I Queen of Saba sono pronti a travolgerci con Medusa

da | Set 27, 2023 | Interviste

E’ un uggioso lunedì di metà settembre. L’università e il lavoro ci travolgono come autotreni a rimorchio e la routine dell’ordinaria vita da scrivania è ripresa ancora più noiosa e snervante di prima. Noi di Cromosomi abbiamo pensato di fare due chiacchiere con Sara Santi del duo Queen of Saba, fresco fresco dell’uscita di Piccola […]

E’ un uggioso lunedì di metà settembre. L’università e il lavoro ci travolgono come autotreni a rimorchio e la routine dell’ordinaria vita da scrivania è ripresa ancora più noiosa e snervante di prima. Noi di Cromosomi abbiamo pensato di fare due chiacchiere con Sara Santi del duo Queen of Saba, fresco fresco dell’uscita di Piccola inutile e di alcune date estive, fra cui quella al Poplar Festival a Trento. Abbiamo parlato di musica, di singoli, di Medusa, il loro prossimo album in uscita il prossimo 13 di ottobre, e di concerti.

Già questo duo spaziale, formato da Sara Santi e da Lorenzo Battistei, si contraddistingue da un paio di anni nella scena alternative musicale italiana. I loro pezzi, che hanno una forte spinta elettronica, sono prodotti da Lorenzo, diplomato in percussioni al Conservatorio ma autodidatta per quanto riguarda il missaggio. Sara è la penna e la voce, delicata ma per niente comoda: quello che deve dire lo dice, senza peli sulla lingua.

E, come mi anticipa, in Medusa sarà ancora più diretta. Produzione elettronica, testi politici ma anche sentimentali, titoli provocanti, profilo-immagine top: cosa potremmo chiedere di più? Noi ci siamo già innamorati, aspettiamo solo che lo facciate anche voi. Per cominciare, potreste leggere quest’intervista, per esempio. Cromosomi è in hype: siete avvisati.

Ciao Sara! Come stai?

Bene, tutto a posto, ancora reduci dall’altro giorno a Trento. E’ stato molto bello, ma molto intenso: io venivo da Torino, ho fatto ore e ore di viaggio. Poi ha fatto la salita fino al Doss a piedi, quindi è stata una giornata bella intensa. Però bene, bene.

Come nasce Piccola inutile, il vostro nuovo singolo?

In realtà nasce intorno a febbraio dell’anno scorso. Ti parlo del punto di vista del testo, che è quello che mi compete. E’ nato da uno scherzo che stavo facendo con le mie amiche. C’era questa combo di aggettivi, piccola-inutile, che era nata come un insulto scherzoso. Poi però mi è rimasto in testa questo piccola e inutile. Pensavo che sarebbe stato bello usarlo in una canzone, perché in quel momento mi sembrava di dire solo cose insignificanti alla persona che mi interessava allora. In quei giorni lì, in quel mese di febbraio che per me e che per questa persona è stato uno dei momenti più belli del nostro rapporto, hanno cominciato a cementarsi nella mia testa delle immagini, che poi sono venute fuori così, di getto, su un pezzettino di carta. L’ho completamente dimenticato per mesi. Avevo questo libretto con delle pagine sulle quali scrivevo qualsiasi cosa, dalla lista della spesa ai punteggi delle partite di carte a testi di canzoni. Una volta stavo cercando di fare ordine e a luglio l’ho ritrovato. L’avevo cominciato a scrivere a penna, ma poi mi si è scaricata la penna, il resto è scritto a matita… insomma, un foglietto vissuto. Poi l’ho regalato a lei come segno di affetto. L’ho portata a Lorenzo e come spesso succede era una cosa un po’ buttata lì. Lui si è messo a fare questa base molto semplice. La prima stesura della base era solo lui che faceva qualcosa a pianoforte. Io ho provato a cantarci sopra il pezzo che avevo e mi è sembrato ce così com’era, spontanea, fosse perfetta. Poi abbiamo aggiunto i particolari della base. Per dire, la parte dell’inizio, con il suono che sembra una pentola, l’ho messo perché ho fatto una scommessa con delle amiche una sera che stavamo cazzeggiando. Secondo me quel suono ci stava benissimo. Sembra un po’ il gracidio di una rana, anche perché era l’animale preferito di questa persona di cui ero innamorata.

Il 13 ottobre uscirà Medusa, il nuovo album dei Queen of Saba. Come vi sentite tu e Lorenzo a riguardo?

Non vediamo l’ora, perché l’album è pronto da tantissimo tempo. Non vediamo l’ora soprattutto di suonarlo dal vivo, perché è veramente un po’ che ci immaginiamo come sarà e sentiamo entrambi che sarà un capitolo nuovo delle nostre vite in tutti sensi. Il nostro primo album è stato quasi un esperimento goliardiaco, un vediamo come va, perché avevamo tante canzoni e ci siamo detti di fare un disco. Questo è noto già concepito fin dall’inizio, con un concept preciso, con un messaggio, con un’idea. Per quanto riguarda la parte dei testi, sento che mi rappresenta al 100%. Anche Lorenzo ha avuto un’evoluzione gigantesca nella produzione. Vedere questo passaggio che abbiamo fatto da quando abbiamo cominciato a questo album qui sarà un momento indimenticabile. In Medusa ci sono anni della nostra vita, sentimenti profondissimi, momenti di delirio e cazzeggio in studio. C’è tutta la nostra amicizia, tutti i tour che abbiamo fatto fino ad adesso. Secondo me questo album avrà il suo apice nel momento in cui lo porteremo in giro. Non vedo l’ora.

Quali sono i temi principali del disco?

Medusa vuole essere anche un album politico. Sicuramente questa vena di portare l’attivismo nella musica c’è sempre stata nella nostra musica, ma fino a questo momento erano soprattutto i monologhi che facevo sul palco a infuocare questa parte. Nell’album ci sono dei brani che proprio esplicitamente vogliono dare dei messaggi a calci in faccia, come CAGNE VERE. C’è un’altra canzone che parla della gioia dell’essere non binary, quindi sia attivismo, sia un messaggio di gioia, di rabbia gioiosa. Ci sono anche le canzoni d’amore, come Piccola inutile. Torneranno due pezzi che sono già usciti l’anno scorso, Lingua in fiamme e Pesca Noche, dove parliamo di amore da punti di vista diversi. E’ un album nel quale si parla molto di salute mentale. Per quanto riguarda lo stile dei tesi, stavolta non ho tenuto niente indietro.

Se dovessi descrivere Medusa con solamente tre parole, quali sarebbero e perché?

Io avevo anche scritto delle cose su Medusa, ma ovviamente ho perso i foglietti… E’ un album travolgente, ma anche delicato e sperimentale. Travolgente perché fin dalla prima nota della prima canzone vuole essere un viaggio che inizia ballando. Delicato perché c’è un lato A che è pieno di calci in faccia, uno dietro l’altro, e un lato B che è un viaggio capitanato da Piccola inutile, che è la canzone più delicata all’interno dell’album, un po’ più in punta di piedi, con temi che toccano più vicino a casa, alle parti emotive più vulnerabili. Forse più che delicato, Medusa è vulnerabile. Certe canzoni aprono un livello di vulnerabilità che prima non c’era. E’ sperimentale nel senso che ci sono cose che noi non abbiamo mai fatto prima. Il bello è che qualunque idea ci venga in mente, non è mai troppo fuori di testa. Ci fermiamo sempre un paio di minuti per capire se effettivamente la cosa che ci è venuta in mente delirando possa avere senso. La maggior parte delle volte proprio quelle idee deliranti che ci vengono in mente nei momenti più improbabili sono quelle che ci piacciono di più. Abbiamo sperimentato alla grande con tutti i mezzi che avevamo. Di sicuro è qualcosa di nuovo per quanto riguarda quello che c’è stato fino ad adesso nei Queen of Saba.

Com’è lavorare in un duo? E con Lorenzo in particolare?

Comodissimo e bellissimo. Lavorare con Lorenzo in particolare. Noi ci conosciamo da sette anni ed è la relazione più lunga che io abbia mai avuto in vita mia con chiunque. Siamo diventati amici lavorando insieme e questo fatto che siamo solo io e lui a volte può essere un limite, perché ci si tende a rinchiudere in un equilibrio univoco. Però col fatto che siamo due persone che amano collaborare e che ci tengono a non arroccarsi sulle proprie posizioni, ci veniamo incontro su tantissime cose, pur essendo due persone completamente diverse. Abbiamo allargato il campo negli anni: noi siamo in due, ma chi ci aiuta ha un ruolo ugualmente importante all’interno del progetto. Siamo riusciti un pochino a volta a crearci un team di persone di cui ci fidiamo ciecamente. Io e Lorenzo siamo come un nucleo familiare alla fine, per livello di fiducia e di affetto. E’ la famosa famiglia queer di Michela Murgia. Il nostro rapporto non è di sangue, ma è come se lo fosse. Mano a mano stiamo allargando questa famiglia. Sul palco siamo in due, siamo facilissimi da portare in giro, perché siamo supere compatti, ed è un gran vantaggio dal vivo. Fuori, in ogni luogo in cui andiamo, è come se ci fosse un pezzo, un arto del nostro copro che ci aspetta, che è lì per darci una mano, per lavorare con noi. Questa è una cosa che mi piace tantissimo: non viaggiamo io e lui facendoci i cazzi nostri. A noi piace stare con le persone, creare connessioni, sapere che magari conosciamo qualcuno a un live e qualche mese dopo stiamo collaborando a un pezzo insieme. Sì, siamo in due, però il bello di questo progetto è che non ne siamo così gelosi da non volverlo condividere con chiunque voglia fare la strada con noi.

Quest’estate avete fatto un po’ di date live. Com’è andata?

E’ stato molto bello e meno intenso di altre estati, perché ci siamo concentrati sulla preparazione dell’album. Le date che abbiamo deciso di fare sono state mirate e scelte con cura, anche grazie a Panico Concerti, che ci dà una grossa mano. Forse fra i momenti più belli c’è l’esibizione al Miami: era la nostra prima volta e non ci aspettavamo di finire sul palco della collinetta. E’ una di quelle classiche cose a cui sogni di arrivare prima o poi, ma quando succede sei un po’ perso. Con noi sul palco c’era anche Big Mama, è stato un momento di festa collettiva. Un momento molto bello è stato anche il Poplar Festival a Trento, perché abbiamo portato per la prima volta i due singoli usciti durante l’estate. E’ stato solo un assaggio delle emozioni che proveremo a portare il disco nuovo sul palco questo inverno.

Il Poplar Festival ha un po’ chiuso la vostra stagione estiva. Com’è stato suonare in casa?

Diciamo in casa, perché ormai è la quarta volta che suoniamo a Trento, sempre in contesti molto belli, delle situazioni in cui sappiamo che le persone che sono lì, probabilmente, o già ci conoscono o hanno già sentito parlare di noi. L’energia è diversa rispetto a quando vai in un luogo in cui devi convincere le persone ad ascoltarti. Infatti è stato anche sopra le aspettative. Era giusto chiudere in quel posto perché è la fine di un’era per noi, perché sappiamo che da ora in poi gli spettacoli live non saranno più uguali a quello che abbiamo fatto finora, ma saranno tutt’altra cosa. E’ stato un cantare insieme, un darci appuntamento a cose nuove e un ringraziare le persone che ci hanno seguito fino ad adesso con tutta questa passione. Abbiamo rivisto un sacco di facce che non vedevamo da un po’, ma anche facce nuove ugualmente entusiaste. E’ stato molto molto bello. Poi Trento è un posto speciale: città universitaria in cui sai che se c’è un evento, vengono tutti.

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