Io lo ricordo ancora quell’otto febbraio del 2011. Era un martedì piovoso a Cosenza, l’indie era qualcosa che iniziava ad insinuarsi nei lettori mp3 di ancora troppe poche anime e L’Orso pubblicava il suo primo ep, La Provincia. Oggi è un sabato di tredici anni dopo, io mi trovo a Cracovia per un viaggio prenotato da sbronzo e questo pezzo è stato scritto con largo anticipo per non trascinarvi nell’abisso di un quasi 35enne di provincia.
Eppure quei brani, quella discografia, L’Orso, avrebbero un senso anche oggi, nonostante il mondo sia stato rivoltato in così poco tempo.
C’è stato un momento in cui abbiamo potuto riassaporare certe cose, certi suoni ancora una volta, per ricordare chi ha creduto in questi ragazzi, Matteo Romagnoli, autore e manager con la sua Garrincha Dischi, morto all’età di 43 anni dopo una lunga malattia (ti abbraccio forte Matteo, ovunque tu sia, ndr): IMPUBBLICABILE, evento tenutosi al TPO di Bologna il 23 e 24 febbraio e che ha visto salire sul palco, in occasione del compleanno di Matteo, tanti artisti che sono stati Garrincha Dischi.
2010-2016: sei anni di musica capace di raccontare cose semplici, cose di tutti i giorni ma con una delicatezza e con un lessico capace di restare impressi come uno scatto sulla carta fotografica prima che esca dalla Polaroid. Sono tanti i fans che hanno chiesto alla band di tornare a suonare insieme, ma ognuno di loro ha portato avanti idee e vite diverse del tempo, magari semplicemente è cresciuta quella generazione, ma pensandoci bene si sono riuniti i Club Dogo e allora è sacrosanto sperare nella reunion de L’Orso…
Il titolo cita “parentesi de L’Orso” e noi tutti sappiamo che le parantesi vanno risolte, applicando le formule che troviamo al loro interno.
Chi non è nostalgico scagli la prima pietra e termini qui la lettura allora, perché la nostalgia ci logora ed esistono più motivi validi per auspicare una loro reunion, anche solo per un album ed un tour, “One more time” canterebbero i blink-182.
Cinque brani per immaginare di ritrovarci ancora sotto il palco, con gli occhi rivolti al cielo facendo l’occhiolino a Matteo, con il cuore in gola e la pelle d’oca, con il sudore che gronda dalla fronte e le mani che volteggiano in aria:
- Con i chilometri contro [da L’Orso, 2012]
Dodici anni fa le videocall non erano così sdoganate, questo brano tracciava delle linee guida per andare oltre la distanza. Rappresentava un modo per restare attaccati al filo che unisce le due pareti della montagna, in un improbabile funambolismo relazionale che a volte porta uno dei due nel dimenticatoio.
mi avevi promesso d’accorciare i chilometri
di tenermi sveglio coi tuoi mille aneddoti
ma intanto ormai, tu vivi all’estero
e da un po’ non mi chiedi più come sto…
- 2. Invitami per un té [da La Provincia, 2011]
La richiesta senza troppi fronzoli di chi vede nell’altro uno spiraglio di luce nel torpore di una vita scarna di soddisfazioni. Polsi e gola da difendere, foce di pensieri che terminano il loro flusso nel mare del precariato e della precarietà emotiva.
accordami i polsi e proteggimi la gola
o almeno invitami per un tè
accordami i polsi e proteggimi la gola
boicottandoci…
- 3. I buoni propositi feat. COSTA![da Ho messo la sveglia per la rivoluzione, 2015]
Uno di quei brani che ti ricorda che forse dopo tanta corsa si deve desistere, dimenticare, andare oltre. Un biglietto da visita per la Lacuna Inc. di Eternal Sunshine of The Spotless Mind, un cercare di ricordare dopo il trattamento della clinica, un po’ come Joel prova a fare con la sua Clementine.
Tutto il tempo di una vita non mia in cui ti ho rincorso,
abbiamo fatto il nostro corso, forse abbiamo corso troppo.
Le tappe del nostro percorso che abbiamo perso oppure non colto
ci aspettano ancora per ricordarci di quanto non siamo cambiati…Ricordami chi sei, nonostante i miei buoni propositi.
Non ricordo più chi sei, sei sicura ch’io debba conoscerti?
E ricordami chi sei nonostante i miei buoni propositi.
Non ricordo più chi sei. Chi sei? Chi sei?
- 4. Quanto lontani abiti feat. Mecna [da Ti augurerei il male, 2014]
Maledetta mancanza, maledetta distanza, maledetta tecnologia, maledetta assenza di profumo e sapore, toccarsi e ascoltarsi. Un flusso di coscienza che alterna le voci di Mattia Barro e Mecna. Il gusto dell’attesa nonostante tutto, quando l’importante è aversi anche a tempo determinato…
tu amavi un altro, io invece ero scontato,
ma mi sto godendo il viaggio dopo avere aspettato…
- 5. Quello che manca [da Ho messo la sveglia per la rivoluzione, 2015]
Lo ammetto, non ho mai smesso di ascoltarla. Sempre presente nelle playlist da viaggio, quelle da letto che crei per stare male mentre ti aggrovigli tra il piumone zuppo di lacrime, quelle per la macchina da cantare a squarciagola mentre guidi e gli altri ti guardano male al semaforo.
Il nostro rapporto è così vuoto che se ti parlo sento l’eco e se ripetiamo i soliti discorsi, beh, questo è il motivo. Rimetti insieme i pezzi ma partendo dagli angoli, siamo abbastanza a pezzi e grandi per sapere che non esistono i miracoli. E non ho paura del tuo buio, il buio ha soltanto un colore, ho paura dell’amore che è pieno di sfumature. E se tutto sfuma non sono bravo a calcare i contorni e se torni dove dormi?
Da inviare a chi ha timore di rischiare, timore di sporcarsi il cuore. Quando un abbraccio fa miracoli, uno sguardo diventa una coperta dove ripararsi dal freddo della solitudine…
Rimaniamo immobili nei nostri cuori di marmo, nei nostri modi di merda, nel nostro sarcasmo e mi pare che ciò che manca è palese…