Fila indiana: il confessionale dei fantasmi di Angelina Mango

da | Dic 5, 2023 | Recensioni singoli

Quello di Angelina Mango è stato il debutto femminile più memorabile di quest’anno. La cantautrice lucana ci ha fatto cantare, saltare e ballare con brani allegri e spensierati come Voglia di vivere, Ci pensiamo domani e Che t’o dico a fa’, ma adesso ha calato l’asso con Fila indiana, brano autobiografico e fortemente introspettivo. Si […]

Quello di Angelina Mango è stato il debutto femminile più memorabile di quest’anno. La cantautrice lucana ci ha fatto cantare, saltare e ballare con brani allegri e spensierati come Voglia di vivere, Ci pensiamo domani e Che t’o dico a fa’, ma adesso ha calato l’asso con Fila indiana, brano autobiografico e fortemente introspettivo.

Si tratta di un brano differente rispetti ai precedenti: Angelina Mango ci tiene a dimostrare di non essere capace solo di scrivere canzonette, ma anche brani che sono uno sguardo gettato nell’abisso. Quell’abisso che, se lo si guarda troppo a lungo, rischia di guardare dentro di te. Questo è quello che fa Fila indiana: ti guarda dentro.

Fila Indiana è un racconto che, seppure autobiografico, riguarda tutti: si parla di “esseri speciali” abbandonati a loro stessi nonostante le radici o i legami di sangue. Si parla di fantasmi che, siano essi frutto del passato, dell’ansia o della paura, ci divorano voracemente come windigo.

Cercano il veleno nella spazzatura fuori dalla porta della nostra casa
Trovano soltanto quattrocento mozziconi di ospiti impegnati ad abbracciare mamma
Ne conosco pochi, forse nemmeno m’importa ma sorrido e chiedo: “Volete un bicchiere di acqua?”
Stringono i miei zigomi più forte negli gli spazi tra le nocche le vecchie signore in fila indiana

L’effetto di straniamento davanti a questi fantasmi, della stessa consistenza del fumo di una sigaretta, è lo stesso che proviamo quando abbiamo in casa ospiti che non abbiamo invitato noi, ma un nostro genitore. Non li (ri)conosciamo, ma per educazione offriamo loro un bicchiere d’acqua. In cambio questi ci stringono “affettuosamente” le guance, affermando di conoscerci da sempre, da quando eravamo alti così.

Io ero un essere speciale ma non hanno avuto cura di me
L’amore è avere cura di me
L’amore era chiamare ogni mattina
Una parola per me
Bastava una parola per me
Invece avete solo sete
Non mi conoscete

E siete in fila, io sono il vostro prete
Io so cosa vuol dire amare da morire
Ho bisogno di uscire
Non riesco a respirare, devo andare via

Forte è l’immagine, fornita dal testo, di Angelina Mango come una piccola presbitera che si fa carico delle confessioni dei peccatori, che si mettono poi in “fila indiana” per ricevere il sacramento della comunione.

La figura del peccatore non è emblematica solo della religione cristiana, ma anche della nostra società, in cui sembra andare sempre più di moda giocare a puntare il dito contro chi ha commesso il peccato più grave.

Più divertente (e sicuramente più facile) è puntarlo contro la figlia di Pino Mango.

Ma Fila indiana è anche questo: mettere in chiaro, una volta per tutte, che se Angelina Mango sta avendo successo non lo deve (solo) al nepotismo, ma soprattutto a sé stessa.

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