 il secondo album in studio, “The Big Dream“, che vede la collaborazione, alla chitarra, del figlio Riley e dell’artista svedese Lykke Li. E ancora: nel 2018 un nuovo album di inediti registrato in concomitanza con la produzione di “Fuoco cammina con me” ma rimasto inedito per 26 anni; l’album si chiama “Thought Gang” e rispecchia la formazione lynchiana: David Lynch alla voce e Badalamenti al piano. Il risultato? Una miscellanea di musiche jazz-industrial.
“Il fumo è come una bella donna, l’ami ma ti rendi conto che non è quella giusta per te. La lasci. Poi cominci a vaghegggiarla, ti rendi conto che la sua giornata è triste senza di lei. E pian piano dimentichi guai e tormenti, incominci a scriverle, a pregarla di tornare con te. L’amore fa male, ma la mancanza d’amore ancora di più”
L’ amore fa male, ma fa male anche scoprire che tutti a questo mondo non sono eterni. Però l’arte sì. Così ora non ci resta che accendere la tv o visitare una galleria, per alleggerire la mancanza o semplicemente per farci una carezza.