Reduci dai memorabili concerti in patria all’Olimpico (“il chiodo fisso di una vita”) i Måneskin approdano a Siro per le date sold out del 24 e 25 luglio, prima di ripartire a settembre con il nuovo tour mondiale “Rush!“.
La band romana vive ormai da anni un rapporto odi et amo con l’opinione pubblica, con i puristi del genere. Eppure i numeri ottenuti e i palchi calcati potrebbero smentire qualsiasi forma di hating. Usciti dalla comfort zone nazionale i Måneskin hanno dimostrato di poter reggere la qualunque: un’apertura ai Rolling Stones, un pezzo con Tom Morello, un tour mondiale sold out, una delle best performance a Glastonboury 2023 secondo il The Guardian, solo per citare alcuni traguardi. E potremmo continuare.
Ma eccoci qui a San Siro per la prima data dei Måneskin.
Primo aspetto d’impatto è l’estrema eterogeneità del pubblico. Si evince, quindi. che i Måneskin non siano solo “la band preferita della Gen Z”, ma anche dei genitori, dei nonni, degli zii e dei bambini. E infatti, ribadiamo che i numeri parlano chiaro e non sono un’opinione.
Il pre-concerto al Meazza è invaso da cori da stadio (neanche fossimo a un derby della Madonnina), ole sempreverdi e urla di incoraggiamento per la band. Uno degli show più attesi dell’anno sta per iniziare.
In perfetta sincronia con l’inizio del temporale la band romana sale sul palco, gli strumenti si fondono ai boati di ammirazione e ai tuoni.
Si parte con il botto, con le hit GOSSIP e ZITTI E BUONI. Poi Damiano prende la parola e ci fa fare un lungo viaggio nel tempo, precisamente dove tutto è cominciato. Inizia a intonare Chosen e il pubblico è in visibilio (soprattutto i fan dal giorno zero).
Menzione speciale per l’esibizione a cappella del frontman di Iron Sky di Paolo Nutini: un’esibizione magistrale, resa ancora più magnetica dalla spettralità dei tuoni e preceduta dall’intro:
“Quando abbiamo iniziato a suonare noi quattro lo abbiamo fatto senza aspettative, ci piaceva farlo ogni giorno per il maggior numero di ore possibile.
Andando avanti, suonando in giro per ristoranti, per strada, per contest vari, abbiamo piano piano capito che forse si poteva fare. Abbiamo cominciato a sognare i teatri, poi i club, poi i palazzetti e poi abbiamo suonato anche negli stadi. Ed è sempre stato un sogno, quello di fare gli stadi.
Io volevo prendermi un minuto per ringraziare i miei compagni di viaggio. Grazie Vick, grazie Ethan, grazie Thomas. La prossima canzone è quel pezzo che mi ha fatto capire che effettivamente si poteva fare.”
Sempre dal passato, viene rievocata Beggin’ :
“Questo brano è per noi croce e delizia, è il pezzo per cui in Italia continuano a romperci, ma a noi piace, non ce ne frega un c***o e la facciamo comunque“.
Lo stadio trema e va letteralmente in fiamme con BABY SAID, BLA BLA BLA e I WANNA BE YOUR SLAVE, tra assoli, tuffi nel pubblico e luci infuocate. È tutto (inaspettatamente ed estremamente) Rock’n’Roll, i quattro membri della band hanno una presenza scenica da far paura, sono delle macchine instancabili, nemmeno il diluvio li ferma e la loro sinergia è impressionante.
MAMMAMIA è il climax dell’eroticità, della trasgressione e se vogliamo dell’italianità della band all’estero.
Arriva anche il momento ballad, Damiano (con difficoltà tra uno scivolone e l’altro nelle pozzanghere) si fa spazio tra il pubblico, accompagnato da Thomas con la chitarra acustica. Torna a casa e VENT’ANNI cantate con i 60mila di San Siro colpiscono in maniera differente, il brividino scappa.
Il tour de force termina con KOOL KIDS, momento di rito in cui parte del pubblico sale sul palco e ci si scatena con le ultime energie rimaste in corpo. Bis di I WANNA BE YOUR SLAVE perché fa sempre bene e fine dolce amara con THE LONELIEST. Le luci di San Siro si spengono, ma la band replica stasera.